Ambiente

Vegetazione aliena: non c'è solo la
Reynoutria japonica sulle rive del Po

Con l’auspicio che i monitoraggi delle specie invasive, se si fanno, siano completi, c’è anche da sperare che l’impegno di tutti vada a favorire la crescita delle specie tipiche dei nostri territori di fiume

Si espandono e si moltiplicano sempre di più le piante invasive straniere lungo le rive del Grande fiume. Nei giorni scorsi è arrivato l’allarme di Anbi circa la proliferazione, in Toscana, lungo l’Arno, del cosiddetto poligono del Giappone, ovvero la Reynoutria japonica, una tipologia di vegetazione infestante ed altamente invasiva. Da qui è scattato un monitoraggio di Aipo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, che ha confermato che la pianta si trova ormai in maniera diffusa lungo tutto il bacino idrografico del fiume Po.

C’è da chiedersi se era necessaria questa conferma, o se in qualche modo si sia scoperta l’acqua calda, visto che l’esistenza in Lombardia di parecchie popolazioni di Poligono del Giappone è cosa risaputa, certa e documentata e, oltretutto, di pubblico dominio da almeno un decennio.

Il confinante Piemonte, inoltre, nel 2017, ha dato alle stampe una cartina che ne certifica la presenza massiccia lungo tutti i maggiori fiumi della regione, compreso il fiume Po. Quindi, come direbbe un vecchio adagio, nulla di nuovo sotto il sole e il monitoraggio di Aipo è servito a dare conferma di una cosa già nota ed arcinota. Che anche chi è solito frequentare, magari in silenzio ed a piedi, le rive del fiume già conosce.

Ma è noto a tutti che la voce di chi il fiume lo vive, lo conosce, lo osserva e lo documenta è considerata di scarso interesse (se non fastidiosa) da alcuni soggetti che il fiume lo vedono (cosa diversa da osservare), per lo più, in fotografia. In ogni caso, giusto per stare sul tema del Poligono del Giappone, originario dell’Estremo Oriente, introdotto per scopi ornamentali e diffuso ormai su larga parte del globo terrestre, si tratta di una specie dannosa che rende anche meno stabili le sponde fluviali minacciandone, alla lunga, il consolidamento ed è anche molto difficile da estirpare: accade, infatti, che gli sfalci debbano essere sospesi perché, anziché risolvere la criticità, rischiano di propagare ulteriormente la presenza di questa pianta nelle aree limitrofe.

Per far fronte a questa problematica sempre più incombente, il contrasto efficace nei confronti delle specie aliene è stato inserito come tra i principali obiettivi del fresco progetto di Rinaturazione dell’area del fiume Po che, tra le sue mission, annovera la salvaguardia della biodiversità, mediante l’attivazione degli stessi processi naturali e ripristinando l’ambiente fluviale per l’uso consapevole e maggiormente sostenibile delle risorse idriche, mitigando così, grazie ad azioni di prevenzione e adattamento, l’avanzare del rischio idrogeologico progressivo.

Ma il Poligono del Giappone, giusto per rinfrescare la memoria e le documentazioni di chi fa monitoraggi, non è l’unica varietà aliena ad aver ormai infestato le zone del Po. In questi ultimi mesi gli spiaggioni si sono presentati coperti da curiosi e pittoreschi cespugli. Si tratta della Cycloloma Atriplicifolium, pianta nativa del Nord America da dove, come si legge anche sul portale biodiversità.lombardia.it è stata introdotta accidentalmente come infestante in Sudamerica e in Europa.

Sempre su biodiversità.lombardia.it si legge che “In Italia è presente al centro-nord e in Sicilia e lo è, soprattutto, lungo l’asta del Po. Si tratta di una pianta erbacea annuale alta fino a 80 cm e con portamento “cespuglioso” emisferico; il fusto è eretto o ascendente, pubescente e abbondantemente ramoso, di un colore verde-giallastro in vegetazione, rossastro a fine ciclo. Le foglie sono alterne, lanceolate, lunghe 3-6 cm, sinuato-dentate, caduche alla maturazione dei frutti. I fiori sono riuniti in una pannocchia sparsamente fogliosa; hanno 5 stami, un ovario supero a 2 stigmi, un perianzio fruttifero con diametro di 2 mm, a 5 lobi segnati esternamente da un’ala trasversale che circonda interamente il frutto ed è larga 0,5 mm.

E’ inoltre dilagante, nelle golene del Grande fiume, il Sicyos angulatus, meglio noto come zucchina americana, zucca matta o zucca spinosa, una pianta annuale importata dal Nord America circa due secoli fa come specie ornamentale, utilizzata anche per realizzare pergolati. La fioritura avviene dalla seconda metà dell’estate all’inizio dell’autunno. Si rinviene sempre più frequentemente a margine delle strade, nei campi e nelle prossimità degli stagni, ma soprattutto lungo le rive dei laghi e dei fiumi poiché i semi sfruttano l’acqua come mezzo di dispersione. Per la straordinaria rapidità di crescita, che in estate può raggiungere due metri in tre settimane, è considerata una specie esotica invasiva da monitorare e contenere. I lunghi steli si intrecciano come liane invadendo tutto, dal prato fino alle cime degli alberi formando dense ed estese coperture che impediscono il passaggio della luce e lo sviluppo della vegetazione sottostante.

È sempre più presente nelle golene del fiume Po e, per quanto dia vita a paesaggi pittoreschi, rappresenta un problema importante. Va infatti a invadere ed a colonizzare la superficie del terreno sostituendosi alle altre specie del sottobosco e avviluppandosi ai fusti degli alberi realizzando una competizione con l’albero stesso, minacciandone quindi l’esistenza.

La colonizzazione totale del suolo impedisce la fruizione alla fauna selvatica e i frutti, ricoperti da setole spinose in grado di trapassare i normali guanti da giardinaggio, rappresentano un ulteriore pericolo per i piccoli mammiferi. Gli alberi sino a 4-5 anni, spontanei o posati per rimboschimento, si piegano lentamente e muoiono nell’arco di 2-3 annate vegetative, ma anche gli alberi adulti se non disinfestati manualmente nei modi e tempi adeguati vanno incontro a sofferenza anche grave con aumentato rischio di crollo, particolarmente importante nelle aree fruite dalle persone.

Altra pianta alloctona (naturalizzata e invasiva) è la verga d’oro maggiore (Solidago gigantea), una specie avventizia di origine nordamericana, presente ormai in tutta l’Italia centro-settentrionale, oltre che in Abruzzo e in Calabria ed abbondantemente presente nelle terre del Po. Cresce, a volte come infestante, in ambienti umidi piuttosto disturbati, come sui bordi di fossi e canali, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Il nome generico deriva dal latino ‘solidus’ (saldo) ed ‘agere’ (rendere), per le presunte virtù terapeutiche, il nome specifico allude alle grandi dimensioni della pianta rispetto ad altre specie congeneri. Nel nostro Paese è ormai naturalizzata ed è presente dal ’700. Durante la primavera e l’estate si possono osservare molto facilmente i suoi fiori gialli a pannocchia che pendono sugli steli.

Infine altra pianta “aliena” da tempo presente anche nelle terre del Po è lo spinacetto americano. Tutte specie, quelle elencate, che hanno chiaramente contribuito nel tempo a modificare l’ambiente del Grande fiume. Con l’auspicio che i monitoraggi delle specie invasive, se si fanno, siano completi, c’è anche da sperare che l’impegno di tutti vada a favorire la crescita delle specie tipiche dei nostri territori di fiume (con particolare riferimento alle diverse varietà di salice e al pioppo bianco) e che il progetto di “Rinaturazione dell’area del fiume Po” punti con i fatti, e con forza, alla salvaguardia della biodiversità.

Eremita del Po, Paolo Panni

Cycloloma Atriplicifolium
Zucchina Americana (Sicyos angulatus)
Verga d’oro maggiore (Solidago gigantea)
Poligono del Giappone (Reynoutria japonica)

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