Lettere

Tra scorci, paradossi e perle
del Po: “L’essenziale c’è già”

da Eremita del Po, Paolo Panni

“Dove hai fatto quella bella foto?”. Quante volte mi sono sentito rivolgere questa domanda e, in ogni occasione, ho dovuto dare la medesima risposta: “Dietro casa tua”. Non ci hanno mai creduto, almeno sulle prime, pensando ad una burla. Che burla non è. Perché quello scorcio è proprio ad un “tiro di schioppo” da casa loro. Ma non lo sanno, perché il Po ed il suo ambiente non lo conoscono. Ci vivono, ci sono nati, ma per molti l’argine maestro sembra ancora essere un confine invalicabile: oltre non vanno e non frequentano la golena. Quella che vedono (cosa molto diversa da osservare) non è nemmeno una bella foto, perché bello è ciò che ritrae e immortala. Ma non sanno dove sia, non lo hanno mai visto, si stupiscono: e magari hanno visto luoghi che distano migliaia se non milioni di chilometri. Per molti che vivono nelle terre del Po, il Grande fiume continua ad essere un perfetto sconosciuto, un qualcosa che passa accanto a loro, lasciandoli indifferenti.

Sono, il più delle volte, quelli che nel tempo libero occupano immancabilmente, ed instancabilmente, i baracconi in cemento di varie forme e dimensioni, spesso anche percorrendo lunghe distanze per raggiungerli. Sono grandi esperti di tutto, laureati in tuttologia: ingegneri quando crolla un ponte o un palazzo, agronomi quando cade un albero, medici quando divampa una epidemia, luminari in tema di geopolitica e strategie militari quando esplode un conflitto. Dal sabato al lunedì diventano anche allenatori di calcio; con loro in panchina la squadra del cuore non perderebbe mai una partita. Ma del fiume non sanno nulla: lo dimostra il fatto che quando leggono che è cresciuto di qualche metro dopo mesi di magra ti contattano e chiedono se c’è pericolo.

Del resto, in tempi non sospetti, solo qualche anno fa, un super “esperto” dal deretano piatto e pelato (benpensanti e moralisti leggano sempre politici), immerso nel maglione di flanella e strozzato da una poderosa cravatta, dall’alto della sua “scienza” fece evacuare una casa di riposo sostenendo che il fiume in piena avrebbe invaso la golena. Il Po, in quella occasione, non oltrepassò nemmeno il suo alveo e, nonostante il chiaro ed evidente procurato allarme, l’incravattato in questione (che ben si guardò dall’ascoltare chi sul fiume ci è nato, ci vive e lo invitava a non esagerare) restò immacolato. Bisogna anche dire che il popolo dei baracconi in cemento le risposte sulla mancata conoscenza e sulla non frequentazione del fiume, le sa dare eccome: “fa freddo”, “fa caldo”, “c’è la nebbia”, “mi bagno i piedi”, “piove”, “c’è troppo sole”, “ci sono le zanzare”, “sporco i tappetini dell’auto”, “infango le scarpe”.

Invece nei baracconi in cemento non fa mai né caldo né freddo, non piove, non c’è il sole, non ci sono nemmeno insetti, per raggiungerli non c’è mai la nebbia, non ci sono pozzanghere e se proprio se ne incontra qualcuna si può sempre camminare sulle acque dove i piedi restano asciutti e, infine, i tappetini restano miracolosamente immacolati. Ci sono, e per loro occorrerebbe un minuto di silenzio seguito da una bella mezzora di applausi, quelli che si lasciano andare ad autentiche perle, sostenendo che andare a Po è pericoloso e quando chiedi loro quali sono questi grandi pericoli impari che ci sono lupi famelici che sbranano chiunque, pesci siluro che ingoiano poveri pescatori, cinghiali che aggrediscono chiunque passi sulla loro strada, zanzare assassine che compiono stragi. Inutile dire che la fantasia sa raggiungere livelli sempre più creativi ed inimmaginabili.

Così, per tanti, quello del fiume continua a restare un ambiente sconosciuto, pericoloso, da evitare. Per fortuna, però, anche se pochi, ci sono quelli che le terre del Po, sull’una e sull’altra riva, le amano, le vivono, le valorizzano e ne fanno conoscere peculiarità e bellezze (che sono tante). Meritevole, in particolare, l’iniziativa di un gruppo di giovani di Polesine Zibello che, riunendosi in una associazione sotto il nome di “Bassa Bike”, da qualche tempo hanno iniziato a valorizzare, tutelare e promuovere i percorsi, ricchi di fascino, che ci sono tra boschi, argini e golene, allargandosi anche al resto della Bassa, alla riscoperta di percorsi alternativi e meno conosciuti, da compiere in silenzio, in bici o a piedi. Percorsi adatti a tutti, da scoprire in ogni stagione, col sole o con la nebbia, con il caldo o con il freddo, capaci di fornire sempre scorci unici, talvolta irripetibili. Attraverso luoghi da conoscere e frequentare con una macchina fotografica al collo ed un taccuino in tasca in cui annotare particolari ed emozioni, rispettando i silenzi, la natura e tutto quel che si incontra. Lasciate a casa i telefonini, non servono. Portate solo il necessario: l’essenziale c’è già.

Eremita del Po, Paolo Panni

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