Torrile, la mostra sulle scale (la
cultura e l'arte non hanno luogo)
Può, un qualunque luogo, divenire spazio d'arte, di cultura, d'insegnamento, di testimonianza, di dolore e di bellezza? Sì, senza dubbio. Torrile lo dimostra, con coraggio. Una bella iniziativa che abbiamo apprezzato, per quello che racconta e per tutto quello che sottende...

All’Amministrazione di Alessandro Fadda va dato sicuramente un merito. Quello di saper rischiare. Entrare in un palazzo comunale una domenica mattina, e solo per gustarsi una mostra fotografica (e che mostra!) non è da tutti. Abbiamo cercato la risposta ad una domanda (retorica, lo ammettiamo, che per noi aveva già una sua soluzione) che ci frullava dentro: può un luogo in cui solitamente si fa tutt’altro trasformarsi in uno spazio d’arte? Può uno spazio divenire piccola stilla di cultura quando in genere non è delegato a esserlo? La risposta è sì, senza alcun dubbio.
The Village, di Catalina Isabel Nucera, è una mostra con elevato peso specifico. Una di quelle che non possono lasciare indifferenti. E’ la storia, tratteggiata per istantanee di vita (di morte e ancora più forte di vita) del villaggio Bielorusso di Kirov che, come spiega la stessa fotografa italo argentina “E’ il teatro di una fiaba nera: a scuola, in chiesa, nelle case con gli steccati dipinti di colori accesi – costruite qualche metro più in là del punto in cui sorgevano prima del disastro – si respira un’energia misteriosa e impalpabile. Kirov contiene un segreto: come e perché si continua a vivere in un luogo di morte? Kirov è un luogo fuori dal tempo dallo spazio. Il passato qui è troppo pesante da ricordare e il futuro troppo difficile da immaginare: quali saranno, negli anni, le conseguenze della contaminazione sulla salute di questa gente?”. Kirov è un luogo che resta tale, altamente contaminato dal disastro nucleare di Chernobyl, che continua a vivere. A pulsare, ad andare avanti nel quotidiano anche se nessuno ci va più.
C’è chi resta. Ci sono i colori, il piccolo ambulatorio medico, i giochi e le recite dei bambini. Ci sono ragazzini, mamme e nonne, i giochi, gli steccati delle case. C’è il silenzio dei luoghi e c’è la vita degli stessi. La vita, la morte e ancora la vita. “Il ricordo del disastro rimane negli archivi polverosi della biblioteca, nei barattoli delle conserve stipati nelle dispense, nel tessuto carnoso dei funghi contaminati da cesio 137 e stronzio 90 che a Kirov la gente ama raccogliere e mangiare, ma sbiadisce dalla memoria di chi, per continuare a vivere, preferisce dimenticare”.
La mostra è dislocata lungo la scala che porta dall’androne di accesso del comune di Torrile al primo piano. Una sorta di ascesa che ti permette di inquadrare istanti, opachi e luminosi, pesanti ed essenziali. Il vuoto, la vita, il vuoto e ancora la vita nella forma in cui si dipana.
Oggi, in comune, arriveranno le scuole a vedersela la mostra. E ad accoglierle ci sarà proprio la fotografa in quell’insolito spazio d’arte che si fa nobile. Parlerà delle conseguenze del nucleare, di quei bambini, dei tanti che se ne sono andati e di chi resta, aggrappato alla vita con le unghie. Una lezione su una scala. Una bellissima lezione, il luogo non conta.
Può, un qualunque luogo, divenire spazio d’arte, di cultura, d’insegnamento, di testimonianza, di dolore e di bellezza? Sì, senza dubbio. Torrile lo dimostra, con coraggio. Una bella iniziativa che abbiamo apprezzato, per quello che racconta e per tutto quello che sottende…
Nazzareno Condina