Chiesa

Sanità nel post-Covid tra crisi
di valori e fuga dei medici

Il convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha preso spunto dalla tradizionale giapponese «Kintsugi: l’arte di riparare le ferite con l’oro» per un ulteriore momento di confronto che ha coinvolto i presenti.

“Il disagio morale degli operatori sanitari è ormai un dato di fatto, molti medici giovani sono pentiti delle scelte prese e alcuni colleghi del pronto soccorso vogliono abbandonare l’area d’urgenza. La pandemia ha segnato profondamente la nostra amata professione, molti se ne sono già andati, viene quindi spontaneo chiedersi come sarebbe possibile mantenere standard qualitativi alti in questa situazione”. A tracciare il quadro è la la dottoressa Rosalia Dellanoce, presidente dell’Associazione medici cattolici italiani di Cremona in occasione del convegno ‘Chi si prende cura di chi cura?’ promosso ieri mattina in collaborazione con l’Ordine dei medici presso la nuova sede presso il polo tecnologico cittadino. E in questo panorama gli operatori cattolici sono ancora più in difficoltà, “poiché alcune scelte obbligate esulano dalla morale che un cristiano vuole seguire”.

L’appuntamento formativo ha visto intervenire professionisti del mondo sanitario cremonese che hanno vissuto e continuano a vivere a pieno carico la pandemia e i suoi lasciti, fra i quali il lo spichiatra Franco Spinogatti e la psicologa Raffaella Galli. Ad aiutare la riflessione è stato quindi l’intervento di monsignor Renzo Pegoraro, medico bioeticista cancelliere della Pontificia accademia per la vita, che ha sottolineato l’importanza di “iniziare a riconoscere l’importanza del servizio medico, soprattutto vista la fatica fisica ed emotiva, che può portare inevitabilmente a quello che in inglese è definito “moral distress”, cioè il rischiare di trovarsi a non poter esprimere i valori della propria professione a causa della situazione vissuta”.

“Non essere in grado di realizzare la propria volontà morale – ha aggiunto – è un problema gravissimo, ma è necessario porre l’operatore sanitario nella condizione di poterla esprimere. Umanità, servizio, cura e accompagnamento sono i principali caratteri delle professioni sanitarie, sono i valori ispiratori del mestiere, e cristianamente significa prendersi carico dei malati con vicinanza, compassione, solidarietà e giustizia, insomma, un vero movente di umanità, affinché il sistema sia umanitario e umanizzante per tutti coloro che sono in difficoltà”.

Il convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha preso spunto dalla tradizionale giapponese «Kintsugi: l’arte di riparare le ferite con l’oro» per un ulteriore momento di confronto che ha coinvolto i presenti.

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