Cronaca

Bruno Gabriel Arcuri, seconda
tappa chiusa: 10 ore di moto

Dakar è un poco più vicina. Ci sarà da soffrire ancora sino al 14 gennaio. Ma ogni giorno che passa e che si passa un traguardo, s'aggiunge un gradino in più sulla scala che porta in Senegal

E’ stata una tappa di quelle toste la seconda dell’Africa Eco Race, da Boudnib a Mhamid. Dura perché fatta di sassi e di terreno sconnesso, difficilmente prevedibile. Dieci ore in sella ad una moto, dieci ore tra trasferimento, speciale (383 km e solo di quello) e ultimo tratto di trasferimento. A raccontarla lo stesso Bruno Gabriel Arcuri, il nostro centauro (MotoClub Bergamonti) che è arrivato quando a Mhamid (Marocco) erano già scoccate le 20.

Potendolo seguire in diretta (e col tracciamento) e con l’ausilio del Direttore Sportivo del MotoClub Bergamonti Sante Granelli, la condotta di gara del motociclista casalasco/argentino è stata più che buona. Ha tenuto il suo ritmo, senza strafare, rallentando quando il rischio si è fatto più alto affidandosi molto alla solidità della sua moto, una Honda CRF 450, che ha retto sino alla fine (solo un danno ad un fanale, nulla di particolarmente serio).

Oggi è stata tosta – racconta Arcuri in un vocale poco dopo le 22 – anzi, tostissima. Abbiamo rifatto, in discesa, un pezzo che avevo già fatto quando ero stato in Marocco con il pickUp. Tanti sassi, da fare con la massima attenzione per non rischiare. Oggi hanno portato via uno in elicottero. Sono distrutto, adesso vado a letto, perché sono stanchissimo. Ma tutti, tutti quanti siamo nelle stesse condizioni. Adesso ho mangiato e vado a riposare“.

Poco più tardi lo stesso pilota ha raggiunto il Direttore Sportivo del Bergamonti al telefono per scambiare qualche parola con chi – sono parole dello stesso Granelli – oggi dopo aver temuto, si è commosso. “Ci siamo sentiti via WhatsApp, è soddisfatto, è stanco, molto stanco di questa giornata. Sembra che alla moto vada tutto bene, ha bruciato una lampada davanti. Deve stare attento ad altro. Ha accusato la tappa di oggi, è stanco, molto stanco, Lo sostiene il fatto che psicologicamente è tranquillissimo, e l’unica cosa che mi sono premurato di continuare a dirgli è di fermarsi a bere e a mangiare, sempre e comunque, perché se il cervello perde l’ossigeno e il sostentamento è fatta. Per cui non deve perdere neppure un grammo di fisico. A parte la stanchezza l’ho sentito motivato: quel che sta facendo è difficile, il percorso non è semplice e non è semplice il fondo. Me lo ha spiegato anche Said, che quella parte del Marocco che i piloti stanno affrontando è così. Tanti sassi soprattutto. Ma se Bruno usala testa e va tranquillo ce ne va fuori. Lui resta brillante e tranquillo, come è nel suo carattere: mi ha puntualizzato che ha perso la GoPro ma non la bandiera del Bergamonti, e a me (ci dice ridendo Sante) dispiace per la GoPRO“.

Qualche cenno sulla navigazione della tappa di ieri: “La navigazione della seconda tappa per lui è stata durissima. Ha continuato a trovarsi davanti a rocce e pietre e a scelte da fare. E faticava, così come faticavano tutti. Me ne ero accorto seguendo lui e gli altri piloti dai tracciamenti: le moto si sono aperte molto a ventaglio, per cui tutti hanno fatto fatica. Da quello che mi ha fatto capire al telefono anche la terza tappa (quella che si svolgerà oggi) parte tosta. Spero che poi diventi meno tosta, almeno per poter rilassare il cervello e viaggiare con più tranquillità. Se si viaggia un po’ più tranquilli con la possibilità di guardarsi anche un po’ in giro ci si rilasa anche un po’. La moto va bene, da questo punto di vista siamo tranquilli, non ha ancora ceduto neanche un raggio, non ha dovuto cambiare nulla per cui va bene così…

D’altro canto l’aveva detto Sante Granelli che la moto è una di quelle che difficilmente ti tradiscono: sono toste, tanto quanto la volontà e la determinazione di Bruno e la testa di Sante. Toste ma dal cuore gigante. Dakar è un poco più vicina. Ci sarà da soffrire ancora sino al 14 gennaio. Ma ogni giorno che passa e che si passa un traguardo, s’aggiunge un gradino in più sulla scala che porta in Senegal. Quel sogno che viaggia da Gussola al lembo di quell’Africa centro-occidentale ha i colori di una speranza. Che è la speranza di tanti, di tutti. Da Gussola al Senegal, ed ormai è pure – fortemente – la nostra.

Na.Co. (Foto: AFRICA ECO RACE)

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