Santo Stefano, il palazzo Abbaziale
nelle giornate del FAI: uno splendore
"Io sono convinto che sarà appunto questo stupore creato nel passato a dare ancora una possibilità al futuro di sognare", conclude don Claudio. La sua battaglia per difendere la bellezza diventi anche quella un po’ di tutti – per dare una nuova possibilità al territorio casalasco anche dalle meraviglie ancora da scoprire
E dire che un tempo, quelle maestose strutture accoglievano il vociare e le corse dei bimbi, le varie attività parrocchiali. Almeno nelle stanze che si potevano utilizzare. E una delle ultime stanze (quella con la scala in legno, che in tempi antichi fu cucina) serviva ai ragazzini più temerari – quelli alla perenne ricerca di avventure – per arrivare sino alla ripida scala che portava (e non senza fatica) al vertice del campanile o ai camminamenti, quelli ancor più difficoltosi per la presenza di strettoie, buio e calcinacci, sino al culmine della cupola.
Quegli antri – edificati ad inizio del ‘700, nascondevano tesori: alcuni (gli incunaboli antichi e un buon numero di libri) andati perduti per sempre o, meglio, custoditi adesso in qualche casa in tempi in cui tutto veniva lasciato alla mercé non solo di ragazzini avventurosi ma pure di avidi sparvieri che sapevano quello che andavano a fare e prendere. Erano gli anni 80, del secolo scorso, anni ormai lontani. Per capire, nella biblioteca, quel che manca basterebbe il riscontro con i vecchi indici, quelli precedenti all’attento lavoro di catalogazione del notaio Cirani fatto quando ormai tanti testi erano spariti. Anni ormai lontani.
Quel tempo girava così: poca voglia di occuparsi delle strutture, pochissimi fondi a disposizione, parroci che per scelta e inclinazione, erano molto sensibili dal punto di vista umano e un po’ meno rispetto ai patrimoni. Tradizione casalasca antica, anzi antichissima a dire il vero. Di scelte che al giorno d’oggi troviamo opinabili, col senno del poi che a ben poco serve, Santo Stefano è maestro. La Chiesa stessa custodiva una Pala (la Pala di Casalmaggiore) del Parmigianino che oggi è custodita a Dresda. In quel caso (come nel caso della Madonna di Casalmaggiore del Correggio, andata purtroppo perduta) a vendersela furono i sacerdoti e la comunità. Niente di illecito. Scellerato sì sempre con quel maledetto senno del poi, ma non illecito.
Oggi però volevamo parlarvi d’altro. E lo spunto ce lo offre la giornata del FAI che finalmente, e dopo tanti anni, permetterà ai visitatori di rendersi conto di un attento lavoro di recupero. Nessuno lo avrebbe detto. Dietro un sottilissimo strato d’intonaco posto inopinatamente in tempi antichi, c’erano le pareti affrescate. Tutto quello che è stato possibile recuperare (o quasi tutto, poiché servirebbero altri fondi per portare definitivamente a termine i lavori) è stato riportato all’antico splendore. E qui il mio lavoro di cronista si ferma. Poiché quel lavoro, in maniera ottimale, lo hanno già fatto gli ottimi cronisti parrocchiali. Quello sotto è il testo pubblicato sul sito della parrocchia.
“È stata come una rivelazione” ha detto più volte il parroco don Claudio Rubagotti parlando della bellezza perduta di un luogo abbandonato dal tempo. Perché il Palazzo Abbaziale ha vissuto una vita invisibile per molti anni; un immenso edificio nel cuore di Casalmaggiore ignoto a molti. Si fa intravedere in una parte della sua facciata, se si ha la dovuta attenzione, dal portone ad angolo di via Guerrazzi. Eppure quel maestoso palazzo vescovile, costruito agli inizi del Settecento, sta tornando a mostrarsi in tutte le sue meraviglie: dal monumentale scalone a due rampe decorato, agli appartamenti di rappresentanza con soffitti a cassettoni, serramenti preziosi e decorazioni murali rimaste conservate sotto uno strato d’intonaco. Senza dimenticare l’antica biblioteca parrocchiale, che custodisce ancora oggi testi antichi e rari in armadiature d’epoca.
Dopo più di vent’anni di silenzioso ma dispendioso lavoro di cura e manutenzione, il Palazzo aprirà le sue porte per sorprendere il pubblico con i suoi tesori un tempo nascosti. L’occasione è il weekend del 15 e 16 ottobre 2022, durante le Giornate FAI d’Autunno, che apre le porte di numerosi luoghi poco conosciuti per stimolare la collettività alla conoscenza del patrimonio culturale italiano e della sua fragilità e, attraverso la raccolta fondi, chiedere il supporto di tutti per evitare nuovi degradi. Le visite, a libero accesso e senza prenotazione, si terranno il sabato e la domenica dalle 10 alle 18, con ultimo ingresso alle ore 17:40; la durata è di circa 40 minuti circa con partenza ogni 20 minuti. Per sostenere la tutela e la conservazione del Palazzo, in linea con lo spirito dell’iniziativa FAI, ai partecipanti verrà suggerito un contributo di partecipazione a partire da € 3,00.
«Il mio sogno sarebbe raccogliere fondi perché il Palazzo possa tornare a stupire, è il patrimonio e la storia di una parrocchia e di una città intera» ha detto don Claudio nel lanciare l’appello alla cittadinanza a partecipare attivamente alla nuova vita dell’edificio. Ci è voluto un po’ di tempo, infatti, perché l’edificio e le sue meraviglie tornassero a farsi conoscere al mondo; le cose preziose sono vulnerabili all’indifferenza. Costruito all’inizio del XVIII secolo dall’Arciprete e Vicario Foraneo don Vermondo Fantini, l’ultimo abate parroco a risiedervi fu monsignor Luigi Brioni. Per evitarne il decadimento a partire dal nuovo millennio, l’allora parroco don Alberto Franzini prese la decisione del lungo percorso di recupero architettonico e pittorico, cominciato nel 2010 grazie anche al contributo della Fondazione Cariplo. Cominciarono così i lavori di mezza in sicurezza della struttura, per di più compromessi dal terremoto del 2012.
Al termine di queste operazioni, è iniziato il restauro dell’apparato decorativo ad opera delle professioniste dello Studio Blu. Nel pieno rispetto dei vincoli dettati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, i lavori hanno così restituito lo stile originale degli ambienti. Dal grande scalone che ha nel soffitto un dipinto raffigurante un ascensione, alle stanze con preziose decorazioni pittoriche, dove elementi ornamentali si alternano a tondi con busti forse identificabili con i grandi poeti della cultura greco-romana; senza dimenticare la maestosa sala rossa, con le statue dipinte di Giustizia e Temperanza che incorniciavano l’ingresso, oggi murato, dell’alcova con la “Gloria della Vergine”. In parallelo ai lavori di restauro del Palazzo Abbaziale, sono stati realizzati importanti interventi di restauro anche sull’antico ingresso situato a est, nelle mura di cinta che delimitano l’area dell’oratorio. La struttura era da tempo soggetta ad incuria e aveva subito anche gravi danni a causa di terremoti e minacciava seriamente la sicurezza dei passanti.
“Io sono convinto che sarà appunto questo stupore creato nel passato a dare ancora una possibilità al futuro di sognare”, conclude don Claudio. La sua battaglia per difendere la bellezza diventi anche quella un po’ di tutti – per dare una nuova possibilità al territorio casalasco anche dalle meraviglie ancora da scoprire.
Nazzareno Condina & parrocchia Santo Stefano (FOTO: Studio Blu)