Latte, incremento per il prezzo
alla stalla. Ma sarà sufficiente?
Grazie all'eccezionalità del momento, per questo mese il prezzo del latte alla stalla sarà di 47,1 centesimi, per salire a 47,6 a maggio ed infine a 48 centesimi a giugno. Ma i costi di produzione sono saliti ancora di più.
La zootecnia da latte è uno dei comparti principali dell’economia dell’agroalimentare nazionale, e più ancora nell’area della Valle Padana in cui si produce all’incirca l’ottanta percento del latte nazionale. Area in cui il latte è determinante per i bilanci delle aziende agricole. Dunque, è stato visto con molto favore, e anche dopo una lunga attesa, l’adeguamento del prezzo alla stalla concordato in Lombardia tra Italatte e le principali organizzazioni di rappresentanza agricola per il trimestre aprile-giugno.
Era il mese di novembre 2021 quando al ministero delle Politiche agricole era stato istituito dal ministro Patuanelli un tavolo latte con i rappresentati dei produttori, dell’industria e della distribuzione. I lavori del tavolo portarono alla firma di un accordo che prevedeva un incremento del prezzo del latte, dovuto ad una “emergenza stalle”, di quattro centesimi al litro. Ma questo accordo non mai stato applicato perché, come sostenevano i trasformatori ed i distributori, l’incremento dei costi di lavorazione aveva colpito anche loro. Da allora i produttori hanno lavorato in perdita.
L’accordo ora raggiunto, stipulato in deroga al contratto in essere che si basa su di un paniere di prezzi a suo tempo concordato tra le parti che ad aprile avrebbe pagato il latte a circa 43 centesimi, sana questa situazione. Grazie all’eccezionalità del momento riconosciuto dai contraenti per questo mese il prezzo del latte alla stalla sarà di 47,1 centesimi, per salire a 47,6 a maggio ed infine a 48 centesimi a giugno. Il balzo in avanti è stato considerevole se si pensa che con l’applicazione del contratto in essere l’incremento del prezzo è stato di più quattro centesimi, circa il dieci per cento in più. Inoltre, l’accordo prevede che a giugno le parti si rivedranno per decidere se proseguire in deroga al meccanismo di indicizzazione del contratto in essere o se ripartire da lì, magari integrandolo o modificandolo, come qualcuno sta chiedendo.
Gli incrementi concordati non sono usuali ma, dopo l’euforia iniziale, c’è già chi si chiede se siano sufficienti a coprire l’incremento dei costi di produzione alla stalla. Qualcuno dice di no, sostenendo che l’aumento dei costi è stato superiore al prezzo spuntato. Che il periodo sia indubbiamente complicato e che i mercati ne subiscano le conseguenze viene avvallato dall’aumento della domanda dei generi alimentari, alimentata anche da un certo timore dovuto al conflitto russo-ucraino, dal loro incremento di prezzi, e, nel caso del latte, da una diminuzione dell’offerta europea. Probabilmente causata da un lungo periodo, almeno sei mesi, di prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione che hanno costretto allevamenti marginali a chiudere i battenti.
Nelle ultime due settimane, dopo la l’accordo raggiunto, il latte spot italiano nelle due principali piazze di quotazione, con le Camere di commercio di Milano-Lodi e Verona, il prezzo del latte spot ha fatto registrare ancora un bel salto in alto: tra i 51 ed i 52 centesimi al litro, circa il 60% di quanto quotava un anno fa, e pare che la sua corsa al rialzo non sia ancora terminata: si dice che possa arrivare anche a 60 centesimi. Se questa tendenza sarà confermata a giugno, quando le parti si rivedranno, si prospetta un accordo sul futuro del comparto piuttosto complicato.
Anche perché, oltre alle fibrillazioni del mercato, vi è un fatto nuovo che potrebbe assumere un ruolo determinate sulle trattative: il decreto 168 che prevede che, nelle trattative commerciali dei prodotti agroalimentari, il prezzo di cessione concordato tra i produttori e l’industria di trasformazione e commercializzazione non possa essere inferiore ai costi di produzione. Argomento da tempo discusso che ora ha trovato la sua legittimazione nel decreto citato e in Ismea l’istituto che ne calcola i valori. Ad esempio, nel mese di febbraio in Lombardia un’azienda di pianura con una consistenza tra i 100 ed i 200 capi il costo di produzione è stato di 41,3 centesimi il litro. Con l’applicazione di questo decreto si potrebbe prospettare una svolta storica nelle trattative prezzi dei prodotti agro alimentari.
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