Lettere

Maestro Verdi le scrivo, ma
la missiva non sarà bella

da Eremita del Po, Paolo Panni

Ill.mo signor Maestro,

non so se da qualche parte, qualcuno Le recapiterà questa missiva. La seconda che Le invio in pochi anni. Chi Le scrive è un perfetto “signor nessuno”, uno che di lirica ne sa meno del due di coppe a briscola quando c’è sotto bastoni. In più non so suonare alcuno strumento (anche se mi sarebbe piaciuto) e, da ragazzo, senza infamia e senza lode, ho dato il mio insignificante contributo al coro del paese. Mi scuso se, all’epoca, molto indegnamente, ho canticchiato qualche Suo brano con risultati più che fallimentari. In compenso piace anche a me, come piaceva a Lei, la spalla di San Secondo.

Pur nella mia assoluta indegnità, Le rubo qualche istante per aggiornarLa circa le informazioni che Le avevo inviato qualche anno fa. Si prepari perché la situazione non è affatto migliorata. La Sua villa di Sant’Agata, quella a cui Lei teneva tanto, sembra finirà all’asta. Così, almeno, hanno titolato diversi giornali e, quindi, non resta che attendere quella che sarà, probabilmente, una telenovela, con la speranza che il luogo venga quantomeno tutelato e valorizzato. All’asta, nel frattempo, è già finito, sempre a Sant’Agata, il suo Mulino del Castellazzo, ridotto da molti anni ad un povero rudere nonostante fosse una di quelle strutture che testimoniavano la Sua capacità e la Sua lungimiranza di intelligente e generosissimo agricoltore. Oggi chi vuole quel rudere, con pochi spiccioli, può farlo proprio.

Ma di queste cose, vecchie di anni, Lei certamente già sa. La chiesa di Sant’Anna, quella accanto al cimitero di Busseto, in cui se non erro anche Lei ebbe modo di suonare, da tempo è ridotta a un cumulo di macerie, abitata e vissuta solo da insetti e rettili, striscianti e non, di varie forme e dimensioni. Anche gli affreschi del pittore Cesario Fellini sono finiti in “macerie”: forse l’emblema più eclatante di un Paese, una italietta, che sta andando a rotoli.

Veniamo così alle cose “nuove”. Il suo ospedale di Villanova sull’Arda, quello da lei voluto, fondato e Pagato (maiuscola d’obbligo) per alleviare i disagi e le malattie dei lavoratori e dei poveri delle Sue terre, uno dei simboli più fulgidi della Sua concreta e fattiva bontà, ha chiuso i battenti per andarsene a Fiorenzuola, col gaudio e lo sfarzo dei soliti incravattati dal deretano piatto e pelato (espressione che il sottoscritto utilizza per definire i politici di ogni ordine e grado) che hanno pensato di destinare parte della struttura a diventare sede del Centro paralimpico italiano del Nord Italia: bella idea che, tuttavia, non rispetta assolutamente le Sue volontà testamentarie.

Ma deve sapere che, a differenza di quanto accadeva un tempo, il rispetto non è cosa di questi tempi e non appartiene, in alcun modo, ai già citati incravattati dal deretano piatto e pelato. Non sono bastate migliaia e migliaia di firme per trattenere l’ospedale (dal quale, in facciata, si è addirittura sgretolata la scritta col Suo nome, maldestramente sostituita con un triste striscione in plastica) e per far rispettare le volontà di Lei che ne è stato il fondatore. Deve sapere che nella finta democrazia italica, dove si vuol far vanamente credere che la volontà popolare conta qualcosa (mi creda se affermo che ci sono pecoroni, e non esito a definirli tali, che ancora ci credono), sono sempre i “soliti noti” a decidere, senza tener conto in nessun modo del parere della gente. Ancora una volta hanno deciso alcuni “politicanti allo sbaraglio”, a mio modestissimo avviso indegni degli scranni di cui bellamente abusano, in nome del solito, maledetto dio denaro e degli interessi di bottega, sostenuti e spalleggiati da elettori per i quali non esiste aggettivo dispregiativo che possa essere vagamente sufficiente per definirli.

Due luoghi sacri, a Lei particolarmente cari, la chiesa di san Michele in Roncole Verdi e il santuario mariano di Madonna Prati, sono chiusi da anni: il tempo, per entrambi, ha fatto il suo corso ed ora si sta cercando di correre ai ripari con lavori che, invocando la santa pazienza, richiederanno probabilmente qualche anno.

A Busseto, in pieno centro, il bel Palazzo Orlandi, in cui Lei ha vissuto e lasciato pagine importanti della Sua esistenza, a sua volta è chiuso da anni. In un passato non lontano si sono sentiti progetti importanti circa il suo riutilizzo, si sono letti titoloni sui giornali. Ma ad oggi nulla è stato fatto ed il portone è desolatamente chiuso e nulla più si sente sul futuro di questo luogo. Infine deve sapere che anche il ponte che Le hanno dedicato, quello che da Ragazzola conduce a San Daniele Po, il paese del Cremonese dove Lei amava recarsi per gustare i “Taiarèn” della perpetua, dopo ripetute chiusure a causa dei suoi problemi strutturali, funziona da tempo a mezzo servizio ed è diventato una vera e propria trappola per tutto coloro che, malauguratamente, osano in un breve tratto superare i 30 km/h. Anche il sottoscritto si è visto recapitare a casa l’immancabile letterina verde per aver percorso il ponte alla folle e inaudita velocità dei 43 km/h: robe che nemmeno il peggior pirata della strada avrebbe commesso. Tuttavia, affermare che le multe in questo caso servono a far cassetto, è considerato reato e non è ammesso: in questo strano paesucolo, dove pare che ultimamente qualcuno abbia avuto rapporti anche con le scimmie (non mi stupirei se dovesse trattarsi di qualche incravattato), dove si dice che esiste la libertà di parola e di pensiero, è del tutto vietato pronunciare parole che vadano a disturbare il pensiero unico dei portatori del Verbo (non incarnato) politico. Da anni i cittadini presentavano i pericoli del ponte, sentendosi rispondere, anche per iscritto, che non c’era problema alcuno e che la situazione era sotto controllo, che le crepe erano estetiche. Qualcuno di noi, compreso il povero diavolo sottoscritto, è stato anche invitato (leggasi minacciato) a non fare allarmismi inutili. C’è voluto l’arrivo di Capitan Ventosa per far smuovere qualcosa e, dalle ultime notizie, date con toni gaudenti, laudanti, giubilanti e trionfalistici dagli ennesimi incravattati, pare che i prossimi lavori di sistemazione e messa in sicurezza inizieranno almeno tra un anno (sì, leggasi un anno): se tutto va bene s’intende. C’è voluto del tempo, ci sono volute molte polemiche prima che gli incravattati si accorgessero che invece i problemi c’erano e continuano ad esserci: e pensare, signor Maestro, che esistono ponti romani che dopo duemila anni non presentano una crepa che sia una, mentre questo “ponticello”, che di anni ne ha poco più di quaranta, presenta crepe dalle quali si vede il cielo.

In compenso i “soliti noti” si riempiono la bocca utilizzando il suo nome quando è ora di farsi belli, magari per cercar voti, o per dare vita a iniziative quantomeno discutibili, specie in campagna elettorale. In tempi non sospetti qualcuno si è anche messo a cercare il Suo fantasma, ma pare non l’abbiano trovato: meglio così. Purtroppo non la lasciano in pace, e soprattutto non la rispettano, Signor Maestro. Io non so se il suo fantasma si aggira per le nostre terre (se così fosse potrebbe andare a tirare i piedi a qualcuno…non quando dormono ma quando sono sugli scranni vellutati…), ma sono certo del fatto che, nel vedere da Lassù queste cose, si sarà già capovolto più volte nella tomba. Mi scusi, Signor Maestro, per il nuovo disturbo arrecatoLe. La saluto cordialmente, certo del fatto che in Cielo le cose vadano parecchio meglio….Vado a rileggermi le pagina del DIES IRAE e del DE PROFUNDIS, non certo quella del Te Deum.

In fede, Paolo Panni, il Signor Nessuno

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