Nicolò Sfondrati, Gregorio XIV: in
ricordo il nome (errato) in una via
Un legame quindi importante, nel solco della storia, che “abbraccia” anche due figure di santi, san Carlo Borromeo (patrono del Comune) e san Luigi Gonzaga. Resta un errore materiale, quello della denominazione della via che, con buona pace della burocrazia e di problemi certamente ben più importanti, va comunque corretto
Bisogna saper osservare, ovunque, anche i dettagli. Non per pignoleria e nemmeno per perfezionismo, ma perché sulla storia è importante cercare di non sbagliare, per onore della verità e per rispetto delle persone che l’hanno costruita. Se poi, uno di questi, è divenuto addirittura Pontefice, il discorso vale ancora di più. Un vecchio adagio popolare afferma anche che “Errare umanum est, perseverare autem diabolicum, et tertia non datur”, vale a dire “Errare è umano, ma perseverare è diabolico, e la terza possibilità non è concessa”. A Pieveottoville, frazione del comune parmense di Polesine Zibello, la terza possibilità è stata anche superata. Infatti, da molti anni, una via del centro storico, a poche decine di metri dalla bella piazza Battisti, è dedicata al cremonese Nicolò Sfondrati. Peccato che il cartello che indica la via riporta la denominazione di un inesistente “Nicolò Sfrondati”.La cosa, da chi scrive queste righe, anche a mezzo stampa, è stata fatta presente più volte all’ex Comune di Zibello prima, a quello attuale di Polesine Zibello poi. Risposte? Zero assoluto. Anzi, la sola risposta, se così vogliamo definirla, è che quando sono stati rifatti i cartelli con le denominazioni delle vie, ci si è ostinati a perseverare nell’errore e la denominazione “Sfrondati” è rimasta. A chi scrive queste righe, come al solito, puntualmente, zero risposte. Del resto, da anni, avere risposte dagli amministratori che si succedono nella terra del culatello è un lusso che avviene in poche occasioni. E’ assai probabile essere ripresi se si sbaglia (forse) una virgola, difficile avere risposte a proposte e critiche. Ma tant’è. E’ noto che chiarezza e, soprattutto, trasparenza, non di rado e volentieri sono e restano belle parole: molto spesso smentite dai fatti.
Tuttavia la presenza di una strada dedicata, e qui lo si scrive in modo esatto, a Nicolò Sfondrati, impone di approfondire un po’ la storia e, soprattutto, il legame tra colui che divenne romano pontefice col nome di Gregorio XIV e il borgo di Pieveottoville. Quest’ultimo, prima della nascita della diocesi di Borgo San Donnino (l’attuale Fidenza) apparteneva, come altri centri limitrofi, alla Diocesi di Cremona, di cui lo Sfondrati (nato a Somma Lombardo l’11 febbraio 1535) fu vescovo. Di Cremona fu vescovo anche Francesco Sfondrati (padre di Nicolò) che, dopo essere rimasto vedovo, e dopo una importante carriera da giurista e senatore, abbracciò lo stato clericale, divenne cardinale nel 1544 e, dopo avere occupato altre sedi episcopali, nel 1550 venne trasferito alla diocesi di Cremona. Qui fu praticamente una “meteora”; infatti morì improvvisamente due settimane dopo la presa di possesso. Tornando alla figura, invece, di Nicolò, questi, appena quattordicenne, il 21 marzo 1549, subentrò al padre nella dignità di abate commendatario del monastero olivetano di Civate e il 20 giugno 1552, a soli diciassette anni fu chiamato da Filippo II a far parte del Senato milanese, il supremo organo politico-amministrativo del Ducato di Milano. La nomina era certamente espressione della benevolenza dimostrata da Filippo II nei confronti del figlio di un autorevole personaggio, il quale aveva, a suo tempo, goduto della fiducia di Carlo V. A questi sentimenti di benevolenza il giovane Niccolò non esitò del resto ad appellarsi qualche anno più tardi, nel 1557, quando il cardinale Federico Cesi, allora titolare della diocesi di Cremona (nella quale, per inciso, mai mise piede), si dimostrò disposto a cedere al giovane abate quel seggio vescovile in precedenza occupato dal padre. Filippo II appoggiò questa candidatura, non solo perché gli Sfondrati rappresentavano una famiglia la cui fedeltà alla Corona era stata ampiamente dimostrata, ma anche perché, come doveva specificare al proprio rappresentante presso la Santa Sede, il cardinale F. Pacheco, la preparazione, le qualità personali e la vita esemplare del candidato gli erano note sin dall’epoca della sua nomina a senatore. Ma a dispetto delle insistenti pressioni della diplomazia spagnola (o, forse, proprio a causa di esse), papa Paolo IV non si dimostrò disposto a concedere al troppo giovane Nicolò la dispensa necessaria per ricevere la consacrazione episcopale. La nomina sarebbe venuta soltanto dopo la morte di papa Carafa, il 3 marzo 1560, all’inizio del pontificato di Pio IV, il cui cardinale nipote era proprio quel Carlo Borromeo con il quale Sfondrati era già da anni in relazione ed al quale sembra fosse legato da non meglio specificati vincoli di parentela. Tra l’altro San Carlo Borromeo è patrono del Comune di Polesine Zibello, dove si trova il cartello sbagliato. Il 5 dicembre 1590, dopo un conclave durato quasi due mesi, Nicolò Sfondrati fu nominato Papa e, in omaggio alla memoria di Gregorio XIII che lo creò cardinale assunse il nome di Gregorio XIV. Apertosi la sera del 6 ottobre 1590, il conclave si concluse il 5 dicembre successivo con l’elezione, appunto, del vescovo di Cremona, dopo che le candidature dei soggetti più quotati erano naufragate una dopo l’altra. Morì a Roma il 16 ottobre 1591, anno che fu per altro funestato da una grave pestilenza ed in quella circostanza lo Sfondrati si adoperò largamente in elemosine ed aiuti e favorì anche l’apertura di lazzaretti per gli appestati. Nel soccorso agli ammalati si distinsero Camillo de Lellis e i suoi confratelli, nonché il giovane Luigi Gonzaga il quale, spinto dal suo ardente spirito di carità, finì con il contrarre il morbo, morendo a soli ventitré anni.
Per quanto riguarda il legame con Pieveottoville, questo è presto spiegato. Infatti Nicolò Sfondrati, nel 1576, stanziò più volte e periodicamente in paese dove eresse un ospedale detto “dell’Amor di Dio”. L’alto prelato era solito soggiornare in quella signorile villa, tuttora esistente e denominata Villa Rastelli, che sorge a due passi dalla chiesa collegiata di san Giovanni Battista. Si tratta di un palazzo dal corpo quadrato che culmina in una modesta colombaia ottagonale ed è coronato da grossi comignoli merlati. Il fabbricato è a due piani e pare che, in passato, fosse anche circondato da un fossato e dotato di un modesto ponte levatoio. Internamente è privo di decorazioni e gli ambienti sono piuttosto modesti, e tutti a travatura. Il caseggiato è molto antico e fu dei Marchesi Pallavicino che lo destinarono a sede del loro amministratore o luogotenente. Nel tempo l’edificio ebbe parecchi passaggi di proprietà e, per un lungo periodo, fu della famiglia Frondoni prima di passate alla storica famiglia Rastelli. Leggenda vuole che vi abbia alloggiato anche san Luigi Gonzaga (figura legata a quella di papa Gregorio XIV, come già evidenziato, per la pestilenza del 1591) . Mons. Sfondrati, allora vescovo di Cremona, come ricorda lo storico locale ed ex sindaco Gaetano Mistura, compì a Pieve due visite pastorali, una nel 1576 e l’altra nel 1583: già nella prima visita promosse e dettò norme regolamentari per la gestione dell’Opera Pia “Spedaletto dell’Amor di Dio”, che all’epoca era ancora in una fase embrionale, mentre nella seconda visita redasse un vero e proprio statuto, del quale purtroppo si perse l’originale essendo andato distrutto a causa di un incendio sviluppatosi negli ambienti della Curia Vescovile di Cremona nel XVII secolo. La Pia istituzione, come ricorda ancora Gaetano Mistura, raggiunse nel tempo un patrimonio fondiario, e non solo fondiario, ragguardevole con il quale si potevano sostenere molte persone bisognose del paese. Dopo il secondo conflitto mondiale, le finalità statutarie dell’Amor di Dio, anche a seguito delle provvidenze statali introdotte in proposito, nonché la perdita di valore dei fondi rustici e dei loro prodotti, esaurirono la loro valenza sociale. Per tale ragione gli amministratori dello “Spedaletto dell’Amor di Dio e della “Casa di riposo S. Lucia”, entrambi tuttora impegnati nel sostegno delle persone più fragili, all’inizio di questo secolo, intesero fondere i loro statuti e le loro finalità, ma la secolare istituzione voluta dall’Arciprete Frondoni e consolidata da Mons. Nicolò Sfondrati continua a sopravvivere.
Sempre secondo Mistura, è lecito supporre che tra il prelato cremonese e la famiglia Frondoni, che aveva dato alla parrocchia pievana due sacerdoti (Vincenzo ed Ippolito, zio e nipote), alternativamente entrambi divenuti parroci della stessa, si sia stabilito un rapporto che andava oltre quello tra l’Ordinario diocesano e i due membri del suo clero per diventare un rapporto di amicizia e di frequentazione, tanto che lo Sfondrati, divenuto cardinale, si dice sostasse nella villa dei Frondoni durante i suoi viaggi da e per Roma.
“Non si può peraltro escludere, ed anche questa è una voce ricorrente – spiega Mistura – che il prelato durante le sue soste pievane, di buon mattino si recasse a caccia nella tenuta del “Marzano” che pure apparteneva ai Frondoni”.
Un legame quindi importante, nel solco della storia, che “abbraccia” anche due figure di santi, san Carlo Borromeo (patrono del Comune) e san Luigi Gonzaga. Resta un errore materiale, quello della denominazione della via che, con buona pace della burocrazia e di problemi certamente ben più importanti, va comunque corretto: per onore della verità, della storia e per rispetto di un personaggio importante per la storia delle due rive del Po.
Eremita del Po, Paolo Panni