I giochi antichi di Fossacaprara e il
Reale Collegio delle Vergini Spagnole
Oltre ai giochi che tradizionalmente vengono proposti e che, a memoria delle persone più anziane, erano i giochi che venivano praticati o nelle osterie (tiro delle piastre ad esempio) o sui sagrati delle chiese nei nostri paesi (tiro alla fune), quali altri giochi venivano anticamente praticati?
Nell’ambito della “Sagra di Fossa” i giochi antichi, da sempre, sono un punto di riferimento per caratterizzare un evento del tutto particolare nel panorama delle sagre di paese di tutto il nostro territorio. Ed in più, come è stato comunicato, il sottoprogetto dell’Associazione Giochi Antichi (AGA) Cibo&Gioco (Gnòc a la Mulinera e Sbűrla la Rôda) non può che essere un ulteriore motivo di attrazione e successo dell’iniziativa.
Ma oltre ai giochi che tradizionalmente vengono proposti e che, a memoria delle persone più anziane, erano i giochi che venivano praticati o nelle osterie (tiro delle piastre ad esempio) o sui sagrati delle chiese nei nostri paesi (tiro alla fune), quali altri giochi venivano anticamente praticati?
Al di là delle prove di forza (i cosiddetti tornei) nelle varie sfide fra paesi e città anche appartenenti a “stati” diversi o fra quartieri della stessa città, fra il ‘600 e il ‘700 presero piede i giochi d’azzardo in cui i premi erano prevalentemente in denaro. Già in quest’epoca il tentativo di arricchirsi in modo facile doveva convincere molta gente a tentare la sorte anche rischiando di essere colti in flagrante ed essere costretti a pagare sanzioni pesantissime.
Tali giochi, se si prendono in considerazione le varie “grida” emanate dalle autorità del tempo (siamo in epoca di dominazione spagnola), dovevano avere uno sviluppo considerevole in ogni angolo dello “stato” e, da notare, erano sanzionati i giochi in cui i premi erano in denaro rispetto ai giochi in cui i premi erano dei beni di consumo (si pensi alle varie forme di “cuccagna” o ai giochi con il “maiale unto” o altri giochi in occasione di fiere e sagre). Verrebbe da pensare che i giochi d’azzardo erano riservati a persone abbienti, mentre al resto della popolazione erano riservati giochi con premi in prodotti alimentari.
Ed è proprio attraverso le “grida” che è possibile oggi conoscere quali giochi venivano praticati, anche nella nostra realtà. Si trattava di giochi d’azzardo chiamati “Giochi del Faraone” (uno dei giochi più diffusi in tutta Europa), il “Biribisso” (una specie di tombola), la “Bassetta”, la “Roletta”, il “Turchetto” (una specie di gioco a scacchi),”l’Arbore Imperiale” (una particolare “pirla o pirlocca”), ed altri.
Ed erano proibiti, a meno che…non venissero pagate le relative tasse, nella nostra situazione, ad un certo Valerio (in alcuni documenti Vallerio) Belli, responsabile per il cremonese di incassare tali emolumenti da versarsi poi al Reale Collegio delle Vergini Spagnole di Milano, collegio che aveva lo scopo di accogliere ed educare le orfane di funzionari, ufficiali e soldati spagnoli. E per avere maggior facilità di controllo nella raccolta delle tasse, era previsto che i giochi si svolgessero nei teatri o nei locali ad essi annessi (come nel caso nostro nella “Fastassa”) a cui erano appaltati i permessi.
E ciò anche per garantire la possibilità di svolgere una propria attività teatrale come sostiene A. Bertoglio nel suo “Appalti e appaltatori tra le carte del Teatro Ducale”: le tasse come elementi essenziali per il mantenimento delle imprese teatrali. Quindi attraverso le tasse sui giochi d’azzardo, si potevano finanziare le attività teatrali oltre che sostenere attività benefiche.
Al di fuori di tali ambienti, scattava la proibizione e l’intervento delle autorità così come scattava l’intervento dell’Autorità superiore quando un podestà locale intendeva proibire i giochi per i quali erano regolarmente pagati gli emolumenti dovuti (documentazione reperibile presso i nostri archivi).
Interventi molto duri si potevano avere dalle autorità religiose quando i giochi venivano praticati anche durante i periodi penitenziali, magari aprendo il teatro con la scusa di effettuare una rappresentazione ed invece permettendo il gioco d’azzardo (i giochi si tenevano anche in sale vicine chiamate “ridotto”) in tali periodi.
Oltre ai giochi d’azzardo (e di cui il nostro maggiore storico Giovanni Romani accenna brevissimamente nella sua storia di Casalmaggiore), esistevano anche i “giochi di piacere” (a cui il Romani invece non accenna affatto).
Ne siamo a conoscenza grazie agli interventi, anche del vescovo del tempo, Alessandro Litta, che con una dura lettera del 1726, chiede al Conte di Coloredo di intervenire perchè venga proibito un gioco di piacere chiamato “gioco del bastone”. Scrive Sua Eccellenza: “…la proibizione delli festini, che qui chiamano di Bastone, per rimuovere un pubblico
mercimonio della disonestà, facendosi tali festini nelle Bettole con pieno commodo di offendere Dio, e già se n’è rinnovata la Grida, ma perché succede un simile scandalo in Casalmaggiore, e suo territorio, che chiunque vuole fare un festino venale, va a prendere a nolo le Giovane Ballarine per tante ore determinate, nelle quali rimangono obbligate di ballare con qualunque persona, che comparisca in quel festino, perciò un fatto di tanta poca onestà merita una rigorosa proibizione…”.
In poche parole si trattava di una forma di prostituzione, mascherata da festini organizzati in varie bettole o altri locali, in città e nelle frazioni, contro cui si scagliò con forza la repressione. Con quali risultati non è sufficientemente chiaro se è vero che nel 1744 intervenne con forza ancora il Vescovo di Cremona, denunciando “…i festini denominati di Bastone, ne quali per via di appalto si prendono le figlie per il ballo, e si tengono a discrezione de concorrenti per mezzo di accordato pagamento, e tutto ciò nonostante le Gride emanate su questo particolare….”
A dimostrazione che tale “gioco di piacere” fosse duro a morire, esiste documentazione di proibizione di festini o balli anche nel 1747 (ma anche dell’uso delle maschere) in occasione del carnevale di quell’anno per paura che il “gioco del Bastone” ritornasse in auge, proibizione ritenuta dall’allora Ministro Plenipotenziario addirittura troppo rigida (…debba essere in libertà delli Particolari il fare festini e godere di quei divertimenti carnevaleschi, che sono permessi senza che possino esserne impediti o molestati…).
Vien da pensare che se avessero trovato il modo di tassare tale “gioco di piacere”, avrebbe potuto trovare maggior fortuna come per i giochi d’azzardo.
Costantino Rosa