Cronaca

Il commovente saluto del sindaco
Borghetti alla madre Maria

Ha perso la madre nei giorni scorsi, il sindaco di Voltido Giorgio Borghetti: una figura essenziale nella sua vita, che lo stesso primo cittadino ha voluto salutare con una commovente orazione al funerale.

Ha perso la madre nei giorni scorsi, il sindaco di Voltido Giorgio Borghetti: una figura essenziale nella sua vita, che lo stesso primo cittadino ha voluto salutare con una commovente orazione al funerale.

Nata nel 1924, Maria Cadoria ha fatto in tempo a festeggiare domenica scorsa il suo compleanno numero 98, dopo un ricovero all’ospedale Oglio Po, che sembrava avere superato. “Negli ultimi quattro anni abbiamo vissuto in simbiosi – ricorda Borghetti – ed è stata una esperienza meravigliosa, unica. Lei era molto presente e partecipava ad ogni mio discorso, le avevo portato il libro “Una madre e il figlio” e lo sfogliavamo assieme e lei si tratteneva sempre sulla foto da bambina con il fratello, poi morto a 19 anni, mentre era militare a Melzo. Con l’orazione funebre ho inteso restituirle un poco di quello che lei generosamente ha fatto per farmi studiare, essendo la sua famiglia molto povera”.

Il sindaco Borghetti ci ha concesso la pubblicazione dell’orazione, che qui riportiamo:
“Una volta, Mamma, mi hai chiesto cosa avrei detto alla tua orazione funebre e io ti avevo risposto che avrei detto che ti volevo bene.
Innumerevoli volte, Mamma, ho pensato che sarebbe giunta la tua ora e altrettante volte ho allontanato questo triste pensiero perché tu eri l’avventura più bella della vita che mi hai donato col papà.
In questo luogo sacro, dove riposano i nostri più cari, i parenti, gli amici, i conoscenti, qui , Mamma, confermo che sei stata il più caro affetto insostituibile.

Il cuore non può capire il destino di morte, il cuore continua, oltre la morte, fino alla fine.
Tu non ti sentivi ancora pronta al grande passo, la voglia di vivere inalterata, ti eri si’ accorta del tempo che passava, il tempo fuggiva e piano piano si incuneava, impercettibilmente, il senso della fine, associato all’inevitabile fragilità fisica, ma l’avventura del dono della vita ti affascinava perché, a tua volta, avevi donato la vita a me e Luisa e a sua volta, tua figlia ti aveva donato i nipoti e quindi i pronipoti.

Tu eri diventata la matriarca della nostra famiglia, circondata dal nostro affetto e noi dal tuo.
Eppure, il dolore non ti aveva risparmiato: undicenne, orfana del tuo papà, e diciassettenne, la perdita inconsolabile del fratello.
Nata povera, come il papà, hai lavorato duramente la terra per vivere, per mantenere il figlio fino al raggiungimento del suo obiettivo.
Una dura fatica, inframmezzata da malattie del papà che lavorava come bergamino .
Il tempo passava, il tempo macinava tutto e sei entrata nella fase, come si dice, del meritato riposo, per modo di dire, perché l’amore della casa ti impegnava ogni giorno perché fosse sempre tutto in ordine e decoroso.

Gli ultimi anni, pur tu non essendo più autosufficiente ma sempre attenta a non cedere e mantenere, nel possibile, la tua autonomia che per te equivaleva a rispetto e dignità di te stessa, sono stati gli anni della contemplazione: tu contemplavi la bellezza della vita con tutti i pronipoti che si affacciavano all’orizzonte, con la loro voglia di scoprire e tutti, con affetto, ti chiamavano nonnina  e correvano a trovarti e salutarti.

Nel frattempo, quell’ospite indesiderato che è la percezione della nostra fine si faceva,  in modo quasi impercettibile, sempre più presente.
Il grande dono di una vita lunga porta in sé questo tarlo che fa emergere la sensazione di essere in una sala di attesa.
Non era affatto un pensiero assillante ma una incertezza del giorno dopo.

Mi dicevi “io mi addormento la sera e quando al mattino apro gli occhi, dico fra me oggi è ancora giorno, la vita prosegue”.
La giornata era piena di piccole cose , di cura della tua persona perché volevi essere sempre impeccabile.
Ti sedevi, per ore, in poltrona e attendevi il mio ritorno e allora, senza mai esagerare, capivo da tutte le tue domande la felicità per il mio ritorno.

Più diventavi fragile, più avresti voluto tuo figlio presente ma ti adattavi sempre, sei sempre stata rispettosa della mia libertà.
Io mi facevo scudo di te per quel pensiero che ti arrovellava e neppure mi sono accorto che non sono più giovane: quando c’è la mamma, impossibile sentire il numero degli anni che si accavallano: è lei lo scudo protettivo che fa da baluardo al passare del tempo.
Tu sei stata la mia quercia sotto le cui fronde riposare, sicuro da ogni pericolo perché l’educazione che ci hai trasmesso è quella dell’onestà, del rispetto e della verità , secondo il precetto evangelico di dire SI SI e NO NO , non con dubbi in cui è tutto grigio dove si può annidare la furbizia e l’astuzia.

Il nostro ultimo saluto, il giorno del mio compleanno di 3 giorni fa, è stato ciao Mamma buonanotte e tu, con voce ferma, hai risposto, pur con la maschera dell’ossigeno, ciao buonanotte.
Tu sai, Mamma, come mi dicevi, che dopo la notte arriva l’alba, perciò
io chiamo in tuo aiuto
gli angeli del cielo,
il papà,
la tua mamma,
il tuo papà,
il tuo fratello
e tutti i cari che ti hanno preceduto.
Accorrete tutti e accompagnate la mia mamma
Al trono dell’Altissimo
E festanti dite alla mia mamma buongiorno Maria
questa è l’alba della domenica senza tramonto”.

redazione@oglioponews.it

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