Agricoltura

L'Ue alza il tiro nella lotta
contro gli agrofarmaci

Lo scorso 22 giugno la commissione Ue ha pubblicato la sua proposta di aggiornamento della normativa sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, attraverso la quale si prefigge di raggiungere gli obiettivi della strategia "Farm to Fork", con la drastica riduzione del 50% del consumo di agrofarmaci entro il 2030

Lo scorso 22 giugno la commissione Ue ha pubblicato la sua proposta di aggiornamento della normativa sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, attraverso la quale si prefigge di raggiungere gli obiettivi della strategia “Farm to Fork”, con la drastica riduzione del 50% del consumo di agrofarmaci entro il 2030.

Così la commissione europea ha inviato lo scorso 19 luglio le lettere con l’assegnazione dei target ai singoli Stati membri. Si tratta di valori che dovranno permettere di raggiungere l’obiettivo vincolante di riduzione a livello dell’Unione europea del 50%. Il periodo di riferimento cui applicare la riduzione è la media del triennio 2015-2016-2017.

Per non penalizzare i paesi più virtuosi, che applicano agricoltura integrata e riduzione dei dosaggi da decenni, il regolamento prevede tre livelli di intervento: i paesi “virtuosi” che nel triennio 2015-2016-2017 hanno avuto una “intensità di utilizzo” inferiore al 70% della media europea potranno ridurre i loro consumi del 35%; i paesi “nella media” nel triennio citato (con intensità compresa tra il 70 e il 140%) dovranno attenersi alla riduzione del 50%; i paesi meno virtuosi, con intensità di utilizzo superiore al 140% della media nel triennio dovranno “recuperare” incrementando il loro target al 65% anziché 50% entro il 2030.

In base a queste indicazioni l’Italia ha avuto una assegnazione di un valore in diminuzione del 62% dell’uso e del rischio di fitosanitari chimici. Si tratta della situazione peggiore a livello europeo che rischia di compromettere pesantemente il sistema agroalimentare nazionale. L’assegnazione di questa quota di riduzione è stata confermata anche dal ministero delle Politiche agricole, anche se al momento si tratta ancora di una proposta che dovrà essere discussa a breve nelle sedi delle istituzioni comunitarie.

Ma l’Italia non è sola in questa graduatoria: si trovano più o meno nella stessa situazione anche altri paesi dell’area mediterranea come Francia e Spagna, e in parte la Germania. Alcuni tra i paesi maggiori produttori di derrate agricole europee per quantità e qualità. La ragione sembra essere il metodo di calcolo adottato che tende a penalizzare l’intensità delle coltivazioni per ettaro di superficie trascurando o minimizzando gli sforzi fatti negli ultimi lustri per contenere l’impiego dei prodotti più pericolosi. Tema quest’ultimo che ha visto l’Italia come uno dei paesi più virtuosi a livello europeo nel contenimento dei fitofarmaci più pericolosi nei processi produttivi.

Le organizzazioni agricole sono insorte contro questo provvedimento e confidano nella discussione che dovrà essere affrontata a Bruxelles per mitigare le richieste dell’Unione.

“L’esecutivo Ue – ha commentato Paolo De Castro, europarlamentare, ex ministro delle Politiche agricole e membro della Commissione agricoltura a Bruxelles – sembra colto da un improvviso attacco di schizofrenia: da un lato chiede ai nostri agricoltori di produrre più cereali, derogando ai requisiti ambientali della Pac, per fare fronte alla crisi alimentare causata dall’attacco russo all’Ucraina; dall’altro cerca di imporre target di riduzione dei fitofarmaci del tutto irrealistici e con impatti devastanti sulla capacità produttiva europea e la sicurezza alimentare globale. Come Commissione agricoltura del Parlamento Ue – ha continuato – siamo pronti a metterci al lavoro per bilanciare questa proposta che al momento non tiene in considerazione gli impatti anche sui dei costi produzione e non offre agli agricoltori alternative concrete all’utilizzo di agrofarmaci”.

 

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