Processo Aemilia, ultimo atto
in Cassazione. 87 gli imputati
Tra i ricorrenti, anche Pasquale Riillo, 56enne di Viadana, al quale era stata riconosciuta l’aggravante di associazione mafiosa. Per lui, condanna in secondo grado a 14 anni di reclusione.
Ha preso il via giovedì in Corte di Cassazione l’ultimo grado di giudizio del maxi procedimento Aemilia contro le infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna della cosca dei Grande Aracri di Cutro, nel crotonese.
In Appello a Bologna le condanne erano state 92, mentre le assoluzioni 28. In Cassazione hanno fatto ricorso in 87, 31 dei quali accusati di associazione mafiosa. Tra gli imputati c’è anche il 49enne di Suzzara Salvatore Colacino, ora residente nel cremonese e condannato a 4 anni e mezzo per detenzione illegale di armi.
Tra i nomi di spicco ci sono quelli di Michele Bolognino, condannato in secondo grado a 21 anni e 3 mesi, Gaetano Blasco, condannato a 22 anni e 11 mesi, e Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore della Nazionale Vincenzo. Per lui in Appello la pena era stata ridotta a 13 anni. Tra i mantovani che hanno presentato appello c’è anche Antonio Rocca, 52 anni, manovale di Borgo Virgilio, condannato a 4 anni e 6 mesi per una compravendita di piastrelle nella quale era coinvolto anche Giuseppe Loprete, muratore 66enne di Pietole, che si era visto comminare una pena di 4 anni. Tra i ricorrenti, anche Pasquale Riillo, 56enne di Viadana, al quale era stata riconosciuta l’aggravante di associazione mafiosa. Per lui, condanna in secondo grado a 14 anni di reclusione.
Tra coloro che non hanno presentato ricorso, invece, c’è Salvatore Muto, residente nel cremonese, diventato collaboratore di giustizia a ottobre del 2017. Per lui la sentenza è diventata definitiva con una pena di 9 anni e 2 mesi.
L’udienza in Cassazione proseguirà anche venerdì, quando la procura generale formulerà le richieste di pena. La sentenza dovrebbe essere pronunciata il 6 maggio.
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