I colori della campagna: tra fiori
e piante, il casalasco che si colora
Tra i dettagli anche quelli delle piante spontanee che, in questi giorni di primavera, si possono osservare percorrendo sterrati ed argini, carraie e golene. Molte di queste con proprietà terapeutiche, ottime anche in cucina
La primavera avanza e la campagna casalasca e cremonese è un quadro a cielo aperto, con le sue grandi distese di giallo, di verde e d’azzurro. Una livrea che, insieme alle geometrie della pianura, ai lunghi filari di alberi, alle torri spesso merlate delle vecchie cascine crea un paesaggio che, nel suo insieme, non può che essere motivo di ispirazione per pittori e fotografi, poeti, scrittori e registi. Come del resto tante volte, anche in passato, è successo. Sarebbe bello se chi dipinge e chi fotografa si mettesse qua e là, lungo la campagna, permettendo a tutti di osservare le proprie opere, dando vita a vere e proprie mostre all’aria aperta, improvvisate, senza bisogno di grandi organizzazioni. A volte è sufficiente mettersi all’ombra di una vecchia quercia, al fianco di un canale, sotto ad un vecchio portico o sfruttare uno di quei grandi portoni che non si aprono da anni per trovare lo spazio e l’angolo giusto in cui mostrare a tutti le proprie opere, in cui immortalare e fissare il paesaggio e, magari, insegnare ai più giovani l’arte della pittura piuttosto che della fotografia.
Queste giornate di primavera, in attesa di osservare tra un po’ di settimane i colori del grano e del girasole, offrono lo spettacolo delle distese di giallo dei campi di colza; il verde dei prati e dei pioppeti (questi ultimi con le loro spettacolari geometrie e le loro straordinarie profondità). Per arrivare al lilla e al viola del glicine che si inerpica ed abbraccia i vecchi muri, spesso di edifici ormai abbandonati, come a voler ridare loro un tocco variopinto di vita ed aggiungendo meraviglia ad un paesaggio che ha tanto, di bello, da offrire. Va percorsa lentamente la campagna, va osservata (ricordando che osservare è cosa ben diversa dal guardare) passo dopo passo, lasciando da parte l’auto (di questi tempi, con i prezzi che i carburanti hanno raggiunto è, a maggior ragione una buona idea). Bisogna muoversi a piedi, senza fretta, vivendo ed assaporando pienamente ciò che la campagna è in grado di offrire, magari bussando con delicatezza alla porta di qualche cascina, chiedendo “permesso” ai proprietari, parlando con loro della meraviglia che si sta osservando, chiedendo loro di parlare delle storie e delle vicende delle loro tenute, per crearne una memoria e lasciarla fissata, anche nei particolari. Dicendo loro “Grazie” non solo quando quelle porte si aprono, e non solo quando si è sul punto di tornare sulla strada di casa, ma per quell’incessante lavoro che da anni portano avanti, da una generazione all’altra, tenendo vivo il lavoro avviato dai loro e dai nostri padri.
Chi scrive queste righe non ha certo la pretesa di essere un buon fotografo e men che meno un artista. Tuttavia, sperando di fare cosa gradita ai lettori di Oglioponews, ho ritenuto di proporre una carrellata di immagini. Una piccola “mostra” (parola molto grossa) virtuale di ciò che,m tra un passo e l’altro, ho osservato in questi giorni. Un’altra mostra, con immagini diverse, ma pur sempre legata al territorio, la potrete visitare il primo maggio alla Cascina Pontirolo di Pontirolo Capredoni, grazie alla disponibilità e alla sensibilità di quella mecenate della cultura che è la proprietaria Luana Capelletti Griffini: e non me ne voglia il sindaco di Voltido se gli “rubo” le parole, sacrosante, usate per definire questa donna che è una miniera di idee. Ma questa, comunque, è un’altra storia.
La campagna, come evidenziato, va osservata, conosciuta e percorsa lentamente, a piedi, passo dopo passo, senza perdersi alcun dettaglio.
Tra i dettagli anche quelli delle piante spontanee che, in questi giorni di primavera, si possono osservare percorrendo sterrati ed argini, carraie e golene. Molte di queste con proprietà terapeutiche, ottime anche in cucina. Per riconoscerle sarebbe bello organizzare veri e propri corsi, magari con escursioni guidate in campagna. Nel tempo si sono abbastanza perse le conoscenze e le pratiche (un tempo assai diffuse) legate a queste erbe. Tra le più diffuse, la salvia dei prati che ha foglie e fiori commestibili, particolarmente bottinata dalle api (e quindi estremamente utile anche per la sopravvivenza delle api stesse). Se ne ricava, alla fine, l’ottimo miele millefiori. Questa salvia è detta anche erba lupo o erba moro ed è conosciuta sin dalla antichità come pianta di salvezza e di amore. Pare che perfino Cleopatra, che di fascino ne aveva parecchio, la usasse per far cadere ai suoi piedi qualche uomo troppo resistente alla sua straordinaria bellezza. Le proprietà benefiche della salvia, ancora oggi sfruttate, sono state mescolate spesso in passato a superstizione e magia. C’è chi racconta perfino che ai tempi fosse usata nella speranza di resuscitare i morti.
Questo è anche tempo di luppolo (la pianta della birra per intenderci) selvatico i cui germogli trovano denominazioni differenti tra una regione e l’altra (aspargina, luartis, luvertìn, lavertìn, luperi, vidisone, vartìs, urtizon, bertüçi, viticedda, tavarini). Sono assolutamente ottimi per frittate e risotti. I getti apicali del luppolo selvatico assomigliano nell’aspetto agli asparagi e per questo spesso vengono chiamati anche “asparagi selvatici”. Hanno un sapore un po’ amarognolo. A differenza della maggior parte dei germogli utilizzati per uso culinario, i getti di luppolo selvatico sono tanto più gustosi quanto più sono grossi. Si tratta di un alimento ipocalorico, con proprietà tonificanti, rinfrescanti, sedative, diuretiche e lassative, purificano il sangue e stimolano le funzioni epatiche.
Più difficile da riconoscere è la radicchiella selvatica (molti la chiamano “sprelle”), una pianta che decisamente sa di primavera e può essere consumata sia cruda che cotta in insalata.
Molto diffuso, celebre e facilmente riconoscibile è il tarassaco, capace di favorire la digestione, regolare il flusso biliare e stimolare la diuresi. Si tratta di un ottimo rimedio naturale contro la ritenzione idrica. Di questi tempi non è difficile nemmeno imbattersi nel latte di gallina, noto anche come ornitogalo, e nella muscari, pianta che si presenta con quei piccoli fiori dal colore blu che spesso colorano le rive dei canali. Il latte di gallina (detta anche stella di Betlmemme oltre che ornitogalo), va detto, contiene sostanze che la rendono tossica; tuttavia è utilizzata in erboristeria come rimedio ai disturbi dell’apparato digerente mentre la muscari è utilizzata in Friuli per dipingere il guscio delle uova per le festività pasquali.
Infine, molto diffuso, anche il ranuncolo selvatico dal caratteristico colore giallo intenso, da lasciare però decisamente dov’è essendo particolarmente tossico.
Eremita del Po, Paolo Panni