Alberto Grandi e le tradizioni
inventate di scena al Rotary CVS
La relazione di Grandi ai soci del RC CVS è stata veramente illuminante, ed ha suscitato numerose domande e commenti, così come peraltro sta facendo il suo saggio: l’invito è quello di leggere il libro e di ascoltare Grandi nel suo podcast
Il lardo di Colonnata? Un prodotto veramente eccellente, ma la cui storia è ampiamente romanzata. Il panettone? Da pagnotta bassa con l’uvetta è stato trasformato nel dolce milanese delle feste, ma solo dal 1930 quando fu prodotto industrialmente da Angelo Motta, mentre i tanto osannati panettoni artigianali si sono affacciati sul mercato solo negli anni ’80.
Il “Parmigiano” originale? Oggi si trova solamente nel Winsconsin, negli Stati Uniti. Sono solo alcune delle prove che la tradizione… si inventa. Ne ha parlato alcune sere fa alla Locanda del Ginnasio di Viadana il prof. Alberto Grandi, mantovano, docente di Storia delle Imprese all’Università di Parma, invitato dal socio Dario Anzola, ospite del Rotary Club Casalmaggiore Viadana Sabbioneta presieduto da Vittorio Bortolotti. Grandi scrisse nel 2018 il saggio “Denominazione di Origine Inventata. Le bugie del marketing sui prodotti tipici italiani”, pubblicato da Mondadori, riedito nel 2020, ma soprattutto diventato nelle ultime settimane soggetto di un podcast (DOI, disponibile sulle maggiori piattaforme) che sta facendo il giro del mondo.
Ne ha scritto recentemente nientemeno che il Financial Times, accendendo sull’argomento l’attenzione di enti, associazioni, politici a livello nazionale (si vedano i commenti de Il Giornale, Coldiretti, Matteo Salvini, solo per citare i più ripresi dai media), che hanno però sostanzialmente non capito il messaggio di Alberto Grandi: il docente virgiliano, infatti, non vuole distruggere il culto del cibo italiano e delle sue eccellenze, ma solo fare luce su quanto lavoro di marketing si nasconda su prodotti alimentari che di “tradizionale” hanno ben poco, in quanto letteralmente creato ad arte in un processo che dura da decenni e che sostanzialmente confonde, per non dire imbroglia, il consumatore.
Il suo saggio infatti ricostruisce le vicende che hanno portato alcuni tra i più famosi e titolati prodotti tipici italiani a diventare simbolo della nostra cucina e del nostro Paese nel mondo, mettendo in luce paradossi e storture di un sistema in cui le denominazioni di origine si moltiplicano a un ritmo velocissimo e dove i consorzi di tutela si affannano a far risalire la storia del prodotto all’alba dei tempi.
“Il rispetto per i nostri nonni, emigrati fino agli anni ’50 per non morire di fame, ci racconta di un’Italia povera in cui non esistevano le presunte tradizioni culinarie di cui oggi ci facciamo tanto vanto – ha dichiarato l’economista mantovano – I nostri piatti sono sì buonissimi, ma la loro storia è, nella maggior parte dei casi, diversa da quella che viene raccontata. L’emigrazione in America ha influito molto sulla creazione delle nostre attuali eccellenze gastronomiche. La nostra cucina, come tutte le cucine del mondo, è frutto di incroci e contaminazioni. Non metto in discussione la qualità del cibo italiano o dei prodotti, ricostruisco in maniera storica e filologicamente corretta la storia di questi piatti. E con i miei studi ho dimostrato che molte preparazioni derivano dagli ultimi 50-60 anni di storia e da interazioni con la cultura atlantica. La prima ricetta della carbonara è datata 1953, a Chicago, prima non c’era in Italia: è italo-americana. La salsa sulla pizza è nata a New York non a Napoli!”
La relazione di Grandi ai soci del RC CVS è stata veramente illuminante, ed ha suscitato numerose domande e commenti, così come peraltro sta facendo il suo saggio: l’invito è quello di leggere il libro e di ascoltare Grandi nel suo podcast, perché solo così può essere appreso a pieno il suo accuratissimo studio: aldilà delle polemiche, dimostra che i prodotti tipici italiani sono buonissimi, ma la loro storia è in larga parte inventata.
LF