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Anche dal Casalasco per il
raduno dei paninari a Milano

A volte figli e mogli dei paninari storcono il naso davanti agli accessori, alle riviste di allora, ai dischi dei Duran Duran, di Gazebo, Spandau Ballet e Wham, ai poster di Sabrina Salerno e di Samantha Fox «gelosamente conservati». Ma loro non si scoraggiano mai.

Bomber, giacche fluorescenti o giubbotti di pelle, cinture con fibbie vistose, cartelle vintage, occhiali da sole, calze coi rombi. Stile inconfondibile così come la mimica. Sono i paninari. Ex adolescenti degli anni Ottanta che hanno dato vita a questa sottocultura giovanile («ma chiamatela cultura», l’imperativo) tutta milanese, diffusasi poi nel resto d’Italia e nel Canton Ticino.

Al centro: l’ossessione per l’abbigliamento griffato e il consumismo «ma non una moda fine a se stessa. Indumenti per rimarcare il senso di appartenenza, il marchio di un gruppo. Valori che oggi non vediamo più nei giovanissimi che si vestono tutti uguali e che hanno il culto dell’oggetto».

Il mega raduno lanciato dalla pagina Facebook “Paninari, La Company” che raccoglie moltissimi iscritti. C’è chi viaggerà da Catania, da Mantova, da Torino, da Genova, addirittura dalla Svizzera per ricordare «i bei tempi» che per loro non sono mai cambiati. Sì, perché anche nella vita di tutti i giorni indossano la divisa dei paninari, come Demis Denti, di Mantova e originario del Casalasco, professione dj, esperto – manco a dirlo – di musica anni Ottanta.

A volte figli e mogli dei paninari storcono il naso davanti agli accessori, alle riviste di allora, ai dischi dei Duran Duran, di Gazebo, Spandau Ballet e Wham, ai poster di Sabrina Salerno e di Samantha Fox «gelosamente conservati». Ma loro non si scoraggiano mai.

E allora tutti a mostrare con orgoglio le sciarpe Best Company, le cinture El Charro, le calze Burlington, i Ray-Ban originali di 30 anni fa, le giacche Stone Island e Moncler, Schott o Avirex, le cartelle Invicta Naj-Oleari, le scarpe Timberland, a mettersi in posa a pochi passi da quelli che sono stati i punti storici dei loro ritrovi: il Burghy tra piazza San Babila e corso Europa, lo stesso fast food di corso Vittorio Emanuele e «il muretto» nella stessa zona.

Poi gli aneddoti: «Il gruppo inglese Pet Shop Boys ci dedicò una canzone, “Paninaro”. Merito di uno di loro che si incuriosì dopo essere entrato in un locale milanese con una giacca Stone Island ed essersi sentito chiamare “paninaro di m…”. Non conosceva il termine».

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