La battaglia di Zibello del 1218:
Cremona e Parma contro Milano
E' diffusamente ricordata in parecchie cronache antiche una battaglia avvenuta appena fuori le mura del castello di Zibello il 7 giugno 1218 tra i Cremonesi, i Parmigiani e i loro alleati da una parte ed i Piacentini, i Milanesi ed i loro alleati dall’altra
Ogni accadimento che, giorno dopo giorno, interessa le nostre comunità, meriterebbe (come accadeva un tempo) di essere inserito in un archivio di memorie, di immagini, di ricordi scritti. Quanti di noi scrivono una “cronaca”, anche personale, dei fatti che interessano i nostri territori? Probabilmente nessuno, o quasi. La civiltà della fretta e della tecnologia imperante in cui ci troviamo a vivere, ha spazzato via, in molti casi, e quasi del tutto, la volontà di lasciare ricordi scritti di quanto accade in seno alle nostre comunità. Dovremmo ricordare che siamo testimoni della storia, non importa con che ruolo o con quale compito. Lo siamo e ne siamo parte integrante; e la storia è patrimonio che appartiene al passato, al presente e al futuro, di tutti noi. Un patrimonio che non va mai dimenticato, che è giusto far conoscere, che deve essere reso noto: con i mezzi che abbiamo oggi, ancora di più. Anche quando da un fatto sono trascorsi 805 anni come nel caso della Battaglia di Zibello del 1218. Battaglia di cui parla diffusamente il compianto professor Carlo Soliani, insigne storico della Bassa Parmense, in quella “miniera” preziosissima raccolta nei volumi, dal titolo “Nelle terre dei Pallavicino” data alle stampe diversi anni fa, curata insieme a Umberto Primo Censi, Gianandrea Allegri e Paolo Capelli. Ed ecco che, come appunto ricorda il Soliani, nell’ambito degli endemici conflitti che travagliarono la vita dei Comuni del Nord Italia tra il XII ed il XIII secolo si collocano alcuni episodi bellici tramite i quali si evidenzia come i castelli dell’oltre Po dipendessero da Cremona.
Nel mese di giugno 1199, mentre Bresciani e Milanesi assediavano e distruggevano Soncino, i Piacentini attaccarono e misero a ferro e fuoco Soarza, Busseto e parecchi altri luoghi del distretto cremonese. Due anni dopo una sorte simile toccò a Sant’Andrea e nuovamente a Busseto nell’agosto 1214 e nel giugno del 1218. Vent’anni dopo, la notte precedente la festa di san Bartolomeo Apostolo, il 23 agosto 1238, ad essere presi di mira furono i territori di Zibello e di Polesine di San Vito. Paese, quest’ultimo, di cui si è già diffusamente parlato su Oglioponews.it, da secoli distrutto dalle acque del Grande fiume. A proposito dei fatti del 23 agosto 1238, nell’ “Annales Placentini Gibellini” si evidenzia che i Piacentini, compiuta la rappresaglia, intorno a mezzogiorno presero la via del ritorno, ma sull’argine di Busseto si imbatterono in un contingente di 200 armati guidato dall’eletto di Valenza, fratello del conte di Savoia, e dal vicario imperiale, marchese Lancia, proveniente da Cremona e diretto verso Brescia, dove avrebbe dovuto raggiungere le truppe imperiali impegnate nell’assedio della città. Datisi alla fuga, i Piacentini e gli altri che erano con loro vennero inseguiti dagli uomini dell’eletto e del marchese che ne catturarono 90 e li condussero prigionieri a Cremona, lasciando a loro volta nelle mani dei nemici 5 soldati.
Tra i tanti fatti ebbe molta risonanza, ed è diffusamente ricordata in parecchie cronache antiche una battaglia avvenuta appena fuori le mura del castello di Zibello il 7 giugno 1218 tra i Cremonesi, i Parmigiani e i loro alleati da una parte ed i Piacentini, i Milanesi ed i loro alleati dall’altra.
Provenienti da Salamora (località che si trovava tra Fiorenzuola d’Arda e Fidenza) e da Prato del Re (che si trovava nei pressi di Castell’Ugone) dove avevano celebrato la Pentecoste, il 5 giugno i Milanesi, i Piacentini ed i loro alleati si accamparono presso il castello di Santa Croce, che il giorno seguente fu distrutto ed identica sorte toccò anche alla vicina villa di Ardola. Nel frattempo, Parmigiani e Cremonesi si erano preparati ad affrontarli a Carpaneta (altra località scomparsa che sorgeva, indicativamente, nei pressi della attuale Ragazzola), pensando che una volta finita la rappresaglia si sarebbero diretti verso Borgo San Donnino. La mattina del 7 giugno, i Milanesi ed i Piacentini con i loro carrocci mossero verso Zibello che, tuttavia, in previsione di un imminente attacco nemico, era stato munito di larghi e profondi fossati e fortificato con nuove opere di difesa. Arrivati nei pressi della fortezza, gli attaccanti si trovarono a contatto con gli avversari e quattro carrocci furono di fronte. Pare che in un primo momento i Milanesi siano riusciti a costringere Cremonesi e Parmigiani a ritirarsi nel castello. Quindi, in un secondo momento, dopo una sortita degli assediati, tra strepiti, clamori e suoni di trombe da ambo le parti, iniziò una accanita battaglia che si consumò a tratti sotto la pioggia, durando da mezzogiorno al tramonto. Ci furono gravi perdite da entrambe le parti, ma alla fine Piacentini e Milanesi dovettero ritirarsi lasciando parecchi prigionieri in mano nemica. Le versioni piacentine e cremonesi di quei fatti non collimano (del resto è noto che tra cremonesi e piacentini non corra buon sangue…) ma in ogni caso la vittoria andò ai Cremonesi e ai Parmigiani e, quando la battaglia era già finita, arrivarono “per soccorrerli” anche i reggiani: “onde, ricevuti con le risa – scrive lo storico Ireneo Affò – andò in proverbio il soccorso dè Reggiani”. Per molto tempo il ricordo di quella battaglia si protrasse tra gli abitanti di Zibello che. Alla piana dove erano avvenuti gli scontri diedero la denominazione di “Breda della Battaglia”, toponimo che per secoli rimase a ricordo di quanto era avvenuto esattamente davanti al castello. C’è anche un altro particolare, datato 10 settembre 1219, a ricordo di questa battaglia. Infatti il conte Ottico, podestà di Bologna, riconobbe di aver ricevuto da Raniero da Pozzo, che agiva a nome del Comune di Cremona, quattordici lire imperiali per il recupero di una armatura e di un cavallo che erano stati perduti “in campo honorato Zubelli”.
Eremita del Po, Paolo Panni