Ciclopedonale moderna
e campagna, una riflessione
Casalmaggiore e Sabbioneta sono collegate non solo dalla trafficata Sabbionetana, ma da una strada molto meno frequentata che collega il Santuario della Fontana a quello di Vigoreto e che i ciclisti possono percorrere in tutta sicurezza, beneficiando dal basso non solo della campagna, ma anche degli incontri umani e di soste culturalmente interessanti che lungo la strada si possono fare
Ho una calcolatrice a luce solare, di fabbricazione tailandese, che posseggo da 44 anni e che funziona ancora perfettamente ogni volta che la tolgo dal buio del cassetto. Per 44 anni, quindi, non ho avuto alcun bisogno di cambiare le batterie. Era per me un miracolo allora, quando me l’hanno regalata, mentre oggi resta un mistero il fatto che, di fronte a tecnologie molto più evolute, in tanti anni non si sia perfezionato il sistema, costruendo apparecchi più sofisticati e alla portata di tutti, in grado di abbattere il consumo di energia. Le auto di oggi consumano più benzina di quanto non lo facessero quelle degli anni ’70 ed ogni diavoleria che si è inventata applicabile alle auto medesime, ai computer e a tutto il resto consuma immensamente energia.
La mia piccola calcolatrice di 44 anni fa è lì però a dirmi che già allora si sarebbe potuta aprire un’altra via dello sviluppo tecnologico (elettronico e digitale) e che, così come non c’è una sola via alla scienza, a maggior ragione essere contro le soluzioni consumone e impattanti non significa essere antimoderni e contro qualsiasi novità, quanto semmai avere consapevolezza che un diverso progresso è non solo immaginabile, ma probabilmente anche a portata di mano, se solo la ricerca non fosse costantemente deviata verso falsi obiettivi a beneficio di chi incentiva il consumo di risorse naturali ed energie fossili.
Questa piccola premessa, fatta da uno che è cresciuto a pane ed avanguardie artistiche, e che quindi è sempre stato curioso e ricettivo rispetto alle novità, serva da introduzione a quanto sto per dire a proposito di un progetto di pista ciclabile sopraelevata che collegherebbe Casalmaggiore a Sabbioneta.
Alla prima occhiata è difficile non restarne affascinati. Una passerella ciclopedonale sospesa agli alberi! Fantastico! In grado poi di adattarsi ai movimenti naturali della crescita degli alberi, tenendo conto che due alberi piantati nello stesso momento a volte hanno uno sviluppo diverso. Fantastico! Immagino poi che sia molto più economica di una normale pista ciclabile, non soggetta a degrado, in grado di autopulirsi dalle foglie autunnali e di assorbire le folate di vento come quelle di sabato scorso. Tre volte fantastico!
A prescindere da molti “dettagli” che meglio ci farebbero comprendere non solo la novità, ma anche la fattibilità e la reale fruibilità della soluzione, – se il percorso è rettilineo o sinuoso, se comprende delle soste o meno, in che modo consente la salita in quota e le discese, ecc. ecc. – vorrei portare una semplice riflessione sull’idea di fondo che regge tale progetto.
Da sempre tra due alberi si può tendere un’amaca e da molto tempo sono stati gli architetti dei giardini e gli artisti in genere a rivelarci le incredibili possibilità delle architetture vegetali viventi. Basta andare a Lodi o in certi parchi del Trentino per rendersene conto. Si sa che in questi ultimi decenni le archistar non hanno fatto altro che saccheggiare sistematicamente le invenzioni artistiche proiettandole sulla scala del gigantesco e dello spettacolare, ma cambiandole profondamente di segno, perché il cosiddetto “primato dell’effetto” porta inevitabilmente a trasformare tutto in merce, in questo caso soprattutto un paesaggio fruito dall’alto, panoramicamente, come appunto i “panorama” nelle esposizioni universali.
Scrivo questo perché a ben vedere l’idea che regge il progetto non è affatto nuova, la ritroviamo nel famoso Crystal Palace di Londra, in quella che fu nel 1851 la madre di tutte le esposizioni universali, dove una gigantesca navata di vetro, con le sue passerelle sospese, inglobava un grande olmo presente in Hyde Park, luogo dove era stato costruito il padiglione. Per la prima volta, la logica astraente e “distraente” della merce, così come ci è stata finemente spiegata da Karl Marx e da Walter Benjamin, agiva su un oggetto naturale, sottratto alla natura del parco, trasfornandolo a sua volta in merce, o meglio nella sua spettacolarizzazione.
Se vogliamo vedere la nostra campagna dall’alto, lo possiamo fare ogni giorno sui nostri meravigliosi argini che i ciclisti conoscono bene, non abbiamo bisogno di inventarci delle passerelle sospese e di tormentare gli alberi. E se abbandoniamo l’argine maestro e ci inoltriamo fra arginelli e sentieri golenali, ci attende un paesaggio meraviglioso, vario e misterioso che mi rammarico di aver scoperto solo di recente, nelle sole passeggiate consentite ai tempi del lockdown. La pianura padana, il paesaggio dell’Oglio Po sono monotoni solo per chi non li conosce, per quelli che ignorano la vera bellezza che non è fatta solo di vedute distanti, ma di contatti e di relazioni fra le cose. Una vera cultura del paesaggio che non sia ridotto a merce spettacolare, non può prescindere dal contatto fisico col suolo che è fondamento non solo per le radici degli alberi, ma anche del nostro benessere. Tutto in questi tempi porta a una totale perversione di obiettivi e di valori. E che dire delle culture idroponiche, questa trovata da apprendisti stregoni che, invece di utilizzare il suolo che non manca, preferiscono coltivare “in provetta”, a vantaggio non certo dell’umanità (si dice per risolvere il problema della fame nel mondo!), ma di chi le pratica finché riesce ad intercettare finanziamenti statali od europei. Con questa finalità a Motta Baluffi si è tolto tutto lo strato fertile di un appezzamento di terreno e poi non è successo più niente: una follia!
Un insopportabile frasario, rubato a istanze salutiste, ambientaliste ed ecologiche, copre una selva di logiche ed interessi speculativi che conducono ad esiti diametralmente opposti a quelli attesi. L’imperversare sconsiderato di piste ciclabili anche all’interno delle città – che avrebbero dovuto svuotarsi di auto private a vantaggio di mezzi pubblici per risultare più vivibili e quindi percorribili anche dalle biciclette, e non riempirsi di monopattini elettrici – di città storiche nate con vie strette (ben diverse dalle metropoli del nord Europa), le rende sempre più negate al modo più sano e meno impattante di viverle, ovvero quello di attraversarle a piedi, in quanto i marciapiedi sono ridotti a corridoi sempre più stretti, veri percorsi ad ostacoli, pieni di insidie e rischi per i poveri pedoni, come già si può vedere in alcune zone di Parma e di Cremona.
Se il diritto alla città ci è già stato rubato, non vorremmo essere derubati della nostra campagna, delle sue piccole, discrete e infinite bellezze, a causa di strutture nate con diverse finalità.
Casalmaggiore e Sabbioneta sono collegate non solo dalla trafficata Sabbionetana, ma da una strada molto meno frequentata che collega il Santuario della Fontana a quello di Vigoreto e che i ciclisti possono percorrere in tutta sicurezza, beneficiando dal basso non solo della campagna, ma anche degli incontri umani e di soste culturalmente interessanti che lungo la strada si possono fare.
Se la nostra campagna ci sembra monotona e ci sono soldi da spendere, investiamoli ripiantumando le rive dei fossi: questo sarebbe uno spettacolo non solo bello a vedersi, ma salutare per l’ambiente e per il clima.
Valter Rosa