Lattiero-caseario, il settore tiene
nonostante l'aumento dei costi
Continua infine a sussistere un problema costi per le imprese, che fanno i conti con un latte alla stalla e vari semilavorati collocati su valori ancora alti.
Assolatte, l’associazione dell’industria lattiero casearia italiana, ha tenuto nei giorni scorsi la propria assemblea annuale, nella 78esima edizione. Come da prassi, insieme ai dati di bilancio, la relazione del presidente, Paolo Zanetti, si è incentrata sull’esame dell’andamento dell’attività del comparto relativa all’esercizio scorso. Benchè la situazione sia radicalmente cambiata già nei primi mesi del 2023, è utile ripercorrere la storia, più che recente, del comparto lo scorso anno.
Nel 2022 l’industria lattiero-casearia ha dovuto fronteggiare problematiche molto pesanti e per vari aspetti nuove. L’allarme principale ha riguardato i costi di produzione. Il gas è cresciuto del 150% arrivando, su singoli mesi, a quotare fino a 7 volte di più del gennaio 2021. Nello stesso periodo, il prezzo del latte alla stalla è cresciuto di oltre il 30%, così come mais e grano da cui dipendono i mangimi essenziali alla filiera latte; semilavorati come il cartone e i prodotti chimici di quasi il doppio; plastica e pallet sono aumentati mediamente del 30-40%. I conti economici delle aziende sono stati messi a dura prova in tutte le loro principali voci di costo. Eppure, a dispetto di tutto, e seppure in sofferenza, il settore lattiero caseario ha mostrato ancora una volta la sua tenacia e capacità di resistere.
Con un calo del solo 0,8%, le consegne di latte hanno permesso all’Italia di mantenere una disponibilità di latte bovino intorno alle 13 milioni di tonnellate. Diverse produzioni derivate hanno segnato addirittura un incremento, dal latte alimentare (+1,3%) ai fermentati (+2,3%) e, soprattutto, al burro (+6,7%). È da evidenziare una significativa contrazione delle produzioni casearie (-2,9%), che ha interessato anche varie Dop come il Parmigiano Reggiano, l’Asiago, il Gorgonzola e il Pecorino Romano. Non però la Mozzarella di Bufala Campana, cresciuta del 3,8%. Il comparto Dop, come sempre, ha rappresentato circa la metà dei volumi di formaggio prodotti in Italia, vale a dire, per l’anno concluso, 576 mila tonnellate.
Gli acquisti domestici hanno risentito di un’inflazione che ha coinvolto, com’era inevitabile, anche i prezzi al consumo. I consumi di latte alimentare sono diminuiti rispetto al 2021 del 4% per il fresco pastorizzato e dell’1% per l’UHT. Bene è andato invece il canale estero che, nonostante tutto, si è confermato ancora una volta leva di crescita fondamentale per le aziende. Il 2022 ha visto infatti un nuovo record di esportazioni casearie, che grazie a un +6,4% giungono a quasi 570 mila tonnellate. Ottime le performance per mozzarelle, burrate, mascarpone e altri freschi, tutte referenze con tassi vicini alla doppia cifra. Anche due simboli del Made in Italy, come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, hanno sostanzialmente confermato l’export del 2021 e messo a segno un ulteriore 3% sulle forme intere e oltre il 10% sul grattugiato. Anche gli altri stagionati duri hanno avuto un buon incremento, mentre pressoché tutti i formaggi hanno registrato percentuali sul valore in doppia cifra.
Circa l’80% dell’export è verso la vecchia Europa, UE e non UE. La Francia, primo mercato di sbocco, si segnala per aver raggiunto le 130mila tonnellate e ancor di più per il suo tasso di crescita, +11,5%, che fa capire che il Paese ha ancora voglia di prodotti italiani. La Germania mantiene saldamente il secondo posto mentre, nonostante la Brexit, anche il Regno Unito è riuscito a crescere in volume del +4%. Un altro dato molto positivo è della Spagna, uno dei paesi che ci ha dato più soddisfazioni passando da 28.400 a 33.500 tonnellate. Ritmi di espansione simili – in termini percentuali – hanno riguardato anche la Cina ed il Canada che, grazie al Ceta, è giunto al record di 8.200 tonnellate.
Il presidente Zanetti si è soffermato sulla sul tema della sostenibilità: “Stiamo attraversando una fase storica davvero particolare e ci troviamo ad operare in un contesto molto diverso dal passato e in continua evoluzione”. Il tema della sostenibilità è divenuto strategico e trova pronto il settore industriale, con le imprese già operative grazie agli imponenti investimenti rivolti al miglioramento dell’efficienza dei processi, alla riduzione delle emissioni in atmosfera, alla produzione di energia da fonti rinnovabili. “La strada è tracciata e la stiamo percorrendo, ma deve essere chiaro, definitivamente, che la transizione ecologica deve andare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale”.
Per quanto riguarda il 2023, anche il primo trimestre si è chiuso con segno positivo, con produzioni ancora in crescita e un lieve recupero anche dei formaggi. Mentre l’export appare diviso tra mercati UE che confermano il loro ruolo di bacino di acquisto essenziale per i nostri formaggi (+7% fino a marzo) e un extra-UE invece in contrazione a cominciare da America (-5,6%) e Asia (-5,4%). Prevale comunque la cautela sulle previsioni per la seconda parte dell’anno.
Continua infine a sussistere un problema costi per le imprese, che fanno i conti con un latte alla stalla e vari semilavorati collocati su valori ancora alti.
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