Arte

Vajont, a teatro il triste ricordo
della tragedia riempie il cuore

Nessuno però si sarebbe potuto immaginare un'adesione così ampia. Tante voci a narrare un dramma. Tante voci unite in un'unica intensa voce

Tante voci, a narrare una storia. Cuori viaggianti, feriti, voci della memoria, narratori, alcuni con qualche esperienza alle spalle, altri per la prima volta su un palcoscenico, che hanno parlato all’unisono. Vajont ha esaurito i posti a teatro. Quelli sul palco e quelli a sedere. Ed è stato un successo al di là di ogni aspettativa.

Non deve essere stato semplicissimo per il duo Giuseppe Romanetti e Stefano Donzelli mettere in scena un spettacolo. Tante voci a narrare un’unica storia, quella di una tragedia di 60 anni fa. Certo, il testo era quello di Marco Paolini, adattato da monologo a testo corale. Il modello scelto quello della tragedia greca, del teatro classico: un coro, un corifeo, tre narratori e qua e là le voci narranti. All’inizio, in intermezzo e al termine si è unito il coro canoro, incursioni ad alleggerire il clima. Una tensione crescente in cui la storia si è sviluppata in tutta la sua tragicità. In tutto il suo dolore.

La sera del 9 ottobre 1963 alle ore 22.36, nel bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, una gigantesca frana (oltre 270 milioni di metri cubi di roccia) precipitò dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino causando la tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso dalla diga. Le onde, di cui una superò di più di 250 m in altezza il coronamento della diga, colpirono prima Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago, per poi inondare e distruggere degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone. Le vittime furono 1.910, tra cui 487 minorenni.

L’idea, dopo 60 anni, di riproporre sulla falsariga dello spettacolo portato in scena 30 anni fa, era stata proprio di Paolini. Il teatro di Casalmaggiore aveva subito aderito. Nessuno però si sarebbe potuto immaginare un’adesione così ampia. Tante voci a narrare un dramma. Tante voci unite in un’unica intensa voce.

Un’orazione civile – ha spiegato Giuseppe Romanetti – che ricorda una tragedia collettiva che le televisioni e le radio hanno finalmente ricordata. Sono 60 anni dalla frana del Vajont e molti luoghi d’Italia, teatri, chiese aperte per l’occasione, luoghi di cultura ed anche no, non solo in Italia ma anche all’estero, Parigi, Canada. Singapore. Alla fine i luoghi in tutto il mondo che stanno facendo quel che facciamo saranno 636. Daremo lettura di questo testo di Marco Paolini, declinato in una versione corale. Vajont è un’azione corale di teatro civile ed è un evento abbastanza unico perché raramente succede ed è successo che tanti teatri e tanti luoghi decidano di fare un’operazione comune. 60 anni dalla tragedia, ma anche 30 anni dallo spettacolo di Marco Paolini che ha fatto il giro del mondo e fece clamore non solo per l’argomento ma anche perché ha dato la stura a quello che poi è stato chiamato teatro civile. Personalmente credo che il teatro vero è sempre un teatro civile. Siamo stati invitati ed abbiamo aderito volentierissimo. All’inizio avevo qualche perplessità, ma alla fine sono venute tante persone che per un mese e mezzo hanno fatto prove su prove e di questo va dato loro merito. Abbiamo cvostruito questa orazone civile perchè queste persone si sono avvicinate a questa problematica e mediante il teatro vogliono trasmetterla a tutti voi. Ringrazio davvero tutti. Il primo grande risultato è che persone che neppure si conoscevano, persone che non hanno mai neppure recitato si sono coese e sono diventate un vero gruppo. Riattivando il racconto orale abbiamo cercato di creare un nesso tra la memoria individuale e la memoria collettiva, condividendo un sentimento civile che possa propagarsi come un virus. Se vogliamo la storia del Vajont assomiglia ad una tragedia greca, piena di presagi, previsioni, allarmi, per ciò che sta per accadere sino all’aristotelica catarsi finale. Il ricordo collettivo di questa tragedia è costruito per una riflessione trasversale intorno al tema dell’emergenza, ed è un tema contemporaneo“.

Na.Co. (Foto: Tiziano Schiroli)

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