Profumi e sapori inebrianti
d'autunno nelle terre di fiume
Restano, nell’aria, i profumi ed i sapori inebrianti delle terre di fiume. E’ necessario muoversi a piedi, tra argini e carraie, “accarezzando” le vecchie abitazioni dove, dietro alle imposte, una luce leggera illumina le tavole imbandite delle famiglie di campagna, dove non manca mai un buon rosso e un pezzo di pane “miseria”
C’è un tempo in cui, d’improvviso, l’autunno si presenta e avvolge, come in un manto, le terre del fiume. E’ quel momento in cui le fertili campagne del Po, custodite e coltivate dai contadini, scrigni umani dei saperi di una volta, iniziano il tempo del riposo, che è sempre tempo di grazia, nell’attesa della nuova stagione che verrà. Come in un incantesimo, quasi d’improvviso, il giorno si fa breve ed il sole, mentre le primissime brume si infilano tra pioppeti, argini e vecchi casolari di campagna, tramonta allo scoccare dell’ora del vespro. Nell’attesa che la non lontana Estate di San Martino possa dare l’illusione e le sembianze di una stagione ormai andata, i primi giorni d’autunno sembrano portare con loro eventi e rituali che sanno quasi di sacro. Gli uomini e le donne del Po, mentre i primi freddi iniziano a insinuarsi nelle giunture, riprendono dopo la lunga estate a ritirasi presto nelle loro abitazioni e, nei paesi cresciuti all’ombra del campanile, o di un vecchio castello, cala un silenzio che sono chi li vive, e vi è nato, sa cogliere.
Restano, nell’aria, i profumi ed i sapori inebrianti delle terre di fiume. E’ necessario muoversi a piedi, tra argini e carraie, “accarezzando” le vecchie abitazioni dove, dietro alle imposte, una luce leggera illumina le tavole imbandite delle famiglie di campagna, dove non manca mai un buon rosso e un pezzo di pane “miseria”. In cammino, nelle immediate periferie dei villaggi di fiume, si avvertono i profumi del mosto e del vino novello, della ricca e fiorente norcineria, di dolci crostate e di quei piatti nati dai saperi dei nostri padri. Profumi che si mescolano con quelli della legna che, nelle prime fresche sere d’autunno, arde nei vecchi camini e nelle stufe lasciate dai nostri padri, rimandando d’un tratto la memoria a un tempo che purtroppo non c’è più.
Bisogna percorrere i boschi, i sentieri, le carraie e gli arginelli a ridosso del Po, dove il silenzio è ancora più profondo e solenne, per osservare i colori meravigliosi dei settembrini e degli ultimi topinambur, cogliendo gli aromi dell’artemisia ed i profumi dei chiodini, dei piopparelli e dei prataioli. E non importa se il fango si appiccica ai calzari. Ancora una volta la terra di fiume, sull’una e sull’altra riva, va vissuta e custodita così, in gran silenzio e con profondo rispetto del Creato. Attendendo, sì, l’Esatte di San Martino, passando prima per quel giorno particolare che è quello dedicato alla memoria dei defunti: di coloro che, prima di noi e forse meglio di noi, hanno saputo far vivere queste terre in cui molto, ancora, parla di loro e delle loro vicende. Ne parla anche lui, nel suo immenso silenzio e nel suo incessante scorrere, il Grande fiume, custode delle memorie, dei segreti, dei fatti, delle gioie e dei dolori della sua gente.
Eremita del Po, Paolo Panni