Cronaca

L'epopea dei tram nel
racconto di Gaetano Mistura

Ancora una volta gli si deve dire Grazie per il suo prezioso e continuo lavoro di ricerca e di ricostruzione storica. Oggi, come già accaduto anche di recente, si attinge ai suoi saperi, ai suoi documenti e si pubblica, per esteso, a disposizione di tutti gli amici e lettori di oglioponews, la storia del Tram nelle terre del Po

C’è stato un tempo, tra fine Ottocento e inizio Novecento, in cui da Parma, Fidenza e dintorni, per arrivare a Cremona, al Cremonese ed al Casalasco, per arrivare a salire a bordo dei traghetti e giungere nei paesi rivieraschi ci si spostava a bordo del tram. E’ stata, quella, una vera e propria epopea, una pagina di storia a molti poco conosciuta, ma di notevole importanza per i territori del bacino del Po.

Una storia che, oggi, viene rievocata, ancora una volta, grazie alla disponibilità e alla attenzione di Gaetano Mistura, ex sindaco di Zibello (per tre mandati) e, soprattutto, instancabile e prezioso storico locale. Una vera e propria miniera di ricordi, di vicende e di storie dei territori della Bassa Parmense. Storie che, spesso e volentieri, per ovvi motivi di vicinanza e non solo, si sono intrecciate con quella di Cremona, del Cremonese e del Casalasco.

Ancora una volta gli si deve dire Grazie per il suo prezioso e continuo lavoro di ricerca e di ricostruzione storica. Oggi, come già accaduto anche di recente, si attinge ai suoi saperi, ai suoi documenti e si pubblica, per esteso, a disposizione di tutti gli amici e lettori di oglioponews, la storia del Tram nelle terre del Po.

Eremita del Po, Paolo Panni

C’era una volta… il tram – Potrebbe cominciare così la rievocazione della comparsa nel territorio della nostra provincia ed in particolare del nostro territorio della bassa parmense, di una infrastruttura viaria destinata a sovvertire la concezione stessa del trasporto, sia delle persone, sia delle merci. Alla fine del 1800 l’introduzione della rete tranviaria su rotaia rivoluzionò il sistema dei collegamenti, almeno a livello provinciale, conferendo ad essi maggior efficienza, rapidità e sicurezza.

Fino ad allora gli spostamenti fra la città capoluogo ed il forese erano assicurati da vetture (diligenze) o carri a traino animale. Ma il transito, già lento per sua natura, lo diventava ancora di più a causa, da un lato delle precarie condizioni del fondo stradale e, dall’altro, delle condizioni climatiche. Specie nella brutta stagione la pioggia, la nebbia, la neve, le strade rese molli dalle precipitazioni, già solcate da precedenti passaggi o, peggio, coperte di ghiaccio, diventavano esse stesse un ostacolo quasi insormontabile per chi, dalle nostre campagne, doveva recarsi in città o dalla città e per la città doveva far viaggiare le proprie merci.

L’arrivo del tram nei nostri paesi, ma lo stesso avvenne ovunque questo nuovo mezzo di locomozione abbia fatto la sua comparsa, fu accolto con grande entusiasmo e fu salutato come un miracolo della tecnica. La nostra Bassa venne servita dalla tranvia Parma-San Secondo-Busseto, la quale faceva parte di un sistema di linee provinciali che si estendeva per 177 km, costituendo la più lunga rete d’Italia con binari a scartamento normale. La linea, completata dalla diramazione Mano- Roccabianca, oltre al trasporto passeggeri, consentiva un flusso di materie prime e manufatti da e per i principali stabilimenti industriali, vitale per l’ economia del capoluogo, grazie anche ai raccordi con gli scali ferroviari e la navigazione fluviale. Attivata fra il 1893 e il 1894, la linea passò negli anni dalla gestione privata a quella provinciale, fino alla chiusura avvenuta nel 1939.

Il 5 novembre 1890 la Provincia di Parma assegnò a Luigi Corazza la concessione per la costruzione e l’esercizio di alcune linee tranviarie destinate al transito di mezzi con propulsione a vapore. La linea Parma-San Secondo-Zibello-Busseto raccordata con i cantieri Muggia di Polesine, dove approdavano i battelli a vapore della navigazione fluviale, aveva una estensione di 45 km.
Oltre a questa, l’atto di concessione prevedeva le seguenti altre linee:
– Parma-Langhirano, di 24 km
– Parma-Soragna-Busseto, di 38 km
– Parma-Traversetolo, di 21 km
– Soragna-Borgo San Donnino (come allora si chiamava la città di Fidenza), di 9 km

Nel 1892 il Corazza cedette tale pacchetto di concessioni alla milanese Società Nazionale di Tramways e Ferrovie, che avviò la costruzione della prima linea. La prima tratta della linea, fra Parma e San Secondo, fu attivata il 27 maggio 1893, prolungata fino a Zibello il 27 dicembre dello stesso anno; il completamento, con l’apertura all’esercizio della Busseto-Zibello, avvenne il 17 dicembre 1894. Nel frattempo anche le restanti linee furono attivate, dando così compimento all’intera rete concessa nel 1890. Allo scoppio della 1a Guerra mondiale le linee provinciali vennero cedute al gruppo Giuseppe Muggia e alla Banca Italiana di Sconto. Una nuova proprietà nel 1918, avviò un ampio processo di estensione e di trasformazione delle tratte. In questa fase si passò dalla propulsione a vapore a quella elettrica ben più innovativa. Ma nel frattempo già stava arrivando la concorrenza dell’autotrasporto su gomma, che durante la prima guerra mondiale si dimostrò estremamente pratico e versatile e che per questo avrebbe finito per soppiantare le linee su rotaia. La rete a vapore venne a mano a mano soppressa e con essa la Parma-Busseto. Il 15 novembre 1937 chiuse la Mano-Busseto. Il 19 novembre 1939 fu la volta della Parma-Mano e della diramazione Mano-Roccabianca. Il servizio trasporti fu affidato alle Società Riunite Trasporti (SoRiT), la quale per i molti decenni successivi gestirà le linee con autocorriere.

La strada ferrata, ormai soppiantata, venne smantellata in brevissimo tempo negli anni ‘39 e ‘40 del ‘900 e tutto il materiale rotabile, così come il bronzo della campane e il ferro delle cancellate, fu destinato all’industria bellica. Dopo quasi mezzo secolo di onorato servizio, per il tram non c’era più futuro.

Quella qui rappresentata è la locomotiva numero 4, detta “Busseto”, la stessa che correva sulla linea Parma – Busseto, ora conservata nel Museo “Ogliari-V olandia”, allestito nelle recuperate storiche Officine Aeronautiche “Caproni” a Somma Lombardo (Malpensa) (VA). Fu costruita per la Società Nazionale Ferrovie e Tranvie (SNFT) e operò sulle quattro linee tranviarie che l’impresa aveva in concessione in provincia di Parma. Si distinse per la presenza di doppi organi di trazione e repulsione.
Caratteristiche tecniche – Anno di costruzione: 1892 Azienda costruttrice: Breda Velocità massima: 30 km/h Scartamento: mm. 1.445
Il tram filava sicuro sulle rotaie, sbuffando, avvolto in una nuvola di vapore, non vincolato dalle condizioni climatiche avverse, come il ghiaccio, la nebbia e le strade impraticabili. Al giorno d’oggi può suscitare un senso di compassione quel relitto dell’Otto-cento, eppure la sua apparizione fu una rivoluzione e relegò per sempre carrozze e diligenze nei depositi museali.

La diligenza passava al mattino prestissimo e tornava a tarda sera, impiegando sei o sette ore per arrivare a Parma e altrettante per tornare. Il tram era veloce, comodo, puntuale, sicuro: tre corse al giorno. Dall’angolo del piazzale della nostra chiesa fino all’intersezione con via Frattina correva il doppio binario, per consentire il contemporaneo passaggio dei convogli in arrivo e in partenza.
Ora la gente aveva modo di spostarsi più agevolmente e l’orizzonte dei suoi interessi si dilatava. La posta e le merci arrivavano con molto anticipo e con maggior puntualità. La corrispondenza arrivava e partiva due volte al giorno e due volte al giorno veniva distribuita.

Comode erano le coincidenze; la rete ferroviaria abbracciava tutta la provincia: tanto le zone di pianura, come quelle della prima collina. Il convoglio, trainato da una motrice a vapore, cominciò ad essere utilizzato anche per il diporto. Vengono ricordate due gite in tram delle scolaresche pievane: una novità e tanta emozione. Esse ebbero come meta: la prima, Villa Verdi a Sant’Agata, raggiunta a piedi da Busseto al canto di “Va pensiero”; la seconda a Montechiarugolo: un mondo nuovo si apriva agli occhi dei giovani alunni. Veramente curiosa la coincidenza per Roccabianca. I passeggeri diretti a Roccabianca, dovevano cambiare alla Mano: scendevano dal tram e salivano su una carrozza che, sempre sui binari, era trainata da un cavallo fino a raggiungere il paese. Stessa sorte per le merci da e per Stagno, consistenti in sassi, sabbia, ghiaia e cataste di legname proveniente dai boschi circostanti.

Questo veniva chiamato “al tram a maròn” (intendendosi per “maron” gli escrementi equini). Per il Congresso Eucaristico del 1937 il tram riversò a Pieve una folla, incredibile per l’epoca, proveniente da tutta la provincia, ma non solo. A Pieve, come negli altri paesi, vi era un capostazione-bigliettaio, munito di corno a tracolla e la bandierina rossa e verde coi quali regolava arrivi e partenze. Pronto e puntuale andava incontro al tram nei pressi di casa Eden quando arrivava da Busseto e nei pressi della banca, allora “Cassa rurale e artigiana Piccolo Credito”, quando arrivava da Parma.

La ferrovia che collegava Pieve e Ragazzola correva ai piedi dell’argine maestro. Venuto meno il servizio tramviario e rimosse le rotaie, rimase il selciato stradale. Il nuovo trasporto su gomma privilegiò, ma fu un errore, l’argine maestro che divenne strada provinciale. Così la vecchia strada del tram, come ancora oggi viene chiamata, fu ridotta a mera carrareccia di campagna. Per molto tempo la gente del luogo continuò a vagheggiare per quel tratto stradale una riqualificazione ed un recupero ai fini di un suo utilizzo per il traffico veicolare, onde evitare il pericoloso e tortuoso percorso sull’argine, già teatro di numerosi incidenti, anche mortali.

Ma una modernizzazione del tracciato per renderlo idoneo al transito dei veicoli su gomma avrebbe richiesto un investimento finanziario all’epoca, forse, non alla portata dell’Amministrazione provinciale, la quale, peraltro, non ha mai mostrato nei confronti della viabilità della Bassa soverchie attenzioni, certamente più rivolte (e probabilmente non a torto) alle strade di montagna. Una nuova strada alternativa al nastro corrente sulla sommità arginale verrà aperto, sia pure a stralci, tra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90 del novecento, dopo l’inaugurazione del ponte sul Po – Ponte Verdi – avvenuta nel marzo del 1980.

Gaetano Mistura (Per questa ricerca si è attinto anche a “ricordi” di Giuseppe Grandi pubblicati su POV – Bollettino di Pieve ottoville a metà degli anni ottanta dello scorso secolo)

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