Cronaca

Busi, muore la zia ma non chiamano,
il medico si assume la responsabilità

"Credo che sia una cosa grave quella che è successa, non mi interessa capire di chi siano le responsabilità, se ha sbagliato l'uno o l'altro. E non voglio fare ulteriore polemica. Quello che dovevo dire l'ho già detto alla direzione, sono stata indecisa se raccontarlo o meno, ma poi ho deciso di farlo, affinché magari, la prossima volta, si presti più attenzione"

A me non servirà più, ormai è successo ed ho un gran dispiacere, ma se ho deciso di raccontarlo è proprio perché si possa prestare più attenzione, e non capiti ad altri“. E’ una triste vicenda quella capitata a Rossana Gerelli. Ha per protagonista una zia, Bruna Scaravonati, spentasi a 99 anni nella notte tra giovedì e venerdì della scorsa settimana e la Casa di Riposo di Fondazione Busi. E’ Rossana che ci racconta la storia. “Mia zia era ricoverata al Busi – ci spiega – e da qualche tempo aveva contratto, dopo essersi salvata dal Covid, una polmonite. Giovedì scorso, alle 15.30, sono andata a trovarla. Seguivo io mia zia, che non ha altri parenti prossimi se non mia mamma che in questo momento ha anche lei i suoi problemi. L’ho sempre fatto volentieri. Mia zia non si è mai sposata. Dopo averle fatto visita sono andata a casa per tornare la mattina dopo. Alle 10 di venerdì entro nella sua camera e trovo solo il materasso. Inizialmente ho pensato che con le regole di adesso l’avessero spostata in qualche altra stanza. Sono andata dall’infermiera di turno a chiederle dove l’avessero messa ed è stata l’infermiera a dirmi che era morta nella notte“. Nessuno la aveva avvertita, neppure una chiamata per avvisarla del decesso della parente. “A quel punto sono andata su tutte le furie – prosegue – ed hanno cercato di calmarmi, ma calma non lo potevo essere. Mia zia era già morta, e nessuno mi aveva detto nulla. Hanno cercato di darmi una spiegazione, di chiedere scusa. Ma delle scuse, purtroppo, in quel momento non me ne facevo nulla. Credo che sia una cosa grave quella che è successa, non mi interessa capire di chi siano le responsabilità, se ha sbagliato l’uno o l’altro. E non voglio fare ulteriore polemica. Quello che dovevo dire l’ho già detto alla direzione, sono stata indecisa se raccontarlo o meno, ma poi ho deciso di farlo, affinché magari, la prossima volta, si presti più attenzione“. La direzione Sanitaria della Fondazione Busi, sinceramente dispiaciuta per quel che è successo e che riguarda un professionista non dipendente della struttura, non cerca scusanti. L’errore c’è stato, in buona fede, ma c’è stato. Una dimenticanza di cui il medico reperibile venuto a constatare il decesso si è assunto ogni responsabilità. Il medico in questione è un serio professionista che da anni collabora con la fondazione. Un libero professionista di cui, assumendocene la responsabilità, ometteremo il nome. Ha riconosciuto il proprio errore, la propria dimenticanza. Se lo vorrà, saremo ben lieti di sentire anche le sue parole. “Il medico in reperibilità notturna che è venuto a constatare il decesso – spiega la direzione Sanitaria della Fondazione – dopo aver espletato tutte le formalità di rito in questi casi, cosa che peraltro ha sempre fatto anche in altre occasioni, prima di uscire si è dimenticato di avvisare la famiglia, non dicendo neppure nulla all’infermiera. Noi non ci siamo resi conto di nulla, e ci siamo resi conto della cosa solo quando è venuta la familiare la mattina presto. Abbiamo subito ricostruito tutta la vicenda, e ci siamo resi conto che non potevamo avere elementi per evitare questo errore. Non cerchiamo scuse per giustificarci, ne vogliamo nasconderci. E’ stato commesso da un professionista un errore, che riteniamo grave, anche se in buona fede, a cui non potevamo porre rimedio. Siamo i primi ad esserne rammaricati e chiediamo ancora una volta scusa alla diretta interessata, facendolo pubblicamente. Ci troveremo, presto, per capire come fare ad evitare che una cosa come questa possa succedere, magari rafforzando le procedure di comunicazione“.

N.C.

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