Cultura

Cascina Pontirolo: un miracolo di
cultura, storia, arte e biodiversità

In questo scrigno a cielo aperto di cultura, arte, storia, ambiente e gusto del bello sono già entrati nel vivo i preparativi per gli appuntamenti del primo e del 2 maggio

Una miniera di storia, cultura, arte e biodiversità in un borgo antico che è una bomboniera nel cuore del Casalasco. Quando si entra alla Cascina Pontirolo bisogna farlo in punta di piedi, in silenzio, osservando attentamente ogni cosa. Perché in tutto, ovunque, ci sono i risultati, i frutti della passione di Luana Capelletti Griffini per tutto ciò che è bello, per tutto ciò che è passato, per tutto ciò che sa di tutela dell’ambiente. Lo ha fatto col pieno sostegno di tutta la sua famiglia, lo ha realizzato col cuore, con l’anima con la testa e con le mani, tirandosi su le maniche, trattandosi di una persona (e ce ne sono poche) che quando pensa una cosa, la realizza. Fa bene Giorgio Borghetti, sindaco della vicina Voltido, a definirla una “mecenate della cultura”; la si potrebbe definire anche una filantropa delle nostre terre fertili, per quello che sta donando e costruendo, a beneficio di tutti. Una di quelle persone a cui si deve dire sempre “Grazie” per quell’universo di idee e di realizzazioni che è capace di fare. Uno dono per il territorio, un dono per i posteri e un dono per quella bomboniera che è Pontirolo Capredoni, piccola frazione di Piadena Drizzona. Uno di quei villaggi a cui è facile affezionarsi, non appena ci metti i piedi; presi dal desiderio di tornarci una volta che te lo sei lasciato alle spalle.

I frutti del lavoro di Luana Capelletti Griffini, e della sua famiglia, sono lì da vedere. Dalla raccolta museale, ricavata in un vecchio fienile, dedicata alla memoria di Francesco Griffini (bisnonno del marito di Luana), in cui tanti strumenti della civiltà contadina, dopo la lunga epopea del lavoro nei campi sono oggi diventati testimonianze di un passato prezioso, fatto di uomini e donne laboriosi. A pochi metri, al piano terra, una vecchia e piccola stalla è divenuta una biblioteca, con tanto di sala di lettura, impreziosita anche da testi molto antichi, a disposizione di tutti coloro che desiderano conoscere e approfondire la storia dei nostri territori. Appena fuori, i vecchi silos divenuti una straordinaria opera d’arte a cielo aperto grazie agli affreschi dell’artista Michela Vicini di Vescovato (autrice anche dello splendido murale che impreziosisce la raccolta museale dedicata alla civiltà contadina), ormai presi di mira da frotte di fotoamatori e videoamatori. Poi, lo splendido parco botanico e didattico (un luogo che le scuole farebbero bene a visitare) con decine e decine di varietà, alcune delle quali anche particolarmente rare a cui si aggiunge un orto, unico nel suo genere, in cui da una parte spiccano tutti i fiori e le erbe presenti nella Sacra Bibbia e, dall’altra l’Hortus Conclusus dedicato a Santa Ildegarda di Bingen vissuta nel XII secolo, considerata promotrice di una vita migliore basata sulla scienza delle erbe medicinali. Tra le erbe presenti: Agastache anethiodora (menta anice), Anthemis tinctoria (camomilla), Artemisia Abrotanum (coca cola, repellente per insetti); Calendula officinali, Cichorium Intybus (cicoria selvatica), Indigofera tinctoria (indigo), Nicotania rustica (tabacco agricolo e insetticida biologico) e Rubia tinctorum (robbia). Un luogo, nel suo insieme in cui l’ideatrice ha voluto coniugare, come lei stessa rimarca, storia, ambiente e botanica, con priorità assoluta alla tutela e alla valorizzazione della biodiversità: uno dei valori che ha messo al centro del suo agire.

In questo scrigno a cielo aperto di cultura, arte, storia, ambiente e gusto del bello sono già entrati nel vivo i preparativi per gli appuntamenti del primo e del 2 maggio. Domenica 1 maggio è in programma una giornata dedicata ai Madonnari arricchita da una mostra legata al territorio. Lunedì 2 il ritorno, in serata, della tradizionale e suggestiva cerimonia alla vicina cappelletta di Santa Maria di Lamo, detta anche dei morti di Pontirolo, un luogo in cui fede, storia e mistero si fondono in modo superlativo. Un baluardo di grazia, in mezzo alla campagna, dedicato a Maria. In una terra in cui chiese, oratori e cappelle dedicate alla Madre di Gesù si moltiplicano, a dimostrare la fecondità di una fede mariana che, nel casalasco, da secoli, è sempre stata viva e fiorente. Potrebbe diventare, questa cappelletta (già visitata dai vescovi monsignor Dante Lafranconi e monsignor Antonio Napolioni), il crocevia di cammini e itinerari mariani da sviluppare a beneficio sempre dei nostri territori. Una idea alla quale, chissà, si potrebbe lavorare. Nel frattempo, anche in questo caso, è lì da vedere il lavoro, fatto di fede e di amore, che la famiglia Capelletti Griffini, sta portando avanti per la valorizzazione e la tutela di questa bomboniera mariana, dalla storia importante. Basta attingere alle fonti storiche per scoprire che, di fatto, la cappelletta è l’ultimo segno rimasto di un luogo in cui si trovavano almeno un’altra chiesa e diversi edifici, ormai scomparsi. Il nome prende origine dai Lamo, nobile famiglia decurionale cremonese (1100-1628) di cui faceva parte anche Alessandro Lamo, frate cappuccino, storico e poeta nato in Spagna nel 1555 e morto nel convento di Milano nel 1612 (ricorre quindi il 410° anniversario della scomparsa). Fu segretario del Nunzio Apostolico Ludovico Taverna, vescovo di Lodi ed entrò nell’ordine dei frati cappuccini col nome di Padre Ignazio. Fu inviato in Svizzera a fondare l’ordine dei cappuccini esercitando le funzioni di guardiano e di maestro dei novizi. I Lamo erano, tra l’altro, imparentati coi Picenardi.

La cappelletta sorge sul Campo dei Morti che, nel Catasto teresiano, apparteneva al marchese Cesare Francesco Soresina della non lontana Villa Medici del Vascello di San Giovanni in Croce. Il sacro edificio, come anticipato, è definito anche dei Morti di Pontirolo.

Lamo, per la prima volta, appare in un documento legato alla donazione fatta nel 1164 dall’imperatore Federico Barbarossa al vescovo di Cremona Presbitero da Medolago. A proposito del Barbarossa, a margine è doveroso ricordare che, non lontano da Pontirolo, fu anche fondatore del nucleo originario di San Pietro in Mendicate. Tornando al documento del 1164, questo fa dedurre che Lamo era un aggregato di edifici e di fondi e che, fin da allora, esisteva una chiesa dedicata a Santa Maria con tanto di cimitero. Sempre nel medesimo documento è citata anche una “ecclesia” vecchia che sorgeva lungo la strada che da Lamo portava “Ad domo de Sachis”. E’ altresì certo che già all’inizio del XIII secolo la località “De Lamo”, insieme a quella “de Gatariolo” faceva parte del distretto della Pieve di San Maurizio: nell’atto del 1211 in cui i fratelli Guiscardo, Egidio e Tedisio de casali dichiarano di essere vassalli del vescovo Sicardo per la pievania di San Maurizio si parla del territorio di Lamo Un altro documento datato 30 marzo 1464 cita Giacomo dè Crotti come rettore della chiesa di Santa Maria di Lamo mentre il 15 marzo del 1499 don G.Battista Crotti viene investito del beneficio della chiesa semplice di Santa Maria di Lamo. E’ assai probabile che i due sacerdoti fossero imparentati tra loro visto che, specie in quelle epoche, accadeva di frequente che, come successori alla guida di una determinata chiesa, oratorio o cappella venissero designati membri di una stessa famiglia. Passando al XVI secolo ed esattamente al 1518 ecco che nel Census Ecclesiarum è elencata, tra le chiese oltre Porta S.Michele, come ecclesia di Santa Maria di Lamo mentre un rogito del 1526 del notaio Sfondrati parla di don Guidangelo Rossi come chierico beneficiario della chiesa “Sine cura” di Santa Maria di Lamo.

Passando al 1575 ecco che Alfonso Picenardi, a nome degli uomini e delle donne di Pontirolo, con Anselmo da Laglio di Colombarolo e Benedetto Bolzeri delle Canove domandano a San Carlo Borromeo, allora visitatore apostolico di Cremona, di dare ordine di restaurare la chiesa ormai in rovina. Una supplica in cui non si fa alcun cenno degli abitanti di Lamo. Un particolare, questo, tutt’altro che irrilevante, che lascia dedurre che il villaggio fosse già scomparso. Cosa lo ha “cancellato”? Probabilmente una delle tante guerre che all’epoca si combattevano o, perché no, la possibilità che sia stato abbandonato dagli abitanti che potrebbero essersi trasferiti nei vicini centri di Pontirolo, Colombarolo e Canove, dove esistevano con ogni probabilità terreni qualitativamente migliori da lavorare, visto che “Lama” significa luogo paludoso. Andando avanti di quasi un paio di secoli, nel 1708 la nobile famiglia Settala prese possesso del chiericato di Santa Maria di Lamo e Ronca nel luogo di Pontirolo, nel quale si vede che la chiesa di quel beneficio, altre volte parrocchiale, era distrutta ed era rimasto un solo muro a forma di cappella col dipinto della beata Vergine Immacolata. Sempre i Settala presero anche possesso di un oratorio dello stesso luogo di Pontirolo spettante alla famiglia Capredoni.

Il 16 dicembre 1801, con tanto di atto ufficiale, l’edificio cessò di essere un beneficio della chiesa e divenne di proprietà privata passando a Giovanni Gerelli, fu Giuseppe, per poi subire nel corso del tempo numerosi passaggi di proprietà. Se da una parte perse importanza ufficiale e giuridica, dall’altra continuò ad essere un luogo molto caro alla fede e alle pietà di tante persone del territorio. Nel tempo, anche attualmente, tanti devoti vi si sono fermati in preghiera, portando anche offerte, ex voto, chiedendo grazie o portandosi via un pizzico di terra ritenuta benedetta. Ogni anno, e sarà così anche tra qualche settimana, il lunedì dopo la prima domenica di maggio, tanti fedeli vi si radunano in processione, e in preghiera, con stendardi, ceri e fiaccole, intonando litanie, giaculatorie e invocando la benedizione celeste sulle campagne. Anche quest’anno la processione sarà rinnovata, con la fede e l’impegno di sempre. Dando ancora lustro a un luogo profondamente caro al cuore di tanta gente.

Eremita del Po, Paolo Panni

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