Cronaca

L'anestesista Riccio diffamato, Marco
Poli e Gianfranco Salvatore a processo

Il 15 maggio del 2019 la procura di Cremona aveva chiesto l’archiviazione, ma il medico si era opposto. Il primo ottobre 2020 il gip Elisa Mombelli gli aveva dato ragione

Il dottor Mario Riccio

Si è aperto ieri il processo per diffamazione nei confronti dell’ex Assessore ai Servizi Sociali (al tempo in carica) Gianfranco Salvatore e del consigliere di maggioranza Marco Poli ai danni di Mario Riccio, responsabile dell’unità operativa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale Oglio Po, consigliere generale dell’associazione “Luca Coscioni” e membro della Consulta di Bioetica. Ieri Riccio, noto per aver aiutato a morire Piergiorgio Welby e per aver seguito da vicino i casi Englaro, Dj Fabo e Ridolfi, si è costituito parte civile. Il medico sarà ascoltato nell’udienza del prossimo 31 maggio.

I due imputati lo avrebbero diffamato tramite commenti pubblicati su un articolo di stampa online e riferiti ad una dichiarazione resa dal medico il 24 gennaio del 2019 sulla modifica della legge sul testamento biologico, nel rispetto della volontà dei pazienti liberamente espressa nelle disposizioni di trattamento anticipate. In quell’occasione, Riccio aveva segnalato l’impossibilità di fruire di tali disposizioni poiché la proposta modifica normativa comportava che le dichiarazioni dovessero essere depositate al comune di nascita e non al comune di residenza, preannunciando che lui avrebbe comunque rispettato le volontà dei pazienti contenute in qualsiasi documento ritenuto valido, al di là del suo deposito presso un ufficio di stato civile.

Nella lettera aperta “Obbedienza civile? La morte per compassione stia lontana dall’OglioPo”, i due consiglieri comunali avrebbero diffamato il medico, associando le sue dichiarazioni al famoso programma T4, il programma nazista di eutanasia che prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e di portatori di handicap. “Ecco che un medico”, è una delle frasi pubblicate, “anzichè farsi prossimo in fedeltà al giuramento di Ippocrate, si offre di diventare carnefice”. Per Riccio, come si legge nell’atto di costituzione di parte civile, quelle affermazioni avevano paragonato il suo operato a quello di un “pericoloso nazista”, ed era partita la querela per diffamazione aggravata a mezzo stampa.

Il 15 maggio del 2019 la procura di Cremona aveva chiesto l’archiviazione, ma il medico si era opposto. Il primo ottobre 2020 il gip Elisa Mombelli gli aveva dato ragione, ritenendo “il testo pubblicato palesemente diffamatorio già dall’incipit”: “Abbiamo trovato non casuale e sinistro il fatto che sia stata rilasciata nell’immediata ricorrenza del Giorno della Memoria”, avevano scritto i due assessori. “Come non associare questa dichiarazione con il tristemente famoso programma T4…”. “Di fatto”, aveva osservato il gip, “l’articolo richiama invero alla mente del lettore una pagina drammatica della storia mondiale ed induce il lettore medio a reinterpretare in maniera distorta la dichiarazione di intenti del querelante, attraverso una forma espositiva che appare dunque inadeguata, sovrabbondante e gravemente infamante”.

Per la parte civile, “le frasi pubblicate dagli assessori hanno avuto il solo scopo di strumentalizzare e volutamente travisare le dichiarazioni del dott. Riccio in materia di Dat (le disposizioni anticipate di trattamento), al solo scopo di oltraggiare, offendere e denigrare la persona offesa”.

Sara Pizzorni

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