In fuga dall'Iran, una famiglia
sotto protezione si racconta
“Noi non sappiamo esattamente come adesso la situazione in Iran. Forse le proteste si sono un po' fermate ma noi continueremo a rimanere qui in Italia se potremo finalmente trovare un lavoro per non pesare più sugli aiuti umanitari” concludono i componenti la famiglia iraniana
I riflessi del duro regime iraniano arrivano anche nel nostro territorio. In uno dei nostri piccoli comuni tra Piadena e Bozzolo, vive infatti una famiglia proveniente da Teheran e arrivata in Italia sotto protezione internazionale.
Anche per questo hanno accettato di raccontare la loro vicenda senza mostrare il viso per evitare possibili ritorsioni. La loro è una storia di privazioni e sofferenze sopratutto per la difficoltà di trovare un lavoro qui da noi, nonostante le garanzie e le ottime credenziali possedute da ognuno di loro.
Il capofamiglia, un 55enne ingegnere idraulico è disposto a svolgere qualsiasi incarico manuale al di la delle competenze tecniche acquisite attraverso la laurea. Anche la moglie e i due figli, un ragazzo di 23 anni e sua sorella di 25, possiedono un buon bagaglio culturale: “Purtroppo quando le persone leggono sul nostro permesso di soggiorno la frase asilo politico si bloccano e non sappiamo che cosa pensano o temono. Fatto sta che nessuno di noi riesce a trovare occupazione dovendoci arrangiare con il ristretto aiuto economico previsto dal progetto di accoglienza.Un progetto umanitario che ha una durata di 5 anni e che ci costringerà alla fine tornare nel nostro Paese” racconta la ragazza.
A Teheran la famiglia ha lasciato tutti i propri averi, dalla casa all’automobile, ai soldi in banca. Gente semplice disponibile e umile che non mette in mostra per niente i titoli di studio e quella certa agiatezza lasciata nel loro paese. “Le nostre difficoltà nascono anche all’assenza di trasporti. Qui dove siamo non c’è la ferrovia e il servizio del pullman a chiamata non sempre funziona. Qualcuno di noi ha la patente iraniana ma è difficile convertirla in quella italiana – spiega la ragazza – o meglio, si può ottenere ma dopo un anno scade e non viene più riconosciuta. Un po’ come i nostri titoli di studio“.
“Ci spiegano che gli alloggi ora sono assegnati con diritto di precedenza alla popolazione afgana e a chi scappa dall’Ucraina in guerra e questo complica ancora di più le cose”. A Teheran la famiglia iraniana oltre a risorse economiche non trasferibili ha lasciato alcuni parenti nei cui confronti temono possano subire ritorsioni cercando per questo di limitarsi nell’esprimere critiche nei confronti del Paese da cui sono usciti.
“Noi siamo cristiani evangelici e anche per questo non potremo mai sottostare alle leggi islamiche imposte alla popolazione”. Il grande movimento di protesta iraniano come si ricorderà è esploso con la morte improvvisa di Masha Amini imprigionata perché non indossava correttamente il velo. La Repubblica islamica dell’Iran vieta alle donne di mostrare i capelli in pubblico ritenendolo un segno di immoralità. Da li sono nati i movimenti di protesta contro queste imposizioni con le donne che si toglievano il velo o si tagliavano pubblicamente le ciocche di capelli, sia per discostarsi dai canoni del regime sia in segno di lutto nei confronti di Masha.
Già nei primi mesi di quest’anno le organizzazioni umanitarie parlano di circa 300 esecuzioni capitali avvenute. La pena di morte viene applicata nei confronti di molteplici reati dagli omicidi, alle rapine agli stupri, alla prostituzione, omosessualità e reati legati alla droga oltre che blasfemia e apostasia includendo ovviamente la cospirazione contro il governo. Oltretutto l’Iran è l’unico paese al mondo ad applicare la pena di morte anche nei confronti di minorenni. Negli ultimi tempi la guida suprema Alì Khamenei assieme al presidente Ebrahim Raisi ha chiesto e ottenuto l’aumento dei salari e l’assegnazione di contributi alle famiglie più bisognose. Per cercare di frenare in tal mondo l’esodo verso altri Paesi.
“Noi non sappiamo esattamente come adesso la situazione in Iran. Forse le proteste si sono un po’ fermate ma noi continueremo a rimanere qui in Italia se potremo finalmente trovare un lavoro per non pesare più sugli aiuti umanitari” concludono i componenti la famiglia iraniana.
Rosario Pisani