Cronaca

I luoghi del silenzio, tra campagna
fiume e cielo, che parlano del passato

Luoghi, testimoni di un tempo andato, che in silenzio, e con distacco, osservano i cambiamenti di un mondo di cui non vogliono essere partecipi, ma solo spettatori

Ci sono luoghi del silenzio, nella nostra campagna, e intorno al fiume, dove tutto parla di un passato, laborioso e importante, che è il nostro. Corti, cascine, case coloniche, con secoli di storia alle spalle dove, nonostante nessuno viva da decenni, si entra in punta di piedi, in assoluto silenzio, per la paura di poter in qualche modo scalfirne la sacralità. Libri di storia, musei della civiltà contadina a cielo aperto, rimasti lì per essere conosciuti, e apprezzati, da quei pochi che ancora sanno apprezzare il valore di questi luoghi, custodi del tempo, della memoria e del lavoro dell’uomo. Vecchie stalle, cantine e fienili con architetture straordinarie; monumenti tenaci della nostra civiltà rurale che, pur con i segni del tempo, ricordano a tutti noi da dove veniamo, dove sono le nostre radici e ci parlano di chi ci ha preceduti. Luoghi in cui i pezzi di ferro non erano gli odierni marchingegni con cui basta pigiare due tasti per fare il “giro del mondo” o per parlare con chi sta dall’altro capo della terra. I pezzi di ferro erano asce, falci, roncole, badili, zappe, vanghe, martelli, aratri e tutti quegli strumenti che davano modo ai lavoratori, e alle lavoratrici di un tempo, di portarsi a casa, con tanto olio di gomito, e abbondanti dosi di sudore, la classica pagnotta. Gente che la miseria, la guerra e l’ha povertà l’ha conosciuta veramente. Gente che sapeva essere felice con poco, a volte anche con niente. Oggi abbiamo tutto, e nonostante questo, la tristezza e la solitudine dilagano in tante persone. Gente che la sera, d’inverno, si metteva seduta sulle ballette di paglia, nelle stalle, come in un continuo presepio vivente, per raccontarsi i fatti della giornata e fare quattro risate in compagnia mentre la brina, appena fuori, sferzava i campi in attesa dei nuovi raccolti di una stagione non così lontana. Luoghi, testimoni di un tempo andato, che in silenzio, e con distacco, osservano i cambiamenti di un mondo di cui non vogliono essere partecipi, ma solo spettatori. Un mondo in cui progresso, modernità, tecnologia e frenesia hanno portato a ben poco di buono. Luoghi nei quali, sì, entri in punta di piedi e in silenzio, ed esci con la malinconia, mentre l’ennesimo tramonto dipinge il cielo e la bruma si dipana tra le campagne, consapevole del fatto che mai vorresti andartene e, quasi inconsapevolmente, insieme ad una lacrima ti scappa un veloce, disordinato segno di croce, a ricordo di coloro che quei luoghi li hanno sempre vissuti, amati e custoditi.

Eremita del Po, Paolo Panni

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