Cultura

Cesare Pezzarossa e due preziosi
tasselli di storia delle piene del fiume

In questi giorni, dalla sua infinita miniera di storia dei nostri territori, ha tirato fuori due documenti d’archivio che riaprono, decisamente, pagine importanti delle nostre e delle sue terre

Frammenti di storia ritrovati durante ricerche d’archivio, che aprono una finestra importante su importanti pagine di storia dei nostri territori fluviali. A “rispolverarle”, in questi giorni, è stato Cesare Pezzarossa, insigne e stimato storico di San Secondo Parmense che, da anni, dedica tempo, passione e competenza alle ricerche d’archivio, andando a ripercorrere e a valorizzare il passato delle nostre terre di pianura. Pezzarossa, che chi scrive queste righe si onora di conoscere, è uno che ama profondamente la sua terra, con una passione eccezionale per la storia. Un uomo a cui si deve dire “Grazie” per aver scelto di dedicare il suo tempo, da pensionato, a una passione che è un patrimonio prezioso a beneficio di tutti. Di recente ha anche tenuto conferenze organizzate dall’associazione culturale “Vicus Petiatus” di San Secondo; ha speso impegno e tempo nei mesi scorsi per guidare i giovani delle scuole superiori alla conoscenza della storia locale. In questi giorni, dalla sua infinita miniera di storia dei nostri territori, ha tirato fuori due documenti d’archivio che riaprono, decisamente, pagine importanti delle nostre e delle sue terre.

Giusto andare per ordine ed ecco che il primo documento è un vecchio atto di battesimo della parrocchia di Ragazzola datato 1578. La nota a fianco redatta dal parroco dice: “Ieri l’acqua del Po era in la chiesa di Ragazola al doi corsi (di mattoni) et tutte le case ereno piene eccetto la botega dil Paganino”. Il riferimento ad una delle più disastrose piene del Po che si ricordi, quella del 1578, è chiaro ed evidente. All’epoca era parroco di Ragazzola don Lodovico Barbieri, che guidò la parrocchia dal 22 luglio 1570 al 18 settembre 1595 (giorno della sua morte). La chiesa non era quella che si può ammirare oggi nel centro del paese, ma era quella precedente, che documentalmente figura pere la prima volta in una pergamena cremonese del 27 giugno 1271 (L.Astegiano: “Codex diplomaticus Cremonae”). Si tratta di un atto che riguarda una lite intercorsa tra Umberto De Grondono, chierico e sindaco del monastero di Castione Marchesi, e la famiglia Sommi, feudatari del vescovo di Cremona, il quale esercitava in luogo potere spirituale e temporale. Nel documento si fa cenno alla corte di Carpeneta o Carpeneto, nome con cui era in passato indicata l’odierna Ragazzola, confinante con il Po, l’argine, l’arginello e la chiesa di Umberto fu Pallavicino. Un particolare che, tra l’altro, dimostra che la chiesa fu fatta erigere o ricostruire dai Pallavicino, che ne avevano il giuspatronato: vale a dire che esercitavano il diritto di presentazione del sacerdote destinato a reggerla, la cui nomina tuttavia spettava al capitolo della collegiata di Pieveottoville che era la chiesa matrice del distretto. Fin dalle origini Ragazzola fu un rettorato, dipendente inizialmente da Pieveottoville poi da Busseto per divenire quindi autonomo al tempo della erezione, nel 1601, della diocesi di Borgo San Donnino. La chiesa, allagata dalla piena del 1578, fu demolita intorno al 1680 quando era parroco don Giulio Baroni, a causa dei danni pesanti provocati durante un’altra grave alluvione del Po. Sorgeva in località Budrio (che ancora non aveva questo nome): ubicazione che è da ritenere certa, come ebbe a dimostrare il rinvenimento, nel corso di scavi occasionali, dell’ossario del tempio. La nuova chiesa, quella attuale, fu eretta dai marchesi Pallavicino e, per ovvi motivi di prudenza, venne scelta un’area a maggior distanza dal Po, nei pressi dell’oratorio di Sam Rocco (tuttora esistente), che aveva già un secolo di vita.

In passato il nucleo più antico di Ragazzola si trovava in una posizione più ad ovest rispetto a quella attuale, verso Pieveottoville. Non a caso, ancora oggi, si trova il “Viottolo Piazza Vecchia”, a ricordare evidentemente il precedente centro storico del borgo. Borgo che, nei secoli, come gli altri circostanti, ha subito fortemente le influenze e, in particolare, le piene del Po.

Va aggiunto anche che nei secoli passati non esistevano gli argini e, quindi, le inondazioni del fiume, oltre ad essere più frequenti, avevano chiaramente effetti più pesanti sui paesi e sulle comunità.

Nell’area dunque oggi conosciuta come “Budrio” o “Budri” (dove purtroppo l’antico specchio d’acqua rischia sempre più di sparire portandosi via un’ampia pagina di storia locale) si trovavano un tempo la vecchia chiesa e il cimitero del paese, distrutti appunto dal fiume ed è qui che “enntra in campo” anche le leggenda, secondo la quale pare che in quel momento si trovasse, all’interno del sacro edificio, una ragazza, che sarebbe stata risucchiata dall’acqua e dal fango, insieme a tutta la chiesa, sprofondando così nel sottosuolo. Da qui e, quindi, dal “ragazza sola” sarebbe nato il nome del paese: Ragazzola.

Ma le narrazioni popolari sembrano non concordare troppo tra loro. Un’altra leggenda, infatti, dice che nella vecchia chiesa vi fosse in corso un matrimonio clandestino, o comunque contrastato dai familiari degli sposi, e che in quel momento la piena del Po fu dirompente e improvvisa spazzando via tutto, originando comunque, poi, il nome del paese.

Infine, un’altra leggenda, mista a storia, vuole invece che una devastante inondazione del Po abbia spazzato via tutto il paese, uccidendo i suoi abitanti. Secondo questa leggenda rimase in vita soltanto una ragazza. Da qui il nome Ragazzola. Narrazioni, dunque, che non concordano tra loro, ma che hanno anche alcuni elementi in comune: su tutti il fatto che, all’origine della vicenda vi sia stata almeno una piena del Po; la presenza di una antica chiesa e, comunque, di un fatto talmente importante da aver creato l’elemento di base per dare il nome al paese.

Cosa c’è di vero e cosa di falso? Domanda a cui, come sempre, è difficile dare una risposta. Dicerie popolari e pezzi di storia, ancora una volta, si mescolano. Un mix affascinante, misterioso, che rende ancora più interessante, e meritevole di essere approfondita, la storia locale.

Il secondo documento rinvenuto da Pezzarossa riguarda un’altra testimonianza dall’archivio parrocchiale di Roccabianca, in cui il parroco racconta della grande piena del 1801 e della successiva carestia del 1802, ricordando anche la decimazione del bestiame del 1794, e la piena del Taro del 1795. Ecco di seguito, anche se con frasi a volte un po’ incerte e parole che, talvolta, non si riescono a decifrare (ma il senso è chiaro) quanto scrive il parroco, a partire dalla alluvione del 1801: “Dopo l’acrescenza dell’acqua del Po di nove continui giorni dopo le possibili usate diligenze e da questa e dalla contigua società ruppe finalmente ai Casoni la mattina delli 13 corrente novembre 1801. Giunse l’acqua superiori la sera del giorno stesso nell’intera società dal Boscho con impeto noto che sopravanzavano gli argini maestri in più luoghi quasi un braccio fu tale l’assistenza l’impegno di questa società di Roccabianca che ad onta di tanta acqua e si impetuosa si era difesa. Non corrispondendo l’attività ed il zelo della comunità di superiori, Ragazzola , Pieve, Zibello. Ruppe in Ragazzola alla ora cinque della mattina del sabbado giorno 13 novembre dirimpetto alla Casa di Gallinella, Tale fu l’abbondanza dell’acque

[…] l’impatto, che rouvesciò più cose, perirono persone a [de…] Ragazzola ma ancora Pieve Zibello S.Croce, Roccabianca, Stagno Fossa e Rigosa. In mia chiesa ascese quasi le mense degli altari bassi, e la scala di mia canonica era coperta fino al decimo gradino. Appena la sera di Santa Catterina 25 andante era libera dalla mesesima l’andito di mia canonica la prima domenica d’avventom cioè il giorno 29 novembre l’uffizio liberamente in chiesa e vari v’intervennero specialmente dalla parte dell’argine del Po.

Anche l’an… d.o.de si dissero alcune alcune messe perché libero il santuario ed alcuni del paese vi intervennero mediante i battelli di loro uso. In tale intervallo morì quasi ottuagenaria l’Annunziata

Pasetti vedova Gianelli e fui necessitato trasportarla a Gramignazzo in barca e collà seppellirla col permesso di quel Rettore.

All’accedenza dell’acqua corrispose nella primavera ed estate del 1802 un estrema siccità per cui tutto il mersatico perì, e scarso fu altresi il raccolto della mellica. La mangia de bestiame furono ad un prezzo sommo ed il bestiame in decadenza.

Nel 1794 fu la mortalità nei bestiami che rippettè nell’anno 1799 per cui un pajp anche ordinario di vacche si pagavano cento pezza di Spagna.

Nel 1795 vi fu la […] inondazione del Taro che ruppe in Rigosa e lasciò de sedimenti perniciosi al terreno la prima il giorno 10, la seconda il 23 ottobre e l’ultima è venuta il di due novembre. Anche in questa inondazione perj tutto il seminato come tutto andò a lale per il il Po qui non esprimo la conseguenza della guerra e la molta pagata contribuzione.

All’esposto si aggiunga la carestia del 1800. Nella quale si pagava la mellica fino a f 110 lo stajp, il frumento 120 e così in proporzione altri generi.

Al solo commune di Roccabianca-Tollarolo contava 220 questuandi ogni mattina da […] sussidiari in tale circostanza altre più abbisognosi che arroscivano mendicare. Tutti però vissero – vissero bene ?

Nel 1801 in ragione della brina vi fu scarsezza di uva, che questa del nostro parte si vendettero fino f. 800 al carro, e sul cremonese si pagava un sovrano la brentina il vino ( la quale non è che di ….) cioè f. 140 la brenta.

Li 9 ottobre 1802 quasi improvvisamente finì di vivere nella Badia di Fontevivo in qual re collegio il nostro illustrissimo sovrano don Ferdinando I Infante di Spagna e dopo quindici giorni la Repubblica francese li pose in possesso de questi stati”.

Per quanto riguarda la inondazione storica del 1801, questa è ampiamente e diffusamente descritta da Francesco Luigi Campari nel suo celebre libro “Un castello del parmigiano attraverso i secoli”. Fu una delle inondazioni più disastrose di sempre e, tra i tanti accadimenti, va evidenziato e ricordato il gesto eroico del giovane pescatore Antonio Mainardi di Ragazzola che salvò la vita a numerose persone meritandosi una pensione vitalizia e la decorazione con la medaglia d’argento da parte del duca Ferdinando di Borbone.

Alle importanti memorie lasciate da Francesco Luigi Campari ecco aggiungersi questa testimonianza, ripresa da Cesare Pezzarossa, che riconsegna un ulteriore e prezioso tassello di storia del nostro fiume.

Eremita del Po, Paolo Panni

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