Giovanissimi schiavi del gioco in
rete. Raddoppia l'accesso al Serd
“Il rischio da un lato è di dover crescere tenendo in piedi due vite, quella reale e quella virtuale” spiega il ricercatore Alberto Pellai.
Il gioco d’azzardo patologico si sposta dalle sale gioco alla rete: di questo fenomeno, sempre più diffuso anche sul territorio cremonese, si è parlato durante il seminario “Adolescenze Online”, organizzato dal Servizio Dipendenze della Asst di Cremona nell’ambito del Piano Gioco d’Azzardo Patologico. Ma il lavoro di sensibilizzazione contro il gioco d’azzardo è un lavoro di rete, che coinvolge enti locali, scuole e privato sociale.
“Tutti i territori hanno la stessa percezione rispetto a un fenomeno che sta cambiando. Le sale da gioco fisiche sono in fase calante perché oggi il gioco corre online, e questo è particolarmente vero per gli adolescenti, i quali usano quasi sicuramente quella modalità, che per i ragazzi sono molto affascinanti” sottolinea Roberto Poli, psichiatra e Direttore del Servizio Dipendenze della Asst di Cremona. “Il rischio di restarne intrappolati è elevato. Non solo per i giochi a soldi ma anche nelle altre tipologie di gioco, senza dimenticare il mondo dei social”.
Un grande lavoro è stato fatto in questi anni dal servizio dipendenze dell’Asst, con grandi investimenti in termini di risorse e sensibilizzazione, tanto che i numeri di persone seguite dal Serd sono cresciuti a vista d’occhio. “I dati delle persone seguite al Serd su questo tema è più che raddoppiato rispetto all’anno scorso, con un aumento, in questi primi mesi del 2022, del 105%”.
Segno che la sensibilizzazione si concretizza in un accesso ai servizi sempre più ampio, cosa particolarmente importante, soprattutto considerando che, stando alle statistiche, un ragazzo su tre ha almeno provato a giocare online. “Provare un gioco non significa entrare in campo patologico, ma la facilità con cui questi strumenti ti permettono di giocare portano a un rischio elevato di rimanere intrappolato”.
“Il rischio da un lato è di dover crescere tenendo in piedi due vite, quella reale e quella virtuale” spiega il ricercatore Alberto Pellai. “In quella virtuale poi abbiamo un problema enorme legato alla completa assenza di un progetto educativo, di adulti che fanno da supervisione e sostengono la crescita. E’ un luogo che propone mopltissime esperienze, molte delle quali non adeguate ai bisogni di crescita dei ragazzi e delle ragazze”.
Dunque è fondamentale correre ai ripari. “In primis bisogna offrire nella vita reali esperienze educative e attrattive, che aiutino a crescere e a sviluppare le life skills. Inoltre è importante ritardare il più possibile l’accesso agli strumenti di possesso personale. La tecnologia deve essere utilizzata in coordinamento con gli adulti all’interno di progetti educativi, mentre bisogna ridurre quell’utilizzo che in adolescenza e preadolescenza diventa distraente e concentrato su esperienze che fanno entrare nel territorio del rischio” conclude Pellai.
Laura Bosio