Isola Pescaroli, da un reperto la
storia della navigazione fluviale
Pezzi e pagine di storia che il Grande fiume in magra ha restituito, a suo modo, in un luogo simbolo, Isola Pescaroli, dove le sue rive sembrano abbracciarsi e dove tanto si sta facendo, da anni, per promuovere il fiume e le sue bellezze

L’eccezionale e storica magra del Po ha fatto riemergere un altro pezzo di storia. A Isola Pescaroli, a due passi del ponte Giuseppe Verdi è spuntato il vecchio relitto dello storico traghetto che un tempo, prima delle costrizione del ponte, faceva la spola e univa le due rive del fiume. Si tratta di uno degli ultimi traghetti rimasti in funzione sul medio Po. Dell’attività si è occupato per molti anni l’indimenticato Natale Bia di San Daniele Po. Attività poi proseguita da Gino Barbarini fino alla soppressione del servizio, nel 1980, proprio con l’apertura proprio del ponte sul Po Giuseppe Verdi.
Quello che collegava San Daniele Po e Roccabianca era un traghetto composto da due barconi in cemento coperti da un’ampia superficie in legno e, alla gestione, partecipavano le Province di Cremona e di Parma oltre ai Comuni di San Daniele Po e di Roccabianca. Da tempo inabissato, proprio a due passi dall’attracco fluviale di Isola Pescaroli, rappresenta un pezzo di storia legato ad una attività ormai scomparsa, quella del traghettatore. Uno dei tanti mestieri che, un tempo, davano da vivere a intere famiglie sull’una e sull’altra sponda del Po; mestieri di cui oggi rimangono solo i ricordi, nei libri di storia locale e nelle memorie dei più anziani. Una attività che, tuttavia, chissà, se legata allo sviluppo del turismo fluviale potrebbe di nuovo dare nuove opportunità per coloro che dovessero decidere di investire sul fiume, sui suoi valori, sulle sue potenzialità e sul suo futuro. Credere, con i fatti, nei nostri territori, di qua e di là dal fiume, è e dovrebbe essere un impegno ed un obiettivo da perseguire in maniera unitaria, in ottica territoriale. Del relitto dello storico traghetto è riemersa solo una estremità, ma questo basta per andare a ripercorrere una pagina importante di storia locale. Di cui oglioponews si è già occupato, ma che è sempre bene rispolverare.
Giusto ricordare, innanzitutto che, un tempo, ogni paese, piccolo o grande che fosse, aveva il suo traghetto. Nella sua forma più semplice veniva costruito con una barca o una zattera manovrata a spinta o a remi, ma dove era necessario trasportare carri pesanti o del bestiame, si usava il porto, vale a dire il traghetto formato da due imbarcazioni affiancate su cui era steso un palancato. Per i porti formati da due barche solitamente si usavano imbarcazioni superiori a otto metri di lunghezza, ad esempio barbòte, magàne o rascòne.
Soltanto ad inizio Novecento si cominciarono ad utilizzare barche di ferro e, successivamente, chiatte in cemento armato. Queste imbarcazioni doppie hanno una storia lunga e importante, del resto si ha memoria che già in epoca medioevale si utilizzavano ponteselle con lo scopo di trasportare sia merci che truppe. Tra le figure che caratterizzavano la vita quotidiana sul Po una delle più note era senza dubbio quella del traghettatore, detto anche purtiner o passatore. Sul Po, fiume largo e dalla portata assai variabile, le traversate nei momenti di piena erano delle piccole spedizioni dai tempi spesso incerti.
Nel corso dei mesi invernali, con giornate quasi sempre caratterizzate da fitte nebbie, si perdevano i riferimenti delle sponde così come dei campanili e delle altre imbarcazioni in transito: ecco perché alcune cronache di viaggiatori del passato lo descrivono come un viaggio infinito. Mitica figura di traghettatore è stata quella di Dante Spigaroli di Polesine Parmense, che faceva il tragitto tra Polesine e Stagno Lombardo. Sul suo traghetto un giorno salì anche la Regina Margherita di Savoia che sbarcò a Stagno Lombardo, con una storia in questo caso tutta particolare. Per parlare di Dante Spigaroli bisogna fare un passo indietro, a suo padre Luigi, da cui tutto ebbe inizio.
Luigi e Dante, per tutti semplicemente Vigion, erano rispettivamente il nonno e lo zio dei fratelli Massimo e Luciano Spigaroli che, da anni, con il ristorante “Al Cavallino Bianco”, il relais Antica Corte Pallavicina e l’azienda agricola Fratelli Spigaroli, sono protagonisti in prima linea nella promozione e nella valorizzazione dei loro territori. Ad inizio Novecento la famiglia Spigaroli era affittuaria del podere Brolo di Polesine Parmense.
Luigi, uomo d’affari, stanco di attraversare il Po in barca per andare a lavorare i terreni sull’isola fluviale della vecchia rocca (in sponda sinistra a due passi da Brancere e da Stagno Lombardo), si ingegnò a costruire il port, un traghetto formato da due barconi uniti da un asse in rovere, che permetteva ai carri di salire con gli animali. Data anche l’assenza di ponti nelle vicinanze, il traghetto divenne importante anche per trasportare persone e merci tra le due sponde, sfruttando il transito molto frequentato per Cremona.
Luigi, che fu l’iniziatore, si occupò sempre più degli affari in inverno e, con gli altri figli, della macellazione dei maiali. Nel 1904 il podere fu acquistato dall’imprenditore bussetano Giuseppe Muggia (1877-1944), ebreo, proprietario delle tranvie a vapore della provincia di Parma (i cui binari arrivavano fino a Polesine e al Po) e di una grande flotta fluviale costituita da draghe e battelli per il trasporto merci.
Muggia, nato a Busseto il 25 aprile 1877, era figlio di Emilio Muggia e di Cesira Basola ed era coniugato con Ester Anna Levi. Fu arrestato a Venezia, dai nazisti, il 5 dicembre 1943 e, dopo essere finito nel campo di concentramento di Fossoli, fu deportato ad Auschwitz, dove fu assassinato il 26 febbraio 1944.
Il palazzo (l’attuale Antica Corte Pallavicina) era divenuto, all’epoca, il deposito per entrambe le attività di Giuseppe Muggia e le scorte di carbone si accumularono nei vari saloni. Intanto il fiume continuava a spostarsi verso sud e una piena disastrosa distrusse gli edifici rustici che circondavano una delle due corti del Palazzo: una grande perdita per gli affittuari, costretti a ritirarsi nei pochi ambienti rimasti.
Gli Spigaroli alla corte si trovavano bene: in estate curavano il podere, mungevano le mucche, piantavano i pioppi, facevano fascine e coltivavano cocomeri, grano, medica e ortaggi; allevavano polli, anatre, tacchini, bachi da seta e numerosi maiali che macellavano in inverno producendo salumi che poi venivano venduti, interi, anche ai passeggeri del traghetto della linea Polesine-Stagno Lombardo.
Una volta l’anno, poi, Luigi invitava politici, commercianti, artisti e possidenti di Parma e Cremona per una merenda sul traghetto in mezzo al fiume. Fra le personalità che frequentavano queste merende c’era anche l’artista Renato Brozzi (1885/1963) di Traversetolo (Parma) che si riforniva di culatelli da Luigi Spigaroli per poi portarli in dono al Vate Gabriele D’Annunzio al Vittoriale.
Visto che per passare il Po era tra l’altro necessario parecchio tempo, la moglie Ginevra ebbe l’idea di allestire per le persone in attesa del traghetto due piccole baracche in legno sulle due sponde offrendo ai viaggiatori, con l’aiuto delle figlie, i loro salumi affettati assieme ad ottimo pane fatto in casa e al vino frizzante della Bassa Parmense.
Attorno furono piantati pioppi e gelsi le cui ombre, in estate, procuravano refrigerio. Fu un vero successo con gente che non arrivava solo per passare il Po ma anche per incontrarsi nelle due baracche-osteria che venivano chiamate Lido. Si cominciarono così a friggere anguille, carpe, tinche, ambolina, ad affettare culatello, salumi ed a produrre i primi gelati della zona.
Venne poi costruita una pista da ballo in cemento e d’estate arrivavano le orchestrine di campagna ad allietare le serate. Così, in poco tempo, la fama del Lidi arrivò nelle città vicine con gente che arrivava da Parma col treno a vapore, da Fidenza in bici o in calesse, da Cremona col traghetto. Nel 1940 scoppiò la guerra e la famiglia Spigaroli dovette abbandonare il podere. Nel 1943 le baracche furono occupate dai tedeschi per fare la guardia al fiume, gli uomini di casa Spigaroli finirono al fronte e il traghetto fu affondato. Tutto sembrava perduto ma così non fu perché, con la forza di volontà e l’amore per il fiume e per il territorio, sono poi nate le attività di famiglia.
Tornando alla figura dello storico traghettatore Dante Spigaroli, questi aveva come suo prezioso collaboratore Marass, al quale è legata una storia davvero gustosa. Ve l’avevamo raccontata qualche tempo fa, ma val la pena riscriverla. Un giorno si presentò infatti, sul traghetto, un’auto di lusso che doveva essere trasportata a Stagno Lombardo. All’arrivo, quando l’autista scese per dare la mancia a Marass, questi nel vedere che a bordo dell’auto si trovava una bella donna chiese chi fosse. “Chi ela cla bela siura le?” chiese in rigoroso vernacolo (tradotto: “chi è quella bella signora lì?”) all’autista che subito gli rispose che si trattava della regina Margherita di Savoia. Marass a quel punto disse: “Cla’ scusa siura regina. Sa sava ch’l’era li a’m saress mess almeno li mudandi” (traduzione per chi non mastica il vernacolo: “Scusi signora regina, se sapevo che era lei mi sarei messo almeno le mutande”).
Marass, come tutti i barcaioli, portava una camicia lunga, una cinturetta di corda in vita, senza braghe e senza mutande, perché quelle lunghe dell’epoca gli avrebbero impedito la libertà dei movimenti, e la libertà, si sa, è condizione irrinunciabile per gli indigeni di qui e anche se il vento faceva svolazzare la camicia, nessuno ci badava. Nel ricordare, anche di recente, questa storia, l’ex sindaco di Zibello Gaetano Mistura ha detto: “Non conosciamo la reazione della regina, ma la storia è vera. Una storia padana che l’acqua fece rimbalzare di bocca in bocca, di casa in casa, di paese in paese, una storia delle tante che rivelano lo spirito terragno e anarcoide, geniale e pazzoide della gente di Po”.
Marass è sempre stato un collaboratore irrinunciabile per Dante Spigaroli, uno dei sei figli di Luigi. Quest’ultimo aveva, tra i suoi amici, Lelio Guidotti e Angelo Balestrieri. Il primo lavorava al Magistrato per il Po; il secondo fu segretario comunale prima e sindaco poi di Polesine Parmense. Grazie anche a queste amicizie si riuscì a dar vita a Porto Polesine, di là dal fiume. Lo stesso Luigi acquistò inoltre il rimorchiatore Titina a Boretto e fu sempre un importante mediatore e uomo d’affari.
Per concludere, dopo la guerra il servizio di traghetto riprese a funzionare con la Cooperativa Lelio Guidotti ed uno degli ultimi traghettatori fu Franco Tedeschi. Anche la vicina Zibello (che ora con Polesine Parmense forma un unico comune) è stata terra di mitici traghettatori, come il leggendario Ciufana (al secolo Giuseppe Cavalli) e Roberto Arduini.
A Ciufana (uno che, se lo chiamavi Giuseppe, non avrebbe nemmeno immaginato che ti rivolgevi a lui, perché per tutti era e resta “Ciufana”) il Corriere Emiliano (denominazione con cui uscì la Gazzetta di Parma tra il 1928 e il 1940, mantenendo comunque, come sottotestata, il nome originario) dedicò un interessante articolo. “Era Ciufana anche il nonno – ha ricordato di recente l’ex sindaco e grande storico locale Gaetano Mistura – tutta gente del Po. Ciufana padre – aggiunge Mistura – era un gigante che sembrava dominare il fiume. Quando con la sua barca a remi si staccava dalla riva per raggiungere l’altra sponda si poteva pensare che stesse sbagliando direzione, che avesse preso male la mira, ma per lui la corrente, il vento, la deriva non avevano segreti, sbarcava al punto di approdo senza sbagliare di un centimetro, anche nella notte più fonda. Se lo aveste chiamato con un fischio (perché così si chiamavano i barcaioli) per farvi traghettare sull’altra sponda, ve lo sareste visto arrivare, sudato ed esausto, in mezzo alla nebbia, ma pronto per portarvi sull’altra riva. Ciufana, mitico abitatore del fiume che, come una creatura mitologica metà uomo e metà pesce, poteva vivere sulla terra e nell’acqua, indifferentemente”.
Non solo Ciufana, ma anche Roberto Arduini è stato, per molti anni, un importante e stimato traghettatore locale. A lui, il compianto giornalista e scrittore Elio Grossi, per tanti anni prezioso collaboratore della Gazzetta di Parma, nel suo libro “Uomini e mestieri di ieri e di oggi” aveva dedicato tutto un capitolo in cui lo stesso Arduini ricordava gli anni trascorsi a Casalmaggiore con gli spostamenti tra Cremona, Monticelli d’Ongina, Casalmaggiore, Pizzighettone (con trasferte, quindi, anche lungo l’Adda), Boretto e Guastalla. Quindi, il rientro a Zibello nel 1946 (dopo gli anni da prigioniero di guerra in Sud Africa) e l’ingresso come socio nella Cooperativa Trasporti Fluviali con cui si organizzavano le prime gite, di una sola giornata, da Zibello a Cremona (specie per la fiera di San Pietro). Tre anni dopo, quindi, dopo l’acquisto di un residuato bellico, il ritorno in proprio, come traghettatore, con collegamenti tra Zibello e la storica Tenuta “Della Zoppa” (sulla riva cremonese).
In quel periodo, Arduini, trasportava quello che gli capitava, in particolare gruppi di giovani che, verso sera, si recavano a ballare di là dal Po. “Spesso – ricordava Arduini a Elio Grossi – si doveva trasportare anche l’orchestra ‘Perini’ di Pieveottoville. Poi si ritornava a notte fonda. A volte anch’io andavo a ballare con loro, ma il più delle volte ne approfittavo per andare a pescare, mia grande passione”. Conoscevo anche i posti proibiti. I guardiapesca erano a ballare anche loro. Guadagnavo più con un bello storione, che con una settimana di trasporti. Poi ogni giovedì a Zibello c’era il mercato. Al mattino presto mi portavo sull’altra sponda dove mi aspettavano, come al solito, frotte di massaie cremonesi con ceste di pulcini, anatroccoli e uova. Poi è arrivata l’alluvione (quella del 1951, ndr) che rompendo gli argini guastò tutta la mia ‘ragnatela’ privata. Poi i fuori-borgo, gli entro-bordo…tutte cose che mi hanno prima spazzato via, poi anche spiazzato…”. Tutto perduto? Chi scrive queste righe è convinto di no. Sicuro del fatto che, nell’ambito di una promozione turistica del fiume, che sia rispettosa del suo ambiente e delle sue eccellenze, possa tornare attuale l’idea di promuovere servizi stabili, e quotidiani, di traghetto, che possano ad esempio portare le persone a frequentare di nuovo le fiere ed i mercati settimanali dell’una e dell’altra riva. Magari anche dando vita a nuovi mercati agricoli, legati alla terra e al Po.
Uno degli ultimi servizi di traghetto rimasti in funzione è stato quello che collegava San Daniele Po a Roccabianca. E’ esattamente il traghetto ricomparso in questi giorni a Isola Pescaroli. Tra le figure di traghettatori passate alla storia non si può dimenticare il leggendario Pasquino Soriani, mantovano, da tutti ricordato come Pacale che, durante la sua esistenza, traghettò migliaia di persone e, soprattutto, durante l’alluvione del 1951, salvò una sessantina di persone che stavano per annegare.
A Cremona è passato alla storia Teuta e qui si va agli anni Venti del Novecento quando, in estate, venivano traghettati i bagnanti nei pressi delle Colonie Padane, mentre a Crotta d’Adda, fino agli anni Settanta, è rimasto attivo, col suo traghetto, Orlando Grilli.
Infine, andando ancora più indietro nel tempo, altra storica figura è stata quella di Pietro Pecchioni (Sarmato 1828, Parma 1908), garibaldino e barcaiolo, costruttore di barche e traghettatore del Po.
C’è poi una chicca conservata nel Museo della civiltà contadina Giuseppe Riccardi di Zibello. Un museo che, unito a quello dei reperti bellici e al “Cinematografo” (museo del cinema), tutti ricavati all’interno dell’ex convento domenicano, meritano una visita nei fine settimana d’estate così come in quelli autunnali. Proprio all’ingresso del museo della civiltà contadina spicca un manifesto, di quasi cento anni fa, datato primo aprile 1923, del Consorzio pel Servizio di traghetto sul Po fra Zibello e Pieve d’Olmi. In questo avviso pubblico, l’allora sindaco di Zibello informa che “in seguito alla sistemazione della strada portuaria in territorio di Pieve d’Olmi, nonché alla costruzione di un natante della portata di 5 cavalli e 5 carretti a 2 ruote, da oggi è stato ripreso il servizio di Traghetto sul Po fra questo Comune e quello di Pieve d’Olmi, da tempo rimasto inoperoso per difficoltà di comoda viabilità. Chiunque voglia usufruire di tale passaggio – si legge ancora – troverà il servizio pronto e inappuntabile”. Nell’avviso si annuncia quindi che il passaggio di pedoni e veicoli, dall’una all’altra sponda, si effettuerà ogni giorno con imbarchi da Zibello alle 5.30, 9.30, 14.30 e 17.30. Gli imbarchi da Pieve d’Olmi, invece, alle 7, 11, 14 e 19. Nel manifesto sono qui riportare tutta una serie di tariffe. Si va dai 60 centesimi per un pedone senza carico alle 20 lire per macchine trebbiatrici a vapore per frumento, melica ed altri prodotti agricoli; motori a scoppio per aratura e segatura camions e conduttore.
Pezzi e pagine di storia che il Grande fiume in magra ha restituito, a suo modo, in un luogo simbolo, Isola Pescaroli, dove le sue rive sembrano abbracciarsi e dove tanto si sta facendo, da anni, per promuovere il fiume e le sue bellezze.
Eremita del Po, Paolo Panni