Misteri

Misteri: viaggio nel paranormale tra
Parmense, Cremonese e Piacentino

Un itinerario tra fantasia, storia e mistero che, di certo, non può che rendere affascinanti queste terre di mezzo bagnate dal Po

Terra di storia e di silenzi, di eccellenze ambientali e gastronomiche, terra di pace e di colori, di profumi e melodie d’autunno. Ma anche terra di misteri e di leggende che rendono, il Grande fiume, ancora più affascinante.

Senza entrare nel merito di ciò che può essere vero e puro frutto della fantasia umana (non avendone né i titoli né le capacità), bisogna dire, limitandosi ai soli e cosiddetti fantasmi che quell’area del medio Po compresa tra le province di Cremona, Parma e Piacenza è ricca di casi in cui mistero, storia e leggenda si fondono, creando uno spettacolare, e suggestivo, itinerario all’insegna del mistero.

Partendo dalla sponda sinistra del Po, direttamente dalla città di Cremona, ecco che uno dei più insigni ed imponenti palazzi del centro storic è da tempo avvolto da un mistero dai risvolti lugubri. L’edificio in questione è lo splendido Palazzo Barbò, edificato nel 1837 su progetto dell’architetto Carlo Visioli per la nobile famiglia Barbò. Nel lato sud del cortile, un passaggio introduce al giardino, anch’esso decorato con prospettive illusionistiche e paesaggistiche, tutte opera dello stesso pittore. E’ proprio il giardino che, da tempo, sarebbe sede al centro di misteriose e strane apparizioni, quelle di una figura diafana che si aggirerebbe tra gli alberi. Se ne parla anche nel volume “Italia dei fantasmi – La prima mappa dei fantasmi” (Editrice Grafica L’Etruria) di Giorgio Harold Stuart.

Nel palazzo, a metà dell’Ottocento visse Spirito Scarpellini insieme alla moglie Fiammetta Eriberti e, da tempo, si dice che in un giorno di primavera l’uomo abbia ucciso la consorte, proprio nel giardino. Questo sarebbe accaduto prima del passaggio della proprietà dell’immobile alla famiglia Meroni-Dovara.

Di fatto, Fiammetta Eriberti scomparve all’improvviso nel nulla. Da subito lo Scarpellini, a causa anche delle classiche voci di popolo, venne additato come l’omicida della moglie. Omicidio che sarebbe stato dovuto alla sua grande gelosia.

L’uomo negò sempre le accuse, sostenuto anche da non pochi innocentisti. All’epoca l’uomo ha sempre riferito che la donna, graziosa ma irrequieta, lo aveva semplicemente abbandonato.

Dove sta la verità? Non è mai stata individuata né svelata. L’unica certezza è che la donna non è mai stata ritrovata, come non è mai stato ritrovato, nemmeno negli anni successivi, il suo corpo. Sparita quindi nel nulla, senza colpevoli, senza certezze, senza spiegazioni.

Da allora, secondo la leggenda, pare che, specie nelle notti uggiose di primavera, in più occasioni sia stata notata una figura diafana spostarsi all’interno del giardino. Forse lo spirito di Fiammetta Eriberti? Non è ovviamente dato sapersi e, quindi, la leggenda è destinata a restare tale. Tuttavia non sarebbe il solo fantasma ad aggirarsi per il centro di Cremona. Infatti da tempo si dice che anche a Palazzo Cattaneo, in via Oscasali, in più occasioni sarebbe stata scorta una misteriosa e minuta figura, pare quella di una bambina che giocherebbe a palla. Una vicenda, anche questa, totalmente avvolta dal mistero.

Ad una manciata di chilometri da Cremona, tra le tante storiche e splendide corti che impreziosiscono la campagna cremonese, rimaste ancora oggi a testimoniare la laboriosità di un territorio che, da secoli, gioca un ruolo da protagonista nel sistema agricolo della Pianura Padana, spicca la meravigliosa, imponente cascina Alluvioni di Brancere di Stagno Lombardo. Immersa nel verde e nel silenzio della campagna lombarda, a un tiro di schioppo dall’argine del Po, la cascina versa da anni in stato di abbandono che tuttavia non le toglie quel fascino che la contraddistingue e non scalfisce la storia, a tanti sconosciuta, che la accompagna.

Un simbolo di cultura agreste e di laboriosità che, nonostante i crolli già evidenti e la situazione di rovina in cui versa, non deve in nessun modo andar perduto. A rendere prezioso il grande complesso spiccano la splendida limonaia con le sue interessanti architetture e, a poca distanza, in mezzo ai campi, l’antica cappella gentilizia della famiglia Germani, il casato che in passato era proprietario della cascina.

Qui, a due passi dai loro possedimenti, in mezzo ai loro campi, i Germani hanno voluto riposare, come a volersi legare per sempre al luogo in cui hanno trascorso l’esistenza. L’ultimo di loro, secondo quanto si tramanda, sarebbe stato sepolto alla fine del 1800.

Da allora nessun membro della famiglia vi è più stato tumulato ma è proprio attorno alla cappella gentilizia, realizzata in marmo bianco, che, da tanti anni, si tramanda una leggenda. Quella di un fantasma a cavallo che, nelle notti di luna piena, sarebbe apparso a più testimoni ed a coloro che, per curiosità o altro, avrebbero cercato di introdursi nel tempietto funerario.

Secondo la leggenda si tratterebbe della figlia dei vecchi proprietari, scomparsa secoli fa in età prematura, che si manifesterebbe avvolta da lunghe vesti, in sella ad un cavallo bianco.

La leggenda è finita anche sul già citato libro Italia dei fantasmi di Giorgio Harold Stuart pubblicato nel 1988 da Editrice Grafica L’Etruria. Secondo quanto riporta il volume di Stuart, i fatti anomali segnalati, in varie epoche, intorno alla cappella sarebbero da attribuire al fatto che le sepolture sono state effettuate in terra sconsacrata.

Il libro non parla di una ragazza (o bambina) ma attribuisce il fantasma al “vecchio” Germani, fervente garibaldino e descrive anche quanto accaduto ad un gruppo di persone che, in tempi passati, spinti dalla curiosità, si introdussero nella proprietà privata. Non credendo alla leggenda decisero di trascorrere qualche ora, in piena notte, accanto alla cappella funeraria e, ad un tratto, udirono un rumore metallico provenire da una delle tombe.

Poco dopo, stando sempre al racconto di Giorgio Harold Stuart, videro (o furono convinti di vedere) un cancelletto aprirsi e, ad un tratto, apparve una figura umana, non ben definita, di colore biancogrigio e, a quel punto, terrorizzati, fuggirono. Come sempre accade in questi casi, non è facile distinguere la realtà dalla fantasia ed è giusto che la leggenda possa continuare, tramandata dagli abitanti del paese rivierasco, che la tengono viva.

Spostandosi sulla riva opposta del Grande fiume, anche la terra Parmense è caratterizzata da casi singolari e misteriosi. A Roccabianca, nel suggestivo castello che svetta nel centro del paese, vagherebbe lo spirito di Bianca Pellegrini: la stessa di Torrechiara, amante di Pier Maria Rossi. A pochi chilometri da Roccabianca, ed esattamente a Sissa, nella Rocca dei terzi si dice che vagherebbe il fantasma di Vittoria Terzi, vissuta nel XV secolo, figlia di Guido Terzi e di Paola Lanfranchi. Celebre, soprattutto localmente, è la storia del suo amore, non vissuto, con Morello da Parma, familiare di Galeazzo Sforza.

Nel 1471, esattamente 550 anni fa, fu proprio Morello, facendo leva sul suo legame con lo Sforza, a chiedere che Vittoria venisse rimessa in libertà, in quanto sua sposa. Come si legge anche nel libro “Sissa Trecasali – Studio sulla storia, le fonti di archivio e le condizioni di un territorio della Bassa Parmense” (Volume I – Strumenti) di Luca Grandinetti, agente di polizia locale con una immensa passione per la storia (è fondatore e anima anche della Consorteria Dimore Storiche Minori), la madre l’aveva forzatamente rinchiusa nel Convento di San Domenico a Parma. Il Duca di Milano coinvolse pure la curia vescovile di Parma al fine di verificare se fosse seguito il matrimonio, ma fu accertato il no. In particolare, il 15 maggio, il vicario vescovile si recò personalmente a Sissa per interrogare sia la madre che i fratelli, Panfilo e Gianmaria, nel merito.

Di conseguenza Vittoria non venne mai liberata e i due innamorati non si video mai più. Secondo la tradizione, pare che in certe notti silenziose del mese di maggio, si sentirebbero dei colpi (simili a pugni) provenire dal piano nobile e si tratterebbe di quelli dati dalla disperazione di Vittoria. Tra l’altro, una persona che per un certo periodo ha avuto l’ufficio al piano terra della Rocca dei Terzi, riferisce di aver udito, una sera, strani rumori provenire dalle sale superiori. Rumori simili a boati, come si ci fosse stato un gigante. Dall’immediata verifica nei locali interessati non è però emerso nulla e quindi potrebbe anche essersi trattato di suggestione. Una vicenda comunque interessante, in cui tradizione e leggenda, ancora una volta, creano un curioso e speciale mix che affonda le proprie basi nella storia, quella di una imponente dimora, recentemente restaurata e restituita al suo antico splendore, che dista appena tra chilometri dal Grande fiume e che vanta il torrione più alto della Bassa Parmense (27 metri). Un complesso costruito probabilmente nel secolo XIV dai Terzi che ne erano feudatari, più volte modificato in ordine alle esigenze difensive dei vari periodi storici, ma che ha saputo conservare intatto il torrione, che sovrasta due ali più basse che hanno modificato le preesistenti strutture medioevali. Dalla seconda metà del Cinquecento in poi la parte esistente delle vecchie murature ha subito numerosi riadattamenti sino ad assumere, nel Settecento, la tipica impronta di residenza signorile.

Meritevole di interesse è, in particolare, l’orologio della torre, col suo raro meccanismo in ferro, voluto dai Terzi e databile tra il 1450 e il 1550. Composto da due treni, rispettivamente per il tempo e la suoneria movimentati dalla caduta di pesi, è dotato di un sistema di scappamento a verga, caterina e bilanciere. Uno strumento prezioso, perfettamente funzionante grazie al lavoro eseguito da Alberto Gorla in primis e poi conservato da Luca Grandinetti ormai diversi anni fa. Molto rari sono anche i graffiti che si possono ammirare nell’ambiente sottostante la cella campanaria del mastio, adibito ad hospitale per i pellegrini a partire dalla seconda metà del ‘400 per volere di Apollonio Terzi. Sissa si trovava, infatti, su un percorso alternativo che collegava la Lombardia con Parma riallacciandosi alla via Francigena e alla via di Linari. Interessante pure la campana fusa nel 1548 per volere di Francesco e Panfilo Terzi. Originariamente movimentata meccanicamente e decorata con icone e versetti del Vangelo di Giovanni, aveva la funzione, assieme all’orologio, di scandire il tempo delle attività istituzionali, oltre che quelle nei campi e nei mercati. All’interno della Rocca, proprio tra gli ambienti in cui si aggirerebbe il fantasma di Vittoria, spicca l’affresco del Giorno che scaccia la notte di Sebastiano Galeotti nella sala che, per molti anni, ha ospitato le riunioni del consiglio comunale.

A Colorno si parla da tempo di fantasmi che si aggirerebbero tra le mura fatiscenti dell’ex Ospedale Psichiatrico, da tempo ridotto in stato di abbandono, mentre nella terra del culatello, a Zibello, come dimostrato anche da accertamenti effettuati dal gruppo Emilia Misteriosa (di cui si è ripetutamente parlato anche in una trasmissione Rai), sembra essere piuttosto intensa l’attività paranormale all’interno del cinquecentesco ex convento dei Padri Domenicani che, nel corso dei secoli, è stato anche ospedale e quindi luogo di sofferenza. Sempre a Zibello si parla di misteriose “presenze” anche all’interno del centralissimo Palazzo Pallavicino, simbolo indiscusso del paese e in una vecchia corte di campagna, da tempo abbandonata, denominata Belpiano, già residenza estiva dei Rangoni di Modena.

Spostandosi infine nella provincia di Piacenza (che, per numero di casi segnalati dalla pianura ai monti, può essere considerata la provincia più infestata d’Italia e, a riguardo, si consiglia la lettura del volume “Piacenza Misteriosa” di Paola Cerri, Gabriele Dadati e Barbara Tagliaferri edito da Officine Gutenberg) ecco che partendo dal borgo di Calendasco va ricordato che nel castello del paese, il 13 settembre 1572 fu ucciso il cavaliere Lodovico Confalonieri.

A compiere il delitto, a suon di stilettate, dopo un agguato, fu il nobile piacentino Antonello dè Rossi che intratteneva una relazione con Camilla, moglie del Confalonieri. Quest’ultimo, ogni anno, nell’anniversario della morte, e quindi il 13 settembre, darebbe segni della sua presenza fra le mura del maniero. Ma ci sarebbe anche un altro spirito a rendere misteriose le vicende di Calendasco. Da tempo infatti si afferma che nientemeno che negli uffici del comune si aggirerebbe l’entità di un benefattore, indignato per il fatto che, a suo tempo, gli amministratori sperperarono i beni che lui aveva lasciato per i poveri.

A Monticelli d’Ongina, all’interno della Rocca Casali, sarebbe, protagonista, una giovane donna, Giuseppina, assassinata nel 1872 da Giuseppe Modesti. La colpa della giovane fu quella di aver rifiutato le avances dell’uomo che riuscì anche a sottrarsi alla pena capitale con una rocambolesca fuga dalle prigioni di Parma, finendo poi come ufficiale nell’esercito francese. Mantenendosi nel cuore della pianura, tra la Val d’Arda e le rive del Grande fiume, ecco una delle più “fresche” segnalazioni, riguardanti l’abitato di Soarza di Villanova d’Arda. Qui, nel 2000, un pensionato, di nome Egidio Cerioli, affermò di aver fotografato i fantasmi che, da 15 anni, si muovevano fra le mura della sua casa. Presenze a quanto pare nocive dato che l’uomo ebbe problemi alla vista, così come ebbero problemi analoghi le sue cagnette. Le foto scattate fanno emergere delle macchie biancastre (simili ai classici Orbs).

Il pensionato le ha sempre attribuite alla presenza di misteriose forze capaci di palesarsi di giorno e di notte. Nella poco distante Croce Santo Spirito di Castelvetro Piacentino, invece, all’alba, è stata più volte notata una misteriosa dama aggirarsi per i campi. Sempre sulle rive del Po, da molti anni si parla di una chiesetta (ma la località non è nota) in cui ogni sera suonava un organo, da solo, per tutto il tempo del Rosario. Un fatto molto curioso che cessò in inverno per riprendere d’estate, a mezzanotte, con la luna piena, con l’organo che, tuttavia, suonò da morto. Si dice anche di un contadino che, di giorno, andando a lavorare accanto alla chiesetta, scomparve nel nulla. Allora la gente iniziò a pensare che l’edificio fosse stregato o invaso dal maligno, e così lo distrusse ricostruendolo al cimitero. Infine anche la città di Piacenza non è certo esente da vicende inquietanti e misteriose. Una delle più popolari riguarda quella di Palazzo Landi dove sarebbe apparso, nel Cinquecento, il fantasma di Giulia Landi. Vi è anche una testimonianza scritta, a riguardo, firmata dal conte Agostino e datata 1551. Si tratta di una lettera in cui descrive di aver assistito a varie apparizioni della moglie Giulia, deceduta nel 1546 a causa di una febbre puerperale. La donna gli aveva dato qualcosa come 12 figli in 13 anni di matrimonio. Agostino Landi morì poi nel 1555, avvelenato da un sicario del duca Ottavio Farmese. Fatti recenti, in città, riguardano invece Palazzo Mercanti dove, in più occasioni, sarebbe stato visto aleggiare lo spirito di un uomo con indumenti d’inizio Novecento.

Un itinerario tra fantasia, storia e mistero che, di certo, non può che rendere affascinanti queste terre di mezzo bagnate dal Po.

Eremita del Po, Paolo Panni

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