Cronaca

Ponte Verdi, le condizioni delle pile
in alveo: le immagini parlano chiaro

Alla fine ci sono stati i lavori, le cose sembrano migliorate e tra un annetto, nell’estate 2023, si interverrà di nuovo con lavori che, come affermato durante l’ultimo sopralluogo di febbraio, saranno di particolare difficoltà tecnica, visto che si lavorerà in alveo, operando sulle pile in acqua

Che il ponte sul Po “Giuseppe Verdi”, quello che collega Parmense e Cremonese, Emilia e Lombardia nel tratto compreso tra San Daniele Po, Polesine Zibello e Roccabianbca, sia un grande “malato” non è una novità. Il viadotto, che ha appena 42 anni di vita (inutile ricordare che ci sono ponti romani, con molti secoli di vita in più, in condizioni migliori), ha importanti problemi strutturali, noti a tutti. E’ stato al centro di importanti lavori, è tuttora disciplinato dal senso unico alternato nella parte in alveo e, come annunciato ormai 6 mesi fa /a febbraio) sarà al centro di importanti lavori nell’estate 2023 (sì, avete letto bene, estate 2023) che riguarderanno in particolare le pile in alveo. Interventi particolarmente complessi, e resi possibili grazie ad un finanziamento ministeriale di 20milioni di euro nell’ambito dei fondi per i ponti del Bacino di Po.

Oggi mostriamo ai lettori le immagini delle condizioni in cui versano esattamente le pile in alveo. Lungi da noi il voler prendere posizioni di carattere tecnico, non ci competono. Lasciamo ai lettori ogni commento ed ogni giudizio. E ai tecnici ciò che dovrebbe essere di loro competenza.

Chi scrive queste righe, insieme ad altri amici di Zibello, anche a mezzo stampa aveva lanciato l’allarme ormai molti anni fa sulle condizioni del ponte, presentando in particolare le immagini delle buche e delle voragini che interessavano le passerelle pedonali laterali. All’epoca, dalle autorità competenti, eravamo invitati a non sollevare allarmismi e ci era stato riferito che buche e crepe erano di carattere “estetico” e non vi era rischio alcuno. Peccato che, nemmeno tanto tempo dopo, sia iniziato il calvario del ponte, chiuso totalmente al traffico già due volte (e per mesi). Dalla sponda sinistra, forte delle segnalazioni ricevute dai vigili del fuoco (non da pinco pallino) anche il sindaco di San Daniele Po aveva preso posizione ventilando la possibilità di chiudere il ponte, per motivi di sicurezza, nella parte di sua competenza. Ma, per tutta risposta, era stato invitato (per non usare un’altra parola) a non prendere decisioni che non gli competevano, con buona pace del Testo unico degli Enti locali che afferma chiaro e tondo che il sindaco è il responsabile della sicurezza, della protezione civile e della salute pubblica sul suo territorio. Ma, del resto, è noto che nel Belpaese, quando si fa una regola, ne esiste subito un’altra che la smentisce.

C’era poi voluto l’arrivo di Capitan Ventosa per far smuovere le acque. Qualcosa di bizzarro ci vuole sempre.

Alla fine ci sono stati i lavori, le cose sembrano migliorate e tra un annetto, nell’estate 2023, si interverrà di nuovo con lavori che, come affermato durante l’ultimo sopralluogo di febbraio, saranno di particolare difficoltà tecnica, visto che si lavorerà in alveo, operando sulle pile in acqua. Per allontanare l’acqua dalle fondazioni, anche questo è stato annunciato durante il sopralluogo di febbraio, sarà utilizzato un sistema di “palancole” molto lunghe, una sorta di pareti in metallo che creeranno un basamento intorno alle pile stesse, in grado di tenere la pressione dell’acqua. Il lavoro di rinforzo delle pile dovrà essere eseguito molto in fretta, utilizzando il periodo estivo di massima magra del Po. E’ qui che sorge un inevitabile interrogativo. Visto che una magra come quella in corso non si vedeva da sessant’anni, non era forse il caso di anticipare i lavori di un anno? Domanda legittima, ma non risolutiva. Perché le maglie della burocrazia, ancora una volta, sono intricatissime e rendono complesso ciò che dovrebbe essere semplice e naturale. Non resta che attendere, dando per scontato che tra un anno il fiume sarà ancora in magra (e non ci sarebbe da stupirsi) e sperando che le pile (con tutto il peso che quotidianamente sopportano) reggano. Con l’auspicio che, da qui a fine settembre, i problemi del ponte non finiscano in pasto alle chiacchiere (sì, chiacchiere) di qualche politico ambizioso di posare le natiche sui velluti romani. Il ponte, e le genti del fiume (dell’una e dell’altra riva), al pari di tanti lavoratori (che utilizzano il viadotto tutti i giorni e pagano le tasse) ha bisogno di fatti, non di chiacchiere e nemmeno di balle.

“Le cose che non si dicono non si sanno” ha scritto una mano anonima proprio all’altezza di una pila in alveo. Qui le cose abbiamo provato a scriverle, e le abbiamo mostrate. Perché la gente veda, e sappia.

Eremita del Po, Paolo Panni

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