Cronaca

William Hurt, un ricordo della
casalasca Giovanna Anversa

Denso e versatile è capace di muoversi su svariati terreni drammaturgici, tenero e freddo, malinconico e determinato, probo e dannato interpreta con estrema naturalezza e veridicità le alte vette e i profondi abissi dell’essere umano

La morte di William Hurt è stata accolta con infinita tristezza dalle sue fans (tante tra le casalasche). Tanti i messaggi di cordoglio sui social. Giovanna Anversa, che di Hurt é ammiratrice da sempre, ne ha tracciato un ricordo. 

“Io non sono una star – diceva William Hurt – io sono un attore” Ma cos’è un attore? Forse uno strano essere che solo con la sua presenza illumina ogni inquadratura, che si distingue e si differenzia dagli altri per qualcosa di impalpabile ma che arriva con la forza di un pugno allo stomaco, universale nella sua potenza espressiva. Oppure l’attore è colui che riesce ad essere “uno, nessuno e centomila” credibile, spesso vero e perfettamente calato in ogni personaggio che interpreta al punto che l’attore scompare. Hurt seppe essere tutto questo e in quegli anni ’80, in cui il cinema americano non stava vivendo i suoi momenti migliori, lui seppe brillare. Nato nel 1950 passa dal teatro e arriva sul grande schermo non prestissimo “La presi con calma, volevo che il primo film fosse qualcosa di profondo, non volevo che fosse superficiale, rallentai piuttosto che accelerare inutilmente”. Sposa introspezione e sensibilità, che messe a confronto con una sempre maggiore rincorsa alla spettacolarità fine a sé stessa, lo rende capace di donare qualcosa di profondo, di vero, facendosi portatore di una nuova forma di recitazione che comunica, interpreta e scava nel paiolo dei sentimenti umani, delle paure, delle tenerezze, delle storture e restituisce a un pubblico assopito, lo spirito di un’arte assoluta e sempiterna. E’ l’anti-divo che porta al cinema tutta la profondità e l’intenso rapporto col pubblico tipici del teatro.

Denso e versatile è capace di muoversi su svariati terreni drammaturgici, tenero e freddo, malinconico e determinato, probo e dannato interpreta con estrema naturalezza e veridicità le alte vette e i profondi abissi dell’essere umano mostrandogliele come fa lo specchio. Alto ed esile, dall’incarnato chiaro e gli occhi ghiaccio, sguardo sempre un po’ inquieto, a tratti anche allucinato, talvolta sospeso, languido e stupito, diventa il sex symbol di quel decennio ed è del tutto in contro tendenza con la moda machista di quel periodo, dove muscoli, chiome fluenti e testosterone riempivano le copertine dei fashion tabloid. Lui no, già leggermente stempiato, fisico armonico ed elegante, volto espressivo, candido, ora cupo ora gioviale, affascina per la sua presenza fredda ed intensa quasi regale, il suo charme e la sua mascolinità altra, diversa, fatta in primis di intelletto, perfetta alternativa dell’ideale di bellezza americano.

Come dimenticare il visionario, ammaliante ed enigmatico Luis Molina, il torbido avvocato Ned Racine, il devastato e ironico psicologo Nick Carlton, l’abitudinario e monotono scrittore Macon Leary, il gelido ispettore Renko, il tenero e profondo prof. James Leed, il lucido e ambizioso giornalista Tom Grunick, il passionale e affascinante nobil’uomo Edward Rochester!!! Quanti scatti di umanità ci ha regalato, quanti aspetti di noi abbiamo ritrovato in lui, quanta commozione, quante vibrazioni, quante riflessioni! Lasciare sulla terra qualcosa di sé in cui le generazioni a venire possano emozionarsi e riconoscersi equivale a non morire mai.

“Non vivrò in eterno e più me ne rendo conto, più rimango stupito.” (William Hurt)

Giovanna Anversa

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