Salviamo il Chiese: il comunicato
dopo la decisione del Tar
Questa sentenza, seppur emessa in primo grado e quindi esposta alla possibilità di riforma in caso di un'eventuale ed assai probabile impugnazione davanti al Consiglio di Stato, ha pienamente accolto le ragioni rivendicate dal Comune di Montichiari mediante il ricorso n. 1096 presentato lo scorso anno dall'Amministrazione monteclarense nel 2021.
Il 22 giugno scorso sono state finalmente pubblicate le motivazioni della sentenza n. 624/2022, pronunciata il 6 aprile 2022 dai Giudici della Sezione di Brescia del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. Questa sentenza, seppur emessa in primo grado e quindi esposta alla possibilità di riforma in caso di un’eventuale ed assai probabile impugnazione davanti al Consiglio di Stato, ha pienamente accolto le ragioni rivendicate dal Comune di Montichiari mediante il ricorso n. 1096 presentato lo scorso anno dall’Amministrazione monteclarense nel 2021.
Ripercorriamo brevemente la vicenda, per altro già ottimamente sintetizzata dall’estensore della pronuncia giurisdizionale citata.
Come ampiamente noto, il 20 dicembre 2017 il Ministero dell’Ambiente, la Regione Lombardia, la Regione Veneto, con l’assistenza dei due Uffici d’Ambito competenti per territorio, hanno stipulato un Protocollo d’intesa finalizzato a realizzare un nuovo sistema per il collettamento e la depurazione delle acque reflue prodotte dai Comuni rivieraschi del Lago di Garda. In totale spregio dei fondamentali diritti costituzionali, posti a garanzia dell’autonomia riconosciuta agli Enti locali e della partecipazione democratica ai processi decisionali da parte delle popolazioni potenzialmente interessate dalle opere in progetto, il Governo Draghi ha successivamente compiuto un atto di inusitata arroganza nominando, anzi imponendo (in forza dell’art. 4 commi 7 e 8 del decreto-legge n. 92/2021), un Commissario Straordinario alla depurazione del Garda; figura individuata dall’Esecutivo nazionale nel Prefetto di Brescia.
Vale forse la pena ricordare che quel turpe provvedimento governativo è entrato in vigore il 24 giugno 2021 (venendo poi, nel mese di agosto di quello stesso anno, trasfuso nel decreto legge numero 80 del 2021).
Ebbene, la fretta smodata con cui fin dall’inizio hanno dimostrato di volersi insensatamente muovere tutti gli attori politici e amministrativi coinvolti nella partita del progetto di nuova depurazione del Garda è ulteriormente dimostrata dal fatto, pure notato in maniera incidentale dai giudici del Tribunale Amministrativo, che l’allora Prefetto di Brescia, dottor Attilio Visconti, abbia indirizzato una nota alla facoltà di Ingegneria di Brescia – tramite la quale comunicava ad essa la propria intenzione di avvalersi del supporto tecnico scientifico che quella facoltà sarebbe stata in grado di offrire – il 22 del mese di giugno 2021, cioè addirittura tre giorni prima che entrasse in vigore la norma con cui il Prefetto sarebbe stato investito del ruolo di Commissario.
Ma questa è soltanto una delle tante altre storie anomale di cui è costellato il racconto schizofrenico, fantasioso, incredibile del progetto del nuovo sistema di depurazione del Garda. Torniamo quindi alla sentenza del T.A.R. di Brescia, da cui apprendiamo che il giorno 30 novembre 2021 il Sindaco del Comune di Montichiari, Marco Togni, ha formalmente chiesto all’Università degli Studi di Brescia, ed in particolare alla Facoltà di Ingegneria (ora denominata DICATAM Dipartimento di Ingegneria civile, Architettura, Territorio, Ambiente e Matematica) diretta dal professor Giorgio Bertanza, di poter visionare gli atti relativi agli studi, condotti per conto della società di gestione del servizio idrico “Acque Bresciane S.r.l.” dagli esperti di quel Dipartimento, riguardanti l’analisi dei siti dove ubicare in maniera ottimale l’impianto o gli impianti di depurazione a servizio dei Comuni della sponda bresciana del Lago di Garda.
Proprio sulla base di tali studi, infatti, il Prefetto-Commissario ha asserito di aver maturato la scelta di preferire la ormai nota e contestata soluzione di costruire due nuovi mega-depuratori a Gavardo e a Montichiari. Appunto per questo, il Comune da ultimo citato – il quale, per altro, nel frattempo aveva depositato apposito ricorso n. 557 contro le determinazioni e gli ulteriori atti connessi imposti forzosamente dalla struttura commissariale – possedeva in tutta evidenza il pieno interesse e, ora possiamo dirlo, il pieno diritto di conoscere nella forma più completa possibile i contenuti di ogni documento tecnico elaborato dal Dipartimento di Ingegneria diretto dal professor Bertanza, che fosse stato (od anche avrebbe potuto essere) utilizzato dal Commissario per giungere alla decisione sopra ricordata.
Invece, a questa sacrosanta istanza di accesso agli atti il segretario amministrativo della Facoltà, dottor Pietro Toto, calpestando ogni pur minimo principio di trasparenza e di leale collaborazione tra le amministrazioni, ha opposto un netto rifiuto e, con la nota di risposta del 14 dicembre 2021, ha respinto la domanda avanzata dall’amministrazione comunale monteclarense affermando che gli atti richiesti fossero oggetto di un contratto privatistico e che la loro divulgazione fosse addirittura vietata dal Regolamento dell’Università degli Studi di Brescia, a salvaguardia del diritto all’invenzione e dei risultati delle ricerche commissionate da soggetti terzi. Insomma, neppure quando gli studi vengono commissionati spendendo soldi pubblici di noi cittadine e cittadini – giacché interamente pubblica è, almeno fino ad ora, la proprietà della società committente “Acque Bresciane” – il Dipartimento di Ingegneria di via Branze ritiene di dover offrire la più ampia e chiara divulgazione di dati scientifici ai rappresentanti democraticamente eletti delle comunità immediatamente coinvolte in quegli studi.
Però, fortunatamente, l’ingiustificabile boicottaggio tentato dai funzionari della Facoltà di Ingegneria diretta dal professor Giorgio Bertanza è stato censurato in maniera lapidaria dai magistrati del Tribunale Amministrativo Regionale. Costoro infatti, nella propria decisione, hanno sancito tre fondamentali criteri, che in realtà dovrebbero a nostro parere essere di ordinaria applicazione ma che, evidentemente, non appartengono al bagaglio delle conoscenze professionali di coloro cui è affidata la direzione degli uffici amministrativi dello stesso DICATAM: 1) «la definizione di documento amministrativo … comprende qualsiasi atto detenuto da una pubblica amministrazione e concernente attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della disciplina sostanziale dell’atto stesso»; 2) «il punto è infatti costituito dalla natura oggettivamente amministrativa acquisita dagli studi eseguiti dal DICATAM, una volta che gli stessi siano stati utilizzati come base istruttoria di una scelta amministrativa»; 3) «le funzioni pubblicistiche svolte da Acque Bresciane srl comportano un obbligo di leale collaborazione verso tutte le amministrazioni competenti a esprimersi sugli impianti di depurazione e sull’organizzazione del servizio idrico integrato. Non può quindi sussistere in capo ad Acque bresciane srl un interesse tutelabile a bloccare il diritto di accesso delle suddette amministrazioni le quali devono invece essere messe in condizione di esercitare un controllo effettivo e informato sulle scelte progettuali».
Insomma, questa sentenza biasima e condanna con toni assai severi proprio anche la spregevole volontà, esplicitata dal Governo centrale mediante l’imposizione del Prefetto-Commissario, di estromettere non solo le associazioni ambientaliste, i comitati, i gruppi comunque organizzati, ma pure e soprattutto le comunità locali ed i loro rappresentanti istituzionali legittimamente eletti, dai processi decisionali per un’opera gigantesca, devastante ed inutile (i cui costi preventivabili si avvicinano ormai al mezzo miliardo di euro).
È triste dover constatare come pure gli uffici dell’Ateneo Bresciano e gli stessi ‘chiarissimi’ Accademici dell’Università di casa nostra (il Direttore del DICATAM, prof. Giorgio Bertanza e il Rettore, prof. Maurizio Tira) si siano supinamente e con prontezza piegati all’infame disegno occultatore messo in atto dal Governo e dal suo massimo rappresentante in terra bresciana, il Prefetto, incarico rivestito in un primo momento dal dottor Attilio Visconti, e dal 14.1.2022, senza alcuna apprezzabile variazione sulla linea sostanziale, dalla dottoressa Maria Rosaria Laganà.
Va detto che l’Università degli Studi è stata lasciata sola in sede giudiziaria pure dagli altri enti e soggetti pubblici nei confronti dei quali il Comune di Montichiari aveva presentato comunque ricorso: il Ministero dell’Università, la società Acque Bresciane srl, l’Ufficio d’Ambito di Brescia, il Prefetto-Commissario di Brescia, i quali tutti si sono guardati bene dal costituirsi in giudizio. Ora, salvo ricorsi avanti il Consiglio di Stato, entro sessanta giorni il Dipartimento di Ingegneria dovrà consegnare al Comune monteclarense tutta la documentazione da questi legittimamente richiesta. Alla luce di questa pronuncia, desideriamo compiere ancora un paio di considerazioni.
In primo luogo – tenuto conto di come, fra il momento della richiesta di accesso agli atti presentata dal Comune di Montichiari il 30 novembre 2021 e la pubblicazione della sentenza avvenuta il 22 giugno di quest’anno, siano trascorsi quasi sette mesi – dobbiamo purtroppo riconoscere che le decisioni emanate dalle corti di giustizia quasi sempre intervengono a giochi già definiti o comunque in tempi troppo distanti dal fatto, quand’anche esse risultino favorevoli agli interessi di cui sono portatori la cittadinanza e coloro che in vario modo sostengono la difesa della democrazia e dell’ambiente. Il ruolo che possono perciò ricoprire le azioni avanti ai Tribunali, benché fondamentale e irrinunciabile, non può esaurire e sostanziare in sé solo la protesta contro un’opera, qual’è il progetto di trasferire nel Chiese la depurazione del Garda, fortemente promossa dalla Ministra Gelmini e dai suoi accoliti gardesani, nonostante ne sia ormai quasi unanimemente riconosciuto l’impatto negativo, che sarebbe gravissimo per l’ambiente dell’intero bacino idrografico del Chiese, obbligherebbe rilasci di volumi sia dal lago d’Idro che dai bacini di accumulo a monte, quindi sarebbe gravissimo anche sotto l’aspetto economico, nonché quello più propriamente democratico.
Pertanto, alla giusta rivendicazione dei propri diritti in sede giudiziaria, proprio a causa dei tempi dilatati che giocoforza quest’ultima deve osservare, occorre affiancare in ogni occasione la costante, partecipata, vibrante, energica mobilitazione della popolazione: unico strumento capace di pretendere che la politica fornisca subito le risposte che essa deve dare ai cittadini ed alle cittadine.
Un secondo aspetto che forse merita di essere evidenziato a seguito della pubblicazione della Sentenza, consiste nella considerazione, sconfortante, per la quale in questo nostro benedetto (?! ) Bel (??!! ) Paese mai nessuno venga chiamato a pagare per le proprie responsabilità. Siamo quasi certi, infatti, di risultare facili profeti se prevediamo che i soldi, ovviamente di provenienza pubblica, che l’Università di Brescia ha dovuto spendere per difendersi in giudizio e che dovrà ancora spendere per adempiere alle prescrizioni impartite dal TAR, non saranno mai risarciti da coloro ai quali la sentenza stessa attribuisce la colpa dell’illegittimo mancato accoglimento della richiesta di accesso agli atti. Ci riferiamo anzitutto al segretario amministrativo del DICATAM, il quale il 14 dicembre 2021 appose la propria firma sul documento di reiezione di tale istanza. Crediamo infatti che soltanto cominciando a colpire nelle tasche quanti troppo spesso confondono il proprio ruolo professionale e/o istituzionale con un’occasione di arbitrario esercizio del potere, riusciremo finalmente ad ottenere l’applicazione dei principi di trasparenza e partecipazione che, al contrario, dovrebbe normalmente essere esercitato nelle pubbliche amministrazioni.
Detto questo, è per noi doveroso sottolineare, proprio qui dinanzi alla Facoltà di Ingegneria di Brescia, la stretta correlazione che lega la sentenza del TAR con l’impegno quotidiano di protesta civile rappresentato dal “Presidio 9 Agosto”, sorto per contrastare l’immotivata nomina del commissario straordinario, racchiude in sé tutti i valori di democrazia, impegno civile, trasparenza e coerenza che, alla luce di questa Sentenza, sentiamo con ancora maggiore determinazione di esplicitare.
Qui le istituzioni che ci governano hanno tanto da imparare.
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