Cronaca

Villanova sull'Arda, da un olmo
che muore un busto che vive...

la realizzazione di un busto verdiano con ciò che restava di un olmo secolare morto, la dice lunga e dimostra, ancora una volta, che spesso il piccolo dà lezione al grande (o a chi si ritiene grande): specie in fatto di sensibilità

Hermann Hesse diceva, con piena ragione, che “Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, percepisce la verità. Essi non predicano dottrine o ricette ma predicano, noncuranti del particolare, la legge primordiale della vita”.

A Villanova sull’Arda, piccolo comune della Bassa Piacentina, terra verdiana e di fiume, al confine col Parmense ed il Cremonese, queste parole di Hermann Hesse non solo le hanno capite bene ma le hanno anche messe in pratica, a modo loro, producendo il bene, creando arte e cultura. Hanno ricordato a tutti che la fine di un capitolo non equivale alla fine di un libro: la storia, pur con le sue tappe ed i suoi imprevisti, le sue fortune e le sue sfortune, viene scritta sempre.

Un pezzo bello, e speciale di storia è stato scritto in questi giorni, partendo dalla vicenda di un olmo campestre. Non un albero qualsiasi (anche se di alberi qualsiasi non ne esistono), ma quel gigantesco olmo campestre di quasi 30 metri di altezza e quasi 5 di conferenza che, per oltre un secolo, ha accompagnato la vita, i fatti e la quotidianità di questa landa fluviale al confine fra tre province e due regioni. Per salvare quell’olmo monumentale, a Villanova sull’Arda si sarebbero fatti togliere volentieri un rene (alla faccia, bisogna dirlo, di quelli che ad estirpare alberi non ci pensano un secondo).

Purtroppo la malattia, in questo caso la grafiosi (un flagello per gli olmi campestri di tutta Europa) non gli ha lasciato scampo e, per chiari motivi di sicurezza, dovuti anche al fatto che quell’olmo sorgeva a ridosso di una strada provinciale e di diverse case, nel 2019 le motoseghe sono purtroppo dovute entrare in azione e, in poche ore, le terre del Po, hanno perso un amico, un custode, un monumento. Di cui sono rimasti i ricordi, le immagini, gli aneddoti e la stessa legna. Così ecco che da una parte del suo grande tronco è stato ricavato un busto dedicato nientemeno che al maestro Giuseppe Verdi. Quel Verdi che gli alberi li amava (lo dimostra, da sempre, il grande e romantico parco che il Cigno di Busseto ha progettato e voluto per la sua Villa di Sant’Agata) e che, a modo suo, oggi vive in quella scultura.

In modo vicendevole perché è come se anche l’olmo, a sua volta, continuasse a vivere. A scolpire il busto del maestro sono state le abili mani del giovane Davide Zeni, 28enne altoatesino che, per questa opera, ha lavorato anche più di dieci ore al giorno, nel cuore e nella pace della Val Gardena (la sua terra), per più giorni. La scultura è conservata nel municipio di Villanova sull’Arda ed è stata presentata alla presenza del sindaco Romano Freddi, del vicesindaco Emanuele Emani, di diversi amministratori del Comune rivierasco e dello studioso verdiano Corrado Mingardi.

Tanti, inoltre, i cittadini presenti alla giornata impreziosita dalle letture dell’attore Alberto Branca di San Daniele Po e dal concerto della corale “Armonie dei colli” diretto dalla maestra Tania Bussi con la partecipazione anche del sopramo Paola Cigna, del tenore Andrea Barbato e del pianista Claudio Cirelli (la presentazione è stata invece curata da Alessandro Bertolotti). Parallelamente all’evento è stata allestita anche l’esposizione di documenti originali della collezione Fausto Bonzanini dedicata all’opera Otello.

Una bella e lodevole iniziativa, quella voluta e realizzata dal Comune rivierasco e, per inciso, anche una bella risposta a quegli incravattati dal deretano piatto e pelato (benpensanti e moralisti leggano sempre politici) che per il patrimonio verdiano non è che abbiano avuto, coi fatti, molta attenzione (con le parole sì, ma è noto che se queste non sono accompagnate dai fatti, assumono un valore effimero e spesso inutile) come accaduto nel caso del vicinissimo ospedale voluto, fondato e pagato proprio dal maestro Giuseppe Verdi.

Ospedale che oggi (esattamente come la villa del maestro) è in preda ai rovi, alle erbacce e all’umidità perché ai “piani alti” c’è chi ha pensato di togliere l’unità spinale (che era un fiore all’occhiello delle terre del Po) per portarla a Fiorenzuola d’Arda, togliendo agli ammalati la possibilità di vivere il loro percorso di cura e di riabilitazione nel verde e nella pace, per portarli in mezzo al cemento, allo smog e alla confusione, promettendo a Fiorenzuola un nuovo e moderno ospedale con nuovissime sale operatorie e un pronto soccorso all’avanguardia. Peccato che i fatti, ad oggi, dicono che il pronto soccorso funziona a metà servizio e le camere operatorie, realizzate, non sono ancora entrate in funzione.

A Villanova dovrebbe sorgere il Centro Paralimpico del Nord Italia ma i lavori sono rimasti a lungo fermi e solo da pochi giorni sono ripresi e, comunque, ad oggi, l’ospedale voluto, fondato e pagato (i benpensanti scriverebbero “finanziato”, ma pagato rende maggiormente l’idea) dal signor maestro Giuseppe Verdi è chiuso e inutilizzato. Come chiusa ed in preda ai rovi è la sua villa. Di fronte a decisioni capestro prese dall’alto, l’amministrazione di un piccolo paese rivierasco può ben poco, o nulla. Ma la realizzazione di un busto verdiano con ciò che restava di un olmo secolare morto, la dice lunga e dimostra, ancora una volta, che spesso il piccolo dà lezione al grande (o a chi si ritiene grande): specie in fatto di sensibilità. Infine una proposta, perché quando si scrive è giusto non solo narrare e descrivere ciò che accade ma è bene anche proporre.

Visto che i resti del tronco del grande olmo sono stati conservati e sono gelosamente custoditi in un luogo sicuro, chissà che non si facciano avanti altri scultori (magari anche un Mauro Corona?) creando ulteriori opere (magari di musicisti e artisti italiani) da donare alla cittadinanza di Villanova sull’Arda e, quindi, alle genti del Po? Ci sono paesi dove, sui muri delle abitazioni, sono stati realizzati murales dedicati alle più celebri fiabe. Perché non dare vita, a Villanova, ad un museo a cielo aperto di sculture con i resti del grande olmo? Potrebbe essere una idea ricordando sempre, come diceva Khalil Gibran, che “gli alberi sono poesie che la terra scrive in cielo”.

Eremita del Po, Paolo Panni

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