Ambiente

L'inverno (ormai mite) di terre
di fiume: natura da riscoprire

Tutte sorprese, insieme a tante altre, che il fiume è in grado di riservare a chi decide di viverlo e di farlo vivere, rispettandolo

Sono belle in ogni tempo, in ogni stagione, ed in ogni momento le terre del Po. Sono belle anche in questi giorni d’inizio anno, verrebbe da scrivere d’inverno, anche se da qualche anno degli inverni, quelli veri, quelli delle nevicate abbondanti, della galaverna, dei “fiori” sui vetri delle finestre creati dal ghiaccio, non si vede neanche l’ombra. Sono belle anche quando il fango accompagna, passo dopo passo, il cammino; mentre gli scarponi frantumano le foglie secche rimaste a ricordare un’estate andata ma anche un’altra che verrà. Sono belle anche quando i pioppeti sono spogli ma continuano il loro canto vero il cielo, ed un capriolo d’improvviso attraversa, a larghe falcate, la carraia. Sono belle anche quando la nebbia ovatta il paesaggio e si insinua fra argini, cascine e vecchie corti: quelle in cui tutto, anche nel silenzio e nell’abbandono, rimanda ai fasti di un tempo e ricorda la laboriosità dei nostri padri, quelli che nelle sere d’inverno, dopo giornate intense e faticose, si radunavano nelle stalle accomodandosi sulle ballette di fieno o su panche in legno fatte a mano, per raccontarsi i fatti del giorno, buttar lì qualche barzelletta o qualche aneddoto, sorseggiando un buon bicchiere di rosso donato dai vecchi filari, mentre fuori la neve ammantava campi, corti e golene. Sono belle le campagne che proseguono il loro sonno in attesa di una nuova, laboriosa stagione che verrà. Sono belle, le terre di Po, sulla riva destra e su quella sinistra, indistintamente; quelle rive che ancora dialogano e collaborano troppo poco nonostante le potenzialità grandi che ci sarebbero per la crescita comune dei nostri territori.

Terre da scoprire in silenzio, lentamente, a piedi, col tabarro indosso. Un silenzio necessario per scoprire le tante sorprese che il fiume, col suo ambiente unico, è in grado di offrire: la poiana, regina del bosco, che accompagna il cammino del viandante col suo volteggiare maestoso; il gufo che, nascosto tra le fronde o tra le travi delle vecchie corti attende il ritorno della notte; l’airone e l’ibis sacro nella loro insaziabile ricerca di cibo mentre solcano lanche e stagni; il meraviglioso martin pescatore, con i suoi straordinari colori, mentre si ferma sui rami accanto all’acqua in attesa del prossimo tuffo; il germano reale e la folaga impegnati, tranquillamente, a nuotare in acque basse e il picchio che prosegue nel suo costante, instancabile “martellare”. Un ambiente arricchito, di questi tempi, dal passaggio e talvolta dalla sosta di meravigliosi uccelli migratori come le gru cenerine e le cicogne nere che, sul Po e intorno al Po, trovano sempre soste irrinunciabili lungo le loro straordinarie tratte.

Tutte sorprese, insieme a tante altre, che il fiume è in grado di riservare a chi decide di viverlo e di farlo vivere, rispettandolo. Sorprese da cogliere se si è capaci di fare l’esperienza del silenzio, quel valore che in questa società dedita alla fretta, al baccano ed a tante chiacchiere inutili si fa sempre più essenziale e necessario. Sorprese da cogliere se si è in grado, nel silenzio, di osservare ricordando che questa è cosa ben diversa dal semplice guardare, e va sempre oltre tutto ciò che è esteriore. Doni da vivere rispettando tutto ciò che incontriamo lungo il cammino, tutelando in ogni gesto la natura che ci è data ricordando, dopo averli ricevuti, che un Grazie scrutando verso il Cielo non è mai di troppo.

Eremita del Po, Paolo Panni

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