Lettere

Si sta sempre meglio
qui (su questa riva...)

da Eremita del Po, Paolo Panni

Caro Direttore,

Non deve destare stupore alcuno, ormai, il fatto che con l’approssimarsi di qualche tornata elettorale, nazionale o locale che sia, si assista ad un risveglio dei pretendenti ai vari “scranni vellutati” che, dopo un lungo e comodo torpore, “risuscitano” (ben oltre il terzo giorno) e si accorgono, più o meno miracolosamente, dei problemi esistenti e persistenti da anni. Ci sono quelli che compaiono al mercato settimanale e distribuiscono “santini” e pieghevoli in gran quantità e stringono la mano a chiunque; quelli che si fanno la foto con l’abito buono per portare i loro faccioni sulle varie rottamaglie metalliche che lordano i nostri paesi; quelli che coniano nottetempo lo slogan del giorno; quelli che si mettono improvvisamente ad andare in chiesa tutti i giorni; quelli che partecipano regolarmente ai funerali di chiunque, fosse anche il loro peggior nemico e quelli che smerciano inviti a cene, pranzi e aperitivi. Cosa non si fa per un voto in più. Di fronte ai problemi del territorio, guarda caso, hanno immediatamente la soluzione pronta, fattibile, capace di sistemare tutto e subito. Problemi, come anticipato, esistenti e persistenti da anni, ben noti alla gente comune, quella che dorme poco e male e fatica a portare a casa la pagnotta tutti i giorni (e le avvisaglie che ci sono, senza fare l’uccellaccio, fanno immaginare che a breve anche la pagnotta diventerà un lusso per molti…ma non per tutti).

Sui diversi e comodi velluti della politica può capitare, in effetti, di assopirsi, risvegliandosi saltuariamente, quando magari il pancino ha un languore e allora si corre a mettere i piedi sotto a qualche tavolo, magari a spese altrui?

A volte, purtroppo, tra distrazioni, pensieri, “martellamenti” anche il popolo può assopirsi e la nebbia, tipica tra le terre del Po (laudata e benedetta, per interesse, da pochi, e maledetta da molti) forse entra anche ad ovattare i ricordi e le memorie. E’ allora bene dare una rispolverata al passato recente, perché è sul passato che si costruisce il presente e si modella il futuro. E’ bene pertanto ricordare quanto le terre emiliane del Po, tra la Bassa Parmense e quella Piacentina, senza andare tanto lontano, siano state considerate dalla politica (tutta, di destra e di sinistra indistintamente, passando per il centro).

Si pensi per esempio alla viabilità. “Casualmente” (s’intende), dopo la tragedia del ponte Morandi di Genova, ci si è accorti che alcuni ponti dei nostri territori avevano un po’ di acciacchi. Così, da qualche anno ormai, funzionano a mezzo servizio (e senza alcuna certezza circa la loro sistemazione, messa in sicurezza e conseguente riapertura), e lungo strade provinciali, il ponte sul Taro tra Roccabianca e Sissa Trecasali; sul Rigosa Nuova tra Ragazzola e Soragna; sullo

Stirone tra Soragna e Fidenza e sull’Ongina tra Busseto e Besenzone, per arrivare fino al famigerato ponte sul Po “Giuseppe Verdi”, ormai protagonista di una triste e desolante storia infinita. Senza dimenticare il ponte “Pezzino” tra Busseto e Sant’Agata Verdi, chiuso dopo oltre un secolo di onorato servizio, con buona pace del turismo verdiano (si ricordi che turismo fa rima con economia) e degli imprenditori, agricoli e non, del territorio. Per questo ponte, giusto precisarlo, sono stati stanziati i fondi ma, fatti alla mano, ad oggi continua ad essere chiuso. Sempre in tema di viabilità che dire della promessa, a mezzo stampa, circa la realizzazione di sottopassi ferroviari in quel di Villanova sull’Arda e Busseto per risolvere l’annoso problema dei passaggi a livello? Se qualcuno ha per caso visto l’avvio di cantieri batta un colpo, nel frattempo proseguono le peripezie e le penitenze lungo strade inadeguate, oltre che indegne di un Paese che dice di essere tra i più sviluppati al mondo. Strade che, nel terzo millennio, portano decine di camion al giorno ad attraversare il centro di piccoli paesi di campagna, spesso costellate di buche, crepe ed avvallamenti che le rendono una minaccia per chiunque ma cosa si è fatto per sanarle? Semplice: si sono posizionati, anche ben fuori dai centri abitati, limiti di velocità a 50 e addirittura a 30 km/h e si è “risolto il problema” con una levata di spalle, o una lavata di mani degna del miglior Ponzio Pilato. Giusto per migliorare la viabilità, e per “non” mettere alla prova la pazienza della gente (giusto ricordare che le persone sono anche elettori oltre che contribuenti), sempre più spesso spuntano autovelox (per quelli ci sono fondi, mezzi e tutto il necessario) ma non azzardatevi a dire che servono a fare cassa perché vi diranno sempre che sono per la vostra sicurezza. Con la speranza che, quantomeno, gli incassi vadano a sanare le strade e non a sostenere eventi di dubbio gusto o luminarie natalizie altrettanto discutibili.

Si passi poi al tema, sempre “caldo” e attuale della sanità. Se ormai, in tempi quasi “preistorici” avevamo ospedali organizzati, con tanto di comparti operatori e reparti di maternità, come accadeva in quel di San Secondo Parmense e di Cortemaggiore, la “riorganizzazione dei servizi” (come è stata definita dagli esperti per farvela bere con il più classico politichese) ha portato a creare, in quelle strutture, servizi sanitari certamente utili e importanti, ma non certo ospedali. Oggi, anche per il più piccolo degli interventi, si è costretti a recarsi in città: e giusto per fare un altro sgarbo alla Bassa, il nuovo ospedale di Fidenza (presentato come struttura a servizio della Bassa stessa) è stato realizzato a ridosso dei colli salsesi, vale a dire più lontano del precedente. Ma non azzardatevi a fare i “capricci” e a rivolgervi all’ospedale più vicino (Cremona) perché è fuori regione (alla faccia del Sistema sanitario nazionale) perché potreste far arrabbiare qualche incravattato dal deretano piatto e pelato (benpensati e moralisti leggano sempre politici) che potrebbe dirvi che

siete un costo. Al sottoscritto è accaduto di sentirsi definire così; ma mi limito a dire che, in quella occasione, l’incravattato ha trovato sulla sua strada un brutto ceffo (chi scrive queste righe) e la cravatta ha rischiato di mangiarla.

Giusto per non farci mancare nulla e per penalizzare ulteriormente il territorio, da ormai molti mesi è stato chiuso l’ospedale “Giuseppe Verdi” di Villanova sull’Arda e l’Unità spinale, che era ed è una eccellenza italiana, è stata trasferita altrove con la promessa di creare, nella struttura di Villanova, il nuovo Centro paralimpico nazionale del Nord Italia, con buona pace del maestro Verdi che, quell’ospedale, lo aveva voluto, fondato e pagato (di tasca sua) per destinarlo ai poveri e ai bisognosi del territorio. Ma tant’è; anche le volontà testamentarie per la politica lasciano il tempo che trovano no? Nel frattempo che succede al nuovo Centro paralimpico? Come mai i lavori, avviati, sono fermi de mesi? Per caso qualcosa si è inceppato? La gente (elettori e contribuenti) ha il sacrosanto diritto di sapere in nome della tanto beneamata e decantata trasparenza no? Nel frattempo l’ospedale è tristemente e desolatamente in disuso; con la speranza che non faccia la fine dell’annunciato distaccamento dei Vigili del fuoco volontari che doveva essere realizzato nella ex scuola di Stagno di Roccabianca, oggi ridotta a un pericoloso rudere.

Capitolo turismo? In tanti convegni e conferenze, sempre finite a tarallucci e vino, tra rinfreschi e tavole imbandite, per anni si è sbandierato il turismo fluviale e schiere di incravattati, a turno, sono arrivati annunciando fatti mirabolanti e l’arrivo di numeri incalcolabili di turisti. Tutta aria fritta; perchè quello che ad oggi si muove sul fiume, e intorno al fiume, è merito esclusivo di amministratori locali e associazioni che, tra immense fatiche, cercano di fare qualcosa di buono. Ma il turismo, quello vero, è altra cosa, per altri lidi.

In compenso, gli incravattati dal deretano piatto e pelato sono sempre stati molto attivi, tempestivi e solerti nel dar vita a svariate campagne cementifere, salvo poi riempirsi la bocca di belle parole legate al rispetto dell’ambiente.

In più, all’insegna del politichese, vi hanno anche spiegato che, per essere sempre più “vicini” ai cittadini, molti servizi oggi sono facilmente attuabili online e ve la hanno pure presentata come una conquista. Senza ricordare, volutamente, che non tutti sono provetti informatici e, soprattutto, escludendo “gentilmente”, di fatto, dalla società soprattutto gli anziani e le cosiddette categorie fragili (termine che sembra andare assai di moda) che, a parole, dicono invece di voler aiutare e difendere.

Infine un invito: Attenzione perché fino al 25 settembre, per loro, sarete tutti più preziosi dell’oro. Dal 26, comunque vada, tornerete e torneremo nel dimenticatoio. In regalo, se avrete fatto il vostro diritto/dovere, cioè se sarete stati bravi, avrete e avremo prezzi alle stelle, bollette insostenibili e, per i più (ma non per tutti) arrivare alla fine del mese sarà una utopia. La miseria, per la stragrande maggioranza di noi, è lì alle porte ma per far fronte a questo vi hanno già dato una serie di “utilissimi consigli” (badando bene di non toccare nulla di ciò che è loro e di non rinunciare a niente): evitate ad esempio di fare la doccia tutti i giorni e, comunque, non fatela mai per più di tre minuti (ma fino a poco tempo fa non era fondamentale lavarsi e igienizzarsi in modo pressoché maniacale? Ora non occorre più?); non mangiate cibi caldi e spegnete tutte le luci possibili e immaginabili (ma non la tv…); se avrete freddo mettetevi uno o due maglioni in più; abbassate la temperatura di almeno un grado in casa perché potrebbero mandarvi soggetti vari armati di termometro a controllare se fate i bravi.

Benvenuti nel Paese del Bengodi e del “buon vivere”…vuoi vedere che, ancora una volta, “andrà tutto bene”?

Piccola chicca finale: qualcuno mi ha chiesto, sbagliando, come mai non mi voglia impegnare in politica. E’ giusto sapere che qualche anno fa sono stato, da visitatore (e solo con quel ruolo) in Parlamento a Roma. All’ingresso mi è stato vietato l’accesso a causa di un problema semplicemente madornale e imperdonabile: ero sprovvisto di giacca e cravatta, cose che per altro mi rifiuto categoricamente di utilizzare e di cui sono fortunatamente sprovvisto. Forse presi da una certa pena per me, in quella occasione mi è stata fornita una giacca (che per un paio d’ore mi ha permesso di sentirmi una mummia) mentre sulla cravatta (che mai avrei messo) si sono chiusi non uno ma due occhi. Mi sono sentito bene, e a mio agio, solo al mio ritorno sul fiume, con i sandali ed una maglietta sgualcita e bucata indosso. Perché, per dirla come Guareschi, si sta sempre meglio qui, su questa riva.

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