Francesco Sbolzani: il caos
la trottola e il genio creativo
Francesco, in questi giorni è fermo. Fisicamente, per un piccolo problema che a 84 anni non gli consente di muoversi con libertà. Ma, se il fisico è fermo la testa quella no, quella corre all'impazzata, elabora, crea
C’è un nido di rondine nel laboratorio di Francesco Sbolzani. E’ lì da anni: “Quando arriva la stagione, con le finestre aperte, entrano ed escono. Tornano ogni primavera”. Rivarolo del Re, via Ca de Vanni. Una vecchia cascina che poi era quella dei suoi avi. E’ la figlia Vanna ad accoglierci, chiedendoci scusa per la confusione del laboratorio. La confusione… il laboratorio di Francesco è uno degli spazi più intensi, ed interessanti che ci sia capitato di vedere nell’ultimo anno che volge al termine. La confusione è caos creativo, è ispirazione, è vita che pulsa in ogni oggetto, in ogni strumento, in ogni piccola cosa. C’è calore, e c’è vita in ogni luogo dove c’è arte. Anche nel caos.
Francesco, in questi giorni è fermo. Fisicamente, per un piccolo problema che a 84 anni non gli consente di muoversi con libertà. Ma, se il fisico è fermo la testa quella no, quella corre all’impazzata, elabora, crea. Ha ancora tante cose da dire, e da dare e lo spirito è ancora quello, denso di meraviglia, di 80 anni fa.
“Avevo 6 anni – ci racconta – e scappavo dall’asilo per andare nella falegnameria di Cortellazzi. Li lo aiutavo a fare le trottole. C’era il tornio a pedale, tutti i suoi strumenti. Scappavo dall’asilo ma poi le suore venivano a prendermi, sapevano dove trovarmi. Era un uomo buono il falegname, anche se qualche volta mi scappava da piangere perché a lui scappava di tanto in tanto una qualche bestemmia, ma mi voleva bene”. La scuola elementare, sempre con il tarlo del lavoro e della falegnameria, e poi dopo la quinta, in bottega ad apprendere il mestiere. Ma a Francesco interessava anche la scuola “Andavo dal maestro Federici a Fossacaprara a prendere lezioni private per l’avviamento. Allora chi non aveva soldi faceva l’avviamento”. La scuola serale di falegnameria (ebanisteria) a Cremona (dove adesso c’è il museo del violino) e di giorno in bottega da Stabili, a Casalmaggiore.
C’è una figura importante nella vita di Francesco. Dal punto di vista artistico forse la più importante di tutte. E’ la maestra Lucia Ronda di Casalmaggiore. “A lei devo tutto, mi ha insegnato a disegnare”. Come i maestri con un intuito fino, l’insegnante aveva capito che in quel ragazzino c’era qualcosa di unico.
Aveva talento, e genio creativo. I soldi erano pochi, per cui c’era il lavoro da portare a termine, ma a 27 anni la scelta di prendere il diploma: “L’ultimo anno della scuola d’arte ho deciso di farlo facendo unicamente quello a Reggio Emilia. Mi sono diplomato e mi hanno chiamato subito a lavorare”. Una ditta di Reggio Emilia specializzata in cucine e allestimento negozi lo vuole con se. Francesco è un creativo ricco di inventiva, un talento. “Disegnavo cucine e spazi vetrina. Andavamo in tutta Italia e a tutti i saloni del mobile e fiere. Ho lavorato lì per 16 anni, poi avevo voglia di fare qualcosa di nuovo”. Qualche altra ditta e poi la decisione di dedicarsi sino in fondo a una delle sue passioni, il restauro. Lavora il legno con maestria e nel frattempo frequenta mercatini vari acquistando tutto ciò che lo incuriosisce.
I creativi sono così: lui nei manici di scopa vede elementi per una seduta ergonomica (che poi realizza e brevetta), nelle vecchie serrature elementi di possibili opere, nei pezzi di legno figure. Nel presepe di quest’anno i tre Re magi sono tre pezzi di legno tarlato. Non ci avremmo mai pensato se non ce lo avesse fatto notare.
Dal 2008 poi la volontà di creare un albero di Natale per le festività. Non un albero comune. Quello lo si prende e lo si addobba a seconda del gusto. Un albero/istallazione che fosse anche un messaggio da dare a chi guarda. Nel 2008 il primo è realizzato interamente con bottiglie di plastica riciclate: “Era un invito a farne buon uso, e a riciclare perché poi quella è la stessa plastica che abbandonata nei campi entra nel ciclo vitale”. Intanto Francesco non smette di divorare libri, articoli, giornali. E’ un vorace lettore, una mente sempre in movimento.
Da un 84enne ti aspetteresti arte classica, lavori di stampo tradizionale ma basta girare per le stanze di casa sua per capire che l’artista Rivarolese è molto più avanti: un ragazzo capace ancora di pensare, di meravigliarsi, di mutuare tramite l’arte messaggi. L’albero dell’anno scorso, quello dedicato ai morti sul lavoro, è ora esposto in una cinquantina di comuni d’Italia. E’ stato preso come simbolo dall’ANMIL (Associazione Italiana Invalidi e Mutilati sul Lavoro). L’ANMIL glielo voleva pagare, dare un peso economico all’idea. Ma lui non ha voluto nulla. Gli interessa comunicare, dare un messaggio ancor di più se importante, darlo soprattutto ai ragazzi, e alle scuole.
L’albero di quest’anno è dedicato alle donne vittime di violenza. é formato da tre scarpe stilizzate messe in modo da ricodare la forma dell’albero di natale. “Tre scarpe di tre colori diversi – ci spiega – la rossa che è il simbolo della campagna contro la violenza sulle donne, quella trasparente perché spesso le donne vittime di violenza sono trasparenti, di loro interessa poco e infine la scarpa nera, dedicata a tutto quelle che sono rimaste vittime della violenza. Sotto la scritta Femminicidio, non giriamo i tacchi”, Un invito a non volgere lo sguardo dall’altra parte, a non far finta di nulla. Insieme all’albero uno scritto della poetessa Monteverdi di Casalmaggiore, e un QCode. L’opera è visibile a tutti, illuminata a sera. Una sorta di preghiera. Come una sorta di preghiera è lo splendido presepe nel quale l’artista ci ha messo del suo. C’è solo il bambino tra la paglia, i tre magi da immaginare e, a fianco, una colonna di oggetti poveri della tradizione contadina: tazze, scodelle, piatti. Una sorta di appello alla semplicità, un ritorno a quella festa fatta di cose semplici, di piccoli gesti e di sorrisi.
Invita le scuole Francesco. A vedere l’albero, e magari quando starà meglio, a fare un giro tra i mille oggetti. “A volte per veicolare un messaggio basta la semplicità concettuale. Uno può vedere un servizio TV e dimenticarselo il giorno dopo ma quando vedi un’idea, è più facile che ti resti impressa”.
Gli alberi degli anni passati li ha tutti conservati. Sono lì, tra le migliaia di cose accumulate, tra quelle sulle quali le sue mani sono già passate e quelle che attendono. Cornici, chiavistelli, porte, vecchi apparecchi in disuso. Un montacarichi ci porta in quello che una volta era il fienile. C’è caos anche qui. Ma è un caos bellissimo, inebriante. E’ un caos creativo. Vivo, come i pensieri di Francesco Sbolzani che continuano, inevitabilmente a correre. E’ questa la meraviglia: il non fermarsi mai. Ed è questo Francesco: un 84enne con qualche acciacco e lo spirito di un eterno bambino estasiato davanti a un tornio e a un pezzo d legno capace di diventare trottola.
Nazareno Condina (testo e foto)