Calvatone e Canneto, l'Oglio in secca
restituisce una palafitta dell'Età del Bronzo
Non è tutto: a pochi passi dalla palafitta, in un sito stimato in 600 metri quadrati, è stata ritrovata anche una piroga, della lunghezza di 5.8 metri (ma la misura non è definitiva, perché parte dell’imbarcazione è interrata). GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1
Una palafitta individuata già nel 2003, ma senza una mappatura effettuata ad hoc all’epoca, è riemersa in questi giorni a causa della secca storica del fiume Oglio, tra Canneto e Calvatone, dunque tra la sponda mantovana e quella cremonese. La palafitta, in ogni caso, è collegata alla sponda Casalasca, come è stato appurato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Cremona, Mantova e Lodi.
La zona è stata transennata per consentire i rilievi da parte degli esperti archeologi perché la scoperta è davvero importante a livello storico. E’ vero infatti che a pochi chilometri da Canneto e Calvatone sorge il sito Unesco dei Lagazzi, che ospita la palafitta più meridionale riconosciuta dalla stessa Unesco. Ma quella palafitta è dell’Età del Bronzo Medio, dunque è più “moderna” rispetto alla palafitta che sta emergendo a Calvatone. Quest’ultima potrebbe essere datata tra il 1800 e il 1600 a.C. (ultima fase del’Età del Bronzo Antico), ma soltanto l’esame al carbonio consentirà di avere una risposta definitiva.
L’altro particolare “innovativo” sta nel fatto che la palafitta sorge su un fiume e non su un lago o in una palude, come solitamente accade con queste strutture. L’uomo dell’Età del Bronzo, infatti, era solito edificare dove l’acqua era stagnante e dove la corrente non costituiva un problema per la stabilità delle palafitte. Perché dunque tale costruzione è stata perfezionata sul fiume Oglio? Perché in quel punto, molto probabilmente, nella preistoria l’Oglio formava un’ansa morta, ossia un punto in cui la corrente era particolarmente lenta, quasi ferma appunto.
Per essere certi che la palafitta risalga davvero all’Età del Bronzo, prima ancora della datazione al carbonio, è stato necessario superare la cosiddetta prova del nove, ossia scovare la presenza di manufatti in ceramica che non fossero stati trasportati dalla corrente nei secoli, ma che fossero appunto coevi rispetto alla stessa palafitta e dunque realizzati in loco.
Il risultato, grazie al lavoro del Centro Ricerche Klousios con sede a Casalmoro, specializzato in archeologia di superficie e che ha subito contattato la Sovrintendenza, spingendo a studi più approfonditi, è stato sorprendente, dato che la quantità di “sedimento antropico”, ossia di cocci di ceramica dell’Età del Bronzo, è stata davvero notevole. Si pensa, insomma, che quella fosse un’area ad alta densità demografica, ovviamente sempre in riferimento all’epoca presa in considerazione.
Non è tutto: a pochi passi dalla palafitta, in un sito di circa 600 metri quadrati, è stata ritrovata anche una piroga, della lunghezza di 5.8 metri (ma la misura non è definitiva, perché parte dell’imbarcazione è interrata). Quest’ultima potrebbe essere rimossa e poi esposta in un museo. I lavori potrebbero durare settimane o mesi, l’area è transennata e controllata anche dalle guardie del Parco Oglio Sud e si cerca una soluzione per far fronte al momento in cui l’Oglio tornerà ad un livello idrometrico più ordinario, ossia quando le acque si rialzeranno.
Giovanni Gardani