Cronaca

San Rocco tra cremonese e
Parmense: un culto radicato

In Lombardia come in Emilia, ed in tante altre località d’Italia non c’è praticamente chiesa in cui non sia conservata almeno una statua o un dipinto in cui viene raffigurato il santo. Tutto questo è frutto di una tradizione e di una fede popolare, diffusa e autentica, che getta le sue radici in particolare ai tempi in cui si diffusero le epidemie di colera

Si celebra oggi, martedì 16 agosto, la festa di San Rocco di Montpellier. Uno degli appuntamenti più attesi e sentiti nelle nostre campagne. Di qua e di là dal Grande fiume, come di qua e di là dall’Oglio, non si contano le chiese, gli oratori, le santelle e la maestà dedicate al celebre santo, pellegrino e taumaturgo. In Lombardia come in Emilia, ed in tante altre località d’Italia non c’è praticamente chiesa in cui non sia conservata almeno una statua o un dipinto in cui viene raffigurato il santo. Tutto questo è frutto di una tradizione e di una fede popolare, diffusa e autentica, che getta le sue radici in particolare ai tempi in cui si diffusero le epidemie di colera.

Tanti gli appuntamenti in programma oggi, martedì 16 agosto. In particolare, a Recorfano di Voltido (dove l’epidemia di colera del 1855 fece quaranta morti tra fine luglio e fine agosto come ricodato, durante la recente pandemia, anche dal sindaco di Voltido) questa mattina, alle 10.30, sarà celebrata la messa solenne e, alle 21, si terrà la preghiera dei vespri con la processione lungo le vie del paese alle presenza del Complesso bandistico Cannetese. A Stagno Lombardo la messa sarà celebrata in serata, alle 20.30 mentre sulla sponda opposta del Po, a Ragazzola di Roccabianca, sarà celebrata alle 9.30 nell’oratorio dedicato allo stesso santo e, mezz’ora prima alle 9, nel santuario di San Rocco, ad Ardola di Polesine Zibello. Luogo, quest’ultimo, in cui ancora si conservano le fonti di acqua miracolosa sgorgate, per intercessione del santo, nel 1746 (durante una pestilenza). Sempre ad Ardola, dalle 19, festa dell’anatra con specialità gastronomiche e musica con Eugenio Martani e Corrado Medioli. Sarà anche possibile trovare le pubblicazioni dedicate alla chiesa, recentemente restaurata, ed ai fatti prodigiosi attribuiti a San Rocco. Santo, quest’ultimo, il cui culto è fra i più diffusi e popolari della Chiesa Occidentale: un fenomeno dalle dimensioni decisamente vaste, su cui si sono costruiti secoli di storia e di leggenda. Santo tanto popolare quanto ricco di enigmi, misteri e di interrogativi irrisolti. Celebre pellegrino, taumaturgo, ed eremita, secondo alcuni studiosi anche Terziario francescano, è particolarmente venerato in tutta Italia e, in special modo, in Emilia e Lombardia. Nel Cremonese e nel Parmense così come nel Piacentino, e nelle altre province della Pianura Padana (terra in cui, secondo la tradizione e le fonti storiche il pellegrino e taumaturgo transitò), non si contano, come scritto, le chiese, gli oratori, le strade, le piazze, le associazioni a lui dedicati. A Cremona la Biblioteca Statale conserva, per altro, un Missale Romanum edito a Milano nel 1476 che costituisce una delle più antiche testimonianze della celebrazione dedicata al santo il 16 agosto. Sempre a Cremona, in Cattedrale, spicca il seicentesco Altare di San Rocco, realizzato come ex voto dopo la peste del 1630, con la statua policroma di San Rocco, oltre a quelle di San Francesco d’Assisi e San Bernardino da Siena (1630-45); e le tele del Genovesino (1645).

Molto diffuso, il culto di San Rocco, anche a Casalmaggiore, dove spicca la chiesa ai piedi dell’argine, dedicata proprio al santo e al centro, ultimamente, di importanti lavori di consolidamento. A Castelnuovo di Casalmaggiore sorgeva inoltre, presso la chiesa di San Rocco, il convento dei frati Servi di Maria mentre nel santuario della Madonna della Fontana spicca la bellissima cappella dedicata a San Rocco in cui è rappresentata la prima immagine iconografica in Italia di S. Giovanna d’Arco.

In epoche passate, quando le epidemie di peste erano ampiamente diffuse, San Rocco veniva invocato dai fedeli, al fine di ottenere guarigioni ed affinchè queste stesse epidemie venissero debellate. Il Santo di origine francese avrebbe soggiornato a Sarmato ed a Caorso, avrebbe operato guarigioni a Piacenza. Nel pieno del medioevo, quando povertà e violenza, assieme a contagi ed insicurezze, flagellavano persone e comunità precarie ed indifese, questo personaggio soccorreva gli appestati divenendo ben presto una vera e propria icona della solidarietà e della fratellanza.

Così dal Quattrocento in avanti la sua figura si è velocemente imposta in tutta Italia ed in tutta Europa. Permane però, sulla celebre figura del pellegrino e taumaturgo, un grande interrogativo. Quella che lo riguarda è storia o leggenda? La realtà del pellegrino originario di Montpellier è racchiusa in un paradossale contrasto: da un lato è uno dei santi più venerati e popolari della storia della Chiesa e del popolo cristiano, a lui sono attribuite un numero eccezionale di guarigioni, ma dall’altro la sua vita appartiene ormai più al limbo della tradizione e delle leggenda che non al dominio della storia, perché sono assai poche, e scarsamente documentate, le vicende conosciute ed attendibili del suo percorso umano e cristiano.

L’oscurità è così fortemente diffusa ed evidente che, da tempo, non pochi esperti e studiosi, ritengono che la figura di San Rocco non sia altro che, addirittura, una pia invenzione. Alcuni anni fa è uscito un libro, “San Rocco Pellegrino”, edito da Marcianum Press (con tanto di presentazione del cardinale Angelo Scola), curato da Paolo Ascagni, cremonese “d’adozione”, considerato uno dei massimi studiosi rocchiani, autore anche di altre pubblicazioni dedicate a San Rocco. Con questo volume, Ascagni ha cercato di districare le tracce della storia dalle secolari incrostazioni della leggenda, ripercorrendo le principali direttive di studio che, in particolare dall’Ottocento ad oggi, hanno recato di fare luce sulla indefinibile figura del santo.

Ne è sorto un ritratto tanto problematico quanto avvincente dell’affascinante carisma di Rocco di Montpellier, uomo dai mille misteri, crocevia di questioni irrisolte ma simbolo sempre attuale della santità cristiana e dei valori umani più veri e profondi. A porre forti dubbi sull’esistenza di San Rocco è stato anche il belga Pierre Bolle, celebre studioso e ricercatore dell’Università Libre di Bruxelles, che con Ascagni ha pubblicato Rocco di Montpellier. Voghera e il suo santo” (2001). Secondo quanto sosteneva lo studioso belga si sarebbe di fronte ad un duplicato agiografico. In pratica il celebre santo di Montpellier sarebbe il “doppione” di un altro santo vissuto nel VII secolo, vale a dire Racho di Autun. Quest’ultimo, dati ecclesiastici ufficiali alla mano, è stato il primo vescovo franco di quella città, è morto intorno al 660; è festeggiato il 28 gennaio (ma anche il 5 dicembre) ed il suo nome è equiparato a “Ragoberto”, una concordanza in realtà molto discutibile.

Di fatto, Pierre Bolle dimostra che i numerosi racconti, cioè le antiche “Vitae”, infarciti di stereotipi, non sono affatto utili sul piano rigorosamente storico. E presenta invece numerosi indizi di natura liturgica, che gli consentono di arrivare a conclusioni originali e proposito dell’evoluzione del processo leggendario, prima che esso assumesse una forma letteraria.

Per esempio, nella regione francese di Montpellier, una menzione del santo come “vescovo e martire” (ciò che in effetti egli non è), al 16 agosto di un calendario liturgico del XV secolo, era sempre stata interpretata come la confusione di un copista con San Raco, vescovo di Autun e protettore dalla tempesta, venerato, come già anticipato, il 5 dicembre. Come dimostra una ricerca più approfondita, anche diversi manoscritti della Linguadoca presentano questa particolarità. Essa, dunque, traduce piuttosto un uso liturgico regionale del santo di Autun spostato ad un’altra data del calendario, che è quella del 16 agosto. Questo è confermato da altri indizi di “duplicazione”: alcuni lezionari inediti del santo di Autun; una preghiera in francese medievale del XV secolo, che associa “pestilenza”, “peste” e “tempesta”; una messa in latino che associa “languores epidemiae” ed “aeris tempieres”; una xilografia provenzale della fine del XV secolo, che riproduce entrambi i santi; infine, anche una tradizione italiana sulla vendita delle reliquie.

L’accumulo di tutte queste testimonianze di natura liturgica, iconografica, leggendaria e storica porta di conseguenza a sostenere che San Rocco di Montpellier potrebbe realmente essere un “doppione” agiografico di Raco di Autun, santo vescovo il cui culto pare risalire all’epoca merovingia. Tale sdoppiamento si è determinato principalmente per ominimia (Raco/Rocho) ed inoltre a seguito di un processo linguistico di aferesi, relativo alla sua funzione di “protettore”: “tempeste” è così diventato “peste”.

Lo sdoppiamento è stato inoltre facilitato dalle concezioni medievali medico-aziologiche in materia di epidemie; derivate dalle teorie miasmatiche di Ippocrate e di Galeno, che stabilivano in modo molto netto un legame causale diretto tra le epidemie e le perturbazioni meteorologiche, specie le tempeste. Facendo ora un bilancio della questione, considerando le due principali cronologie dedicate al santo, emerge che la tesi tradizionale, quella di Francesco Diedo (che è la più conosciuta) presenta troppe incongruenze per poter essere accettata; la nuova, della “Scuola Italiana” è invece da ritenere più attendibile. Gli studiosi persuasi dell’esistenza di San Rocco sono pressoché tutti allineati alle posizioni della “nuova cronologia” che, di fatto, è la sola capace di risolvere, seppur in parte, i molti punti interrogativi che permangono sulla biografia del santoSi può anche affermare che, se in Francia, il culto è nato da una contaminazione con San Raco determinando una “confusione liturgica”, in Italia la devozione è nata in modo del tutto indipendente tra Voghera e Piacenza. Potrebbe quindi essere esistito (cosa che più volte ha pubblicamente affermato anche lo studioso ed esperto Paolo Ascagni) un personaggio che ha vissuto episodi importanti della sua vita nella nostra zona, ed al quale sono state nel tempo attribuite leggende e cose non verificabili. Permane, in ogni caso, il simbolo sempre attuale della santità cristiana e dei valori umani più veri e profondi che San Rocco rappresenta.

Eremita del Po, Paolo Panni

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