Cultura

25 aprile: il partigiano Carlo
Martelli (del prof Giorgio Lipreri)

“…ha incontrato eroica morte il patriota Carlo Martelli della classe 1927, umile, ardente e fedele gregario agli ordini del comandante Favagrossa”

Poco e nulla, nel tempo, è stato scritto sulla breve vita del partigiano Carlo Martelli, ucciso all’età di diciassette anni, assieme al proprio comandante Giovanni Favagrossa, durante uno scontro a fuoco con i nazisti in ritirata in località Valle di Casalbellotto, piccola frazione di Casalmaggiore.

Sul giornale “Fronte Democratico”, quotidiano ufficiale del Comitato di Liberazione Nazionale di Cremona diretto dallo storico Franco Catalano e pubblicato subito dopo la Liberazione, di scarsa rilevanza sono i richiami all’esperienza partigiana di questo giovane contadino, definito salariato in un documento dell’archivio comunale.

Anche in un articolo dal titolo “I nostri Martiri”, recapitato in rappresentanza del Cln casalese al giornale antifascista “L’Avvenire”, testata cremonese, pubblicata per breve tempo e di cui era redattore capo Fiorino Soldi, futuro direttore del quotidiano “ La Provincia “, si legge solo “…ha incontrato eroica morte il patriota Carlo Martelli della classe 1927, umile, ardente e fedele gregario agli ordini del comandante Favagrossa”.

Allo stesso modo nella pubblicazione dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani della provincia di Cremona, appositamente redatta in occasione del secondo anniversario della Liberazione, mentre si ricorda il sacrificio di Giovanni Favagrossa, richiamando la sua partecipazione alla battaglia di Osacca sull’Appenino parmense nel dicembre del 1943, di Carlo Martelli viene solo inserito il nome in un lungo elenco di partigiani cremonesi caduti per la libertà.
Di scarso aiuto sono pure le relazioni interne redatte sul movimento resistenziale locale dai Cln di Casalmaggiore e Viadana. Anche il più dettagliato ed organico resoconto, pur privo di alcuni nel importanti allegati, conservato a Bologna nel fondo “Enrico Azzoni” presso l’Istituto regionale “Ferruccio Parri”, si limita a qualche scarno riferimento alla costante presenza di Carlo a fianco del comandante Favagrossa.

E le rare pubblicazioni successive ripetono con monotonia ed estrema sintesi i dati anagrafici.

A distanza di oltre sessant’anni, quindi, risulta particolarmente arduo ricostruire gli ultimi mesi di vita di questo giovane partigiano, ricerca resa parzialmente possibile solo con il ricorso a testimonianze orali, come ad esempio quella del fratello Nello, che, pur sbiadite dal tempo, consentono di delinearne qualche episodio.

In quell’epoca, vale a dire nei drammatici anni bui del secondo conflitto mondiale, le famiglie vivevano nel terrore che i figli ricevessero la chiamata per il fronte. Anche a casa di Carlo si respirava quella grave atmosfera di tensione poiché egli, nato a Viadana il 5 settembre 1927, poteva essere prossimo alla partenza, nonostante l’ideale contrarietà di tutta la famiglia, composta da sei figli e due figlie. I genitori avevano già pagato un pesante prezzo, avendo fornito alla patria tre figli partiti per la guerra, uno dei quali, dichiarato disperso nel 1943, era poi miracolosamente ricomparso nel 1946 dopo essere rimasto prigioniero degli inglesi, mentre degli altri due si era ignorata la sorte fino al loro ritorno alla fine del 1945. Per questi motivi una quarta partenza diventava una lacerazione insostenibile nel tessuto famigliare.

In questo clima di angoscia era sufficiente l’innocua comparsa di un estraneo nelle vicinanze della loro cascina per creare nella famiglia un profondo turbamento.

Carlo, un adolescente desideroso di trasformarsi in fretta in adulto, come rivelano le sue ultime poche fotografie che lo ritraggono sempre con la sigaretta in mano nonostante la giovane età, con lo scopo di rendersi anche autonomo dalla famiglia, accettò di lavorare per alcuni mesi alla Todt, per poi adattarsi a svolgere il mestiere di bifolco, accudendo numerosi capi di bestiame di proprietà della famiglia.

Nel mese di settembre del 1944, tenendo all’oscuro della sua decisione i componenti della famiglia, che non avevano notato alcun cambiamento in lui, si allontanò da casa senza farvi ritorno. Grande fu il loro sconcerto, considerata la pericolosità dei tempi segnati da una cieca violenza: iniziò, allora, una frenetica ricerca di informazioni caratterizzata dalla richiesta di aiuto a tutte le persone conosciute e fidate, con una particolare attenzione a non destare sospetti tra gli esponenti del Fascio di Casalbellotto. Ma nonostante gli sforzi compiuti, la ricerca si concluse con un esito negativo.

All’improvviso, due mesi dopo il suo allontanamento, quando già le speranze si erano affievolite, nel cuore della notte, alla porta di casa della famiglia Martelli, isolata in mezzo ai campi a Valle di Casalbellotto, dove si era trasferita nel febbraio del 1943, bussarono alcune persone che, dopo essersi dichiarate amiche, affermarono di conoscere gli spostamenti di Carlo. Dopo un’iniziale titubanza dei genitori, vennero fatte entrare.

Un partigiano, il cui nome di battaglia era Pinuccio, un camionista che abitava a Breda Cisoni, in provincia di Mantova, informò il padre di Carlo, dal canto suo convinto che il figlio, pur ignorandone il motivo, fosse nascosto a Valle o nelle vicinanze, che Carlo si era aggregato ad un gruppo di partigiani, che era in buone condizioni di salute ma che non riteneva opportuno presentarsi a casa per il convincimento che sarebbe stato trattenuto dai famigliari.
Di fronte alle rimostranze del genitore, Pinuccio gli promise che sarebbe ritornato un altro giorno in compagnia di Carlo, affinchè potessero incontrarsi per chiarire la situazione che si era determinata, promessa, però, mai mantenuta. La madre, dopo essersi profondamente commossa, rivelò subito il suo lato materno inviando al figlio cibo e qualche indumento.

I famigliari ignoravano come fosse riuscito ad entrare in contatto e poi a far parte del gruppo di partigiani comandato da Giovanni Favagrossa, un nome in quel preciso momento a loro sconosciuto, ma che avrebbero ricordato per sempre perché indissolubilmente legato a Carlo nella morte. Più tardi appresero che tale formazione aveva scelto come base logistica una cascina isolata, di proprietà di Angelo Raineri, anch’egli fortemente ostile al regime, situata nella stessa frazione in cui abitavano.

L’antifascismo della famiglia Martelli era stato generato dalla circostanza che spesso uomini delle brigate nere, durante i rastrellamenti che sembravano intensificarsi progressivamente, con la scusa di andare alla ricerca di partigiani nascosti nella zona venivano a casa loro per sfamarsi e, non soddisfatti, si impossessavano anche delle galline. Il capofamiglia, che non voleva grane, umanamente li giustificava poiché sosteneva che era gente povera, entrata nel Fascio per attenuare la miseria che allora imperversava.

Oltre a tale motivazione, significativo fu l’influsso esercitato sulla famiglia, originaria di Viadana, dalle prediche di don Primo Mazzolari a Cicognara, paese dove si era successivamente stabilita, prima di trasferirsi a Valle.

E quando don Primo fu assegnato a Bozzolo un fratello di Carlo, Remo, andava spesso a fargli visita su invito dello stesso parroco che riteneva che mostrando una particolare inclinazione per lo studio, avesse i requisiti per entrare in seminario.

Ma per riprendere le vicende di Carlo relative alle sue imprese partigiane, periodo in cui con ogni probabilità può essere realistico pensare che egli abbia condiviso le imprese del comandante Giovanni Favagrossa, partecipando a sabotaggi, al recupero di armi sottratte ai militi ed a attività clandestina di propaganda antifascista. Di certo sappiamo che la sua uccisione, avvenuta alle due della notte tra il 24 e il 25 aprile, fu opera della ferocia nazista.
La mattina successiva alla sua morte, verso le nove, arrivò a casa Martelli un ragazzo ben conosciuto dalla famiglia: si trattava di Savazzi, un giovane operaio che lavorava alle dipendenze di Raineri, il quale, spaventato, immediatamente chiese del padre di Carlo, in quel momento affaccendato nei lavori della stalla.
Esitante gli riferì che il figlio era stato ucciso nella notte in uno scontro a fuoco con i tedeschi e che giaceva ai bordi di un fosso assieme al cadavere di un altro giovane.

I genitori ed il fratello Nello, che a quell’epoca aveva nove anni, a quel punto, così come si trovavano, a piedi scalzi e disperati, si incamminarono verso il luogo che era loro stato indicato. Lì incontrarono una ragazza con il volto impietrito, Anna Carnevali, che disse di essere la fidanzata di Giovanni Favagrossa, l’altro caduto, un giovane di diciannove anni.

Quest’ultimo aveva la faccia imbrattata di sangue: la fidanzata Anna e il padre di Carlo, dopo un certo periodo di raccoglimento sul cadavere del figlio, facendosi forza, pulirono il viso di Giovanni.

Egli indossava un giubbetto con alcune stellette che il padre di Carlo strappò subito per timore che gruppi di tedeschi che transitavano ancora per quella strada sparassero anche a loro.

Alcuni si erano fermati ed osservavano la madre Elisa che piangeva disperatamente: uno dei tedeschi che parlava in modo corretto l’italiano, colto da un senso di pietà, non riuscì a trattenere le lacrime, nascondendosi però agli occhi degli altri suoi compagni.

Il cadavere di Carlo, ricoperto da uno strato d’erba, giaceva sul lato destro della strada che si dirige verso Casalbellotto: era stato colpito da due proiettili al cuore, che poi erano fuoriusciti dalla schiena, ma non era sporco di sangue.

Gli indumenti che indossava erano gli stessi di quando era partito da casa. I famigliari, in quel drammatico e concitato frangente, si recarono a prendere un carretto, logorato dall’uso, presso una famiglia che aveva, casualmente, lo stesso cognome Martelli e un cui figlio, stando ad un ricordo di Nello, era stato salvato in guerra da un suo fratello che lo aveva trasportato a spalla per chilometri fuori dal fuoco nemico.

Con l’aiuto di uno di loro caricarono il corpo esanime di Carlo e lo trasportarono fino a casa, luogo che raggiunsero attraverso una scorciatoia che affiancava la cascina di Raineri.

Una volta arrivati, lo adagiarono sul letto dei genitori e dopo averlo pianto a lungo, qualche giorno dopo, nella chiesa di Valle, vennero celebrati i funerali, prima della tumulazione della salma nel cimitero di Viadana. Nessuno presenziò alla cerimonia funebre.

Sei o sette giorni dopo, Pinuccio si recò alla cascina Martelli per raccontare ciò che era accaduto nella notte tra il 24 e il 25 aprile, sulla base delle notizie che aveva raccolto, in quanto non presente ai fatti: il gruppo di Favagrossa, composto da cinque partigiani, si stava recando a Casalmaggiore per occupare la caserma dei carabinieri allo scopo di impadronirsi delle armi da distribuire successivamente alla popolazione insorta. Durante il tragitto, si imbattè in un drappello di tedeschi che si stava ritirando e che li colpirono a morte.

Secondo altre successive testimonianze, si apprende che mentre alcuni partigiani si nascosero pronti ad intervenire in caso di necessità, nella convinzione che il numero di tedeschi fosse esiguo, Giovanni Favagrossa e Carlo Martelli si trovarono di fronte ad un consistente raggruppamento di nazisti. Questi, non persuasi dalle dichiarazioni dei due giovani che, consapevoli del grave rischio cui erano andati incontro, cercarono di spacciarsi per lavoratori della Todt, li illuminarono con un fascio di luce e, accortisi della camicia rossa, uno dei simboli della lotta partigiana, orgogliosamente indossata da Favagrossa, spararono all’istante falciandoli entrambi.

I tre partigiani nascosti, valutati i rapporti di forza, ritennero opportuno non mettere a repentaglio anche la loro vita.

La città di Casalmaggiore per onorare il sacrificio dei due partigiani, inquadrati nella brigata Garibaldi, intitolò a Giovanni Favagrossa l’ex via Ettore Muti e a Carlo Martelli l’ex via Italo Balbo. Anche a Viadana, città natale di Martelli, gli dedicò, nella frazione Salina, una via.

(grazie a Costantino Rosa per aver riportato alla luce un articolo del professore)

Giorgio Lipreri

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...