Agricoltura

Latte, prezzi su dopo l'accordo.
Ma si tratta solo di una fiammata?

L’accordo valido da luglio a dicembre porta il prezzo del latte alla stalla a livelli mai visti prima, da 55 a 60 centesimi, con una media di 57 centesimi al litro. Solo sei mesi fa eravamo a 37. Un incremento importantissimo a prescindere da ogni altra considerazione relativa alla redditività, che pure è doveroso fare, dell’allevamento della vacca da latte.

Ad alcune settimane dallo storico accordo sul prezzo del latte, passato da 37 a 55 centesimi al litro nell’arco di sei mesi, si ritiene utile, in prospettiva futura, una revisione dei principali passaggi che lo hanno contraddistinto.

Dopo la chiusura dovuta alla pandemia il comparto aveva ripreso bene soprattutto nel settore Ho.re.ca; la fine del lockdown e la riapertura delle attività avevano fatto ripartire le vecchie abitudini con le consumazioni fuori dall’ambito domestico. La gente aveva voglia di riprendere a vivere con le vecchie abitudini sconvolte da due anni di pandemia. Ma, subito dopo, nell’autunno 2021 è arrivata un’impennata dei costi delle materie prime: energia, in tutte le sue forme, fertilizzanti e mangimi in primo piano. Sono stati colpiti ugualmente allevatori e trasformatori. Forse i mercati avevano registrato in anticipo le prime tensioni, poi esplose in febbraio con lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina.

In quel periodo la grande distribuzione ha tenuto fermi i prezzi al dettaglio. Per cui si è verificato un forte squilibrio lungo la catena di approvvigionamento del latte e derivati. Gli allevatori si sono trovati in mezzo a questo problema senza avere alcuna possibilità di difendersi: costi aumentati mediamente del 30% e nessun aumento dei ricavi. In questa circostanza il primo anello della catena del dairy, l’allevamento, ha messo a nudo tutta la sua fragilità.

Nei principali paesi europei produttori di latte, Francia, Germania ed Italia, vi è stata una selezione degli allevatori, in particolare quelli meno strutturati. Altri hanno resistito limando sulle spese, riducendo gli acquisti di mangimi e cercando di massimizzare l’autosufficienza alimentare. Tutto questo ha comportato anche un contenimento della produzione di latte. Francia e Germania hanno prodotto meno rispetto ad anni precedenti ed ai loro standard, anche per le minori produttività dei pascoli che hanno risentito dei primi segnali di siccità. In Italia il rallentamento produttivo è stato inferiore e la produzione del paese è stata comunque in aumento, sia pur in modo limitato. Gli allevatori si sono trovati in grossa difficoltà con un prezzo alla stalla che oscillava tra i 35-37 euro al litro ed i costi aumentati in pochi mesi del 30%.

Questa situazione ha comportato uno squilibrio in un mercato consolidato con l’offerta in calo ed i prezzi al consumo fermi. Era chiaro che la situazione non poteva durare a lungo, si era allargata troppo la distanza tra i produttori e la distribuzione. In primavera l’iniziativa l’ha presa Granarolo che ha deciso di portare a 48 centesimi il latte dei suoi soci e, poche settimane dopo, anche l’industria privata, in accordo con le sindacali agricole, ha seguito questo esempio. In questa fase di riequilibrio si sono verificati fenomeni anche non usuali, a conferma del clima di incertezza, vale a dire industrie dedicate alla produzione di latte alimentare che contendevano il latte a produttori di grana.

Dopo qualche mese di tenuta su situazioni squilibrate, si è rotto il fronte che teneva bloccati i prezzi del latte alla stalla e quelli al consumo. L’accordo sul prezzo da luglio a dicembre porta il prezzo del latte alla stalla a livelli mai visti prima, da 55 a 60 centesimi con una media di 57 centesimi al litro. Solo sei mesi fa eravamo a 37. Un incremento importantissimo a prescindere da ogni altra considerazione relativa alla redditività, che pure è doveroso fare, dell’allevamento della vacca da latte. Di certo anche le buone quotazioni dei formaggi Dop e tipici hanno contribuito a risollevare quelle del latte.

Il risultato è stato un netto innalzamento dell’asticella, ma prevedere se si tratti di una fiammata o di un reset duraturo è presto per dirlo; ma da qui alla fine dell’anno, cioè per il periodo di durata del contratto, ci dovrebbe essere un assestamento. Previsioni per il futuro più a lungo termine sono difficili, soprattutto in un periodo caratterizzato da grandi incertezze e instabilità socio-politiche, sanitarie e anche ambientali. Nel tardo autunno si potrà capire se l’assestamento sui nuovi livelli di prezzi potrà essere duraturo oppure no.

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