Chiesa

Presepe: ricordiamo l'invito al
festeggiato. La sponda emiliana

La visita ai presepi del Po (anche ai tanti allestiti sulla sponda lombarda) sia occasione silenziosa per tornare a questi valori, per creare un nostro presepio anche davanti a casa o sulla riva del fiume, per tornare a un Natale più essenziale, più vero in cui ci si ricordi innanzitutto di invitare, anche a casa nostra, il festeggiato: colui che di solito, invece, viene lasciato fuori dalla porta, senza regali, al freddo

C’è un ideale e significativo percorso tra i presepi in quel fazzoletto di terra che, sulla sponda emiliana, è racchiuso, cullato e reso fertile dal Grande fiume e dai vari Taro, Ongina, Stirone, Rigosa Vecchia e Rigosa Nuova.

Una “fettaccia di terra”, per dirla come Giovannino Guareschi che vi è nato nel 1908, che si estende tra i comuni di Polesine Zibello e Roccabianca, ovattata dalle nebbie invernali e sferzata dalle calure estive. Una “isola” (e forse nemmeno le virgolette servirebbero perché ad osservarla bene, tra un corso d’acqua e l’altro è realmente un’isola che viene messa in comunicazione con le terre vicine solo grazie a ponti, quasi tutti a “mezzo servizio” a causa delle loro critiche condizioni strutturali) che, nel corso del tempo, ha prodotto personaggi che, in diversi campi, da quello musicale a quello letterario, da quello gastronomico a quello che abbraccia le diverse espressioni artistiche si sono fatti onore a livello anche mondiale.

Una “isola” che, forse proprio per questa sua vocazione artistica, offre al visitatore la possibilità di poter ammirare i diversi presepi che quest’anno sono esposti, all’aperto, e quindi visitabili in qualsiasi momento della giornata.

E’ oltremodo significativo il fatto che questo avvenga nell’anno in cui si celebrano gli 800 anni del primo presepio, quello di Greccio, nato da una idea di San Francesco d’Assisi nel 1223. Va ricordato che la testimonianza più antica dell’episodio di Greccio, avvenuto nel Natale del 1223, è contenuta nella Vita beati Francisci composta da Tommaso da Celano nel 1228-29, appena due anni dopo la morte del Poverello di Assisi e cinque dopo l’evento di Greccio.

Tommaso da Celano racconta come Francesco avesse espresso ad un suo nobile amico, Giovanni, signore del luogo, il desiderio di “fare memoria” del Bambino nato a Betlemme, e di “vedere con gli occhi del corpo” la povertà e i disagi fra i quali venne alla luce. E gli chiese di preparare una grotta con l’asino e il bue. Niente statue, ma una greppia con del fieno sulla quale celebrare l’Eucaristia.

Oggi come 800 anni fa, con san Francesco a Greccio, il senso vero e profondo del “fare memoria” della natività di Gesù – e di ogni nostro “fare il presepe” e di ogni celebrazione natalizia, è l’incontro con il mistero dell’incarnazione. È l’incontro con l’umiltà di Dio, che si manifesta nel suo farsi uomo e nel venire al mondo in condizioni di povertà e disagio, come nel suo farsi presente nel pane e nel vino consacrati nella Messa. Perciò al centro della veglia della notte di Natale, per noi oggi come 800 anni fa con Francesco a Greccio, c’è la celebrazione dell’Eucaristia. E “fare il presepe”, oggi come allora, è un gesto fecondo se ci apre all’incontro col mistero di un Dio umile che per amore nostro si fa “minore”. Francesco è stato così profondamente affascinato da questo mistero da scegliere, per sé e i suoi frati, il nome di “minori”. Non piccoli: più piccoli”. Sono parole pronunciate solo qualche giorno fa, sabato, da padre Cesare Vaiani, definitore generale dell’Ordine dei Frati minori, docente di teologia spirituale e di spiritualità francescana alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e allo Studio teologico San Bernardino di Verona.

Padre Cesare è stato fra i relatori del convegno San Francesco e l’invenzione del presepe ospitato alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.

Tornando allora ai nostri presepi della sponda emiliana del Grande fiume, ecco che l’ideale percorso inizia dagli estremi confini della provincia, a Vidalenzo. Qui, di fronte alla chiesa di san Cristoforo, dove ha sede la piccola famiglia benedettina dei monaci Custodi del Divino Amore di cui è superiore padre Mario Masiello, è possibile ammirare il grande, artistico presepio, realizzato con il fattivo concorso di diversi parrocchiani. A Zibello, nel quartiere di via Muzio e via Melloni (ed altre strade del circondario), i presepi realizzati all’esterno di diverse abitazioni ed i presepi creati negli antichi legni del Po (iniziativa, questa, a scopo benefico).

A Ragazzola, nel centro del paese, a due passi dall’oratorio di san Rocco, spicca l’artistico presepio a grandezza naturale (con statue prodotte con una moderna stampante 3D) realizzato da un gruppo di instancabili volontari sotto la guida di Luciano Filomena e, a fianco del teatro, invece, la composizione dell’associazione A Piccoli Passi. Associazione, quest’ultima, che ha realizzato anche il presepio nella piazza di Roccabianca, a due passi dalla Rocca. Infine, a Stagno, frazione sempre di Roccabianca, celebre per la meravigliosa leggenda secondo la quale le campane della chiesa sommersa dal fiume farebbero udire i loro rintocchi per Natale, ecco il presepio realizzato direttamente in riva al Grande fiume da un gruppo di volontari locali.

Chissà che, a queste creazioni, non se ne aggiungano altre. Con l’auspicio che fare il presepio non sia solo una tradizione o, peggio, un modo per dare sfoggio delle proprie capacità artistiche, ma sia soprattutto una occasione per incontrare e conoscere il mistero dell’incarnazione e per farsi guidare dal sublime messaggio di san Francesco d’Assisi che, anche nell’iniziativa di dare vita al presepe in una mangiatoia semivuota, mise al centro, ancora una volta, la figura di quel Bambino che si incarna e si fa presente e, ancora una volta, potrò avanti, anche così, il suo straordinario messaggio di pace.

Possa infine aiutare, il presepio, a riprendere i valori, quelli più veri, del Natale. Valori che purtroppo, in larga parte, si sono persi. In questo senso vengano buone le parole di Pier Paolo Pasolini, che certo non era né un prelato né un uomo di Chiesa (fu anzi spesso bollato come ateo ma è fuori di dubbio il fatto che, in perfetta sintonia con gli insegnamenti evangelici, seppe stare vicino agli ultimi in modo encomiabile) ed ebbe a dire “I nuovi valori consumistici prevedono infatti il laicismo, la tolleranza e l’edonismo più scatenato, tali da ridicolizzare risparmio, previdenza, rispettabilità, pudore, ritegno e insomma tutti i vecchi ‘buoni sentimenti’”.

La visita ai presepi del Po (anche ai tanti allestiti sulla sponda lombarda) sia occasione silenziosa per tornare a questi valori, per creare un nostro presepio anche davanti a casa o sulla riva del fiume, per tornare a un Natale più essenziale, più vero in cui ci si ricordi innanzitutto di invitare, anche a casa nostra, il festeggiato: colui che di solito, invece, viene lasciato fuori dalla porta, senza regali, al freddo.

Eremita del Po, Paolo Panni

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