La Peste Suina corre veloce:
sono già tre i casi in Lombardia
L’amministrazione regionale lombarda ha immediatamente varato, di concerto con quella dell’Emilia Romagna, tre provvedimenti in materia di sorveglianza e tutela del patrimonio suinicolo
Un caso a Montebello della Battaglia e due a Zinasco, entrambi comuni della provincia di Pavia. È questo finora il bilancio (destinato purtroppo ad essere aggiornato a breve) della diffusione della Peste Suina Africana all’interno della Regione Lombardia, con altre segnalazioni sospette che sono in attesa di essere verificate.
«Abbiamo passato mesi a sperare e a pregare – spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – ma ora ci siamo, la Psa è entrata nei nostri allevamenti, e questo è certamente il peggior scenario possibile. C’è rabbia perché si è fatto poco per cercare di contrastare l’avanzata dell’epidemia, e ora a pagarne le conseguenze sono gli allevatori. Il settore suinicolo lombardo, ma anche quello italiano, sono a serio, serissimo rischio. È tempo che chi debba aprire gli occhi li apra, non avremo altre possibilità».
L’amministrazione regionale lombarda ha immediatamente varato, di concerto con quella dell’Emilia Romagna, tre provvedimenti in materia di sorveglianza e tutela del patrimonio suinicolo. Su tutto il territorio regionale dunque, a partire da oggi, 29 agosto, le movimentazioni di suini (in partenza da allevamenti lombardi) dovranno essere subordinate a: visita clinica; verifica andamento mortalità; prelievo di milza, in condizioni di biosicurezza, da due soggetti morti di recente, o dai capi morti da meno tempo possibile; eventuale prelievo di sangue in EDTA da eventuali soggetti disvitali.
Negli allevamenti suini ricadenti nei 10 km attorno al focolaio di Zinasco inoltre, è vietata qualsiasi movimentazione di animali, sia in entrata che in uscita, con obbligo di validazione dei modelli IV in uscita.
Il Ministero della Salute invece, in ottica export, chiede alle Regioni ed alle PPAA di sospendere temporaneamente le certificazioni sanitarie presso gli stabilimenti che hanno introdotto, successivamente al 15 luglio 2023, carni o prodotti derivati da partite di animali dell’allevamento del focolaio, oppure da capi di allevamenti diversi ma che sono entrati in contatto in varie modalità con quelli provenienti dall’allevamento focolaio. Le partite di carni o di prodotti ricadenti nelle casistiche di cui sopra e già inviate ai Paesi Terzi devono essere immediatamente segnalate, al fine di sbloccare le procedure di sdoganamento.
«Uno dei casi di positività – prosegue Cortesi – è figlio di una totale negligenza da parte di allevatore e veterinario aziendale, e non si escludono conseguenze legali. Invito tutti i nostri allevatori a seguire in maniera minuziosa le norme di biosicurezza, nostro unico baluardo contro l’avanzata della patologia. Raccomando poi di segnalare alle autorità anche il minimo sospetto di Psa. Dobbiamo fare squadra e aiutarci a vicenda, è in gioco la sopravvivenza delle nostre aziende e di parte dell’economia del paese».
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