Agricoltura

Ucraina, la guerra mette a rischio
l'approvvigionamento mais e cereali

Dal punto di vista dei prezzi, la situazione è certamente allarmante. Un anno fa la Borsa Merci di Mantova quotava il grano tenero (di forza) tra i 235 e i 238 €/t, il grano duro (fino) tra i 286 e i 291 €/t e il mais nazionale tra i 225 e i 226 €/t. Oggi, nell’ultimo bollettino emesso, gli stessi prodotti sono quotati rispettivamente tra i 368 e i 372 €/t (+56%), tra i 507 e i 510 €/t (+75%) e tra i 315 e 317 €/t (+40%)

Le devastazioni della guerra tar Russia e Ucraina vanno di pari passo con le conseguenti guerre economiche. L’Ucraina infatti è il “granaio d’Europa”, e anche il nostro paese ha attinto fino a poche settimane fa dalle sterminate pianure attraversate dal Dnepr. L’Italia infatti, lo scorso anno, ha importato circa 733.000 tonnellate di cereali dall’Ucraina (dati Clal.it), delle quali 600.000 erano di mais. Oggi la situazione è delicatissima: “Siamo stretti in una morsa – spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – da un lato l’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime, dall’altro la crescente difficoltà nel reperirle, con la produzione nazionale non in grado di soddisfare il nostro fabbisogno. Le nostre produzioni sono a forte rischio“.

Sì perché l’Italia è autosufficiente al 55% per quanto riguarda il mais, e proprio da qui arriva l’appello di Assalzoo, lanciato nei giorni scorsi, a seminare almeno 70-80.000 ettari in più, che potrebbero essere ricavati grazie a una deroga nelle regole sul greening. Ma non solo, perché l’Ungheria ad esempio ha annunciato la sospensione delle esportazioni di grano (l’Italia autoproduce il 60% del duro e il 35-40% del tenero), per favorire il consumo interno, e a ruota potrebbe seguirla la Bulgaria: “Diciamo no al protezionismo alimentare – prosegue Cortesi – e auspichiamo che l’Unione Europea intervenga in tal senso, salvaguardando il regolare funzionamento del mercato unico. L’Europa può fornire cereali a sufficienza, ma occorre organizzarsi adeguatamente“.

Dal punto di vista dei prezzi, la situazione è certamente allarmante. Un anno fa la Borsa Merci di Mantova quotava il grano tenero (di forza) tra i 235 e i 238 €/t, il grano duro (fino) tra i 286 e i 291 €/t e il mais nazionale tra i 225 e i 226 €/t. Oggi, nell’ultimo bollettino emesso, gli stessi prodotti sono quotati rispettivamente tra i 368 e i 372 €/t (+56%), tra i 507 e i 510 €/t (+75%) e tra i 315 e 317 €/t (+40%): “A soffrire maggiormente sono certamente gli allevamenti, sia di bovini che di suini, che devono fare i conti anche con i costi energetici, saliti alle stelle. Per le aziende cerealicole pure un problema è rappresentato dai fertilizzanti, dal momento che la Russia ne è la principale produttrice ed esportatrice“.

Tra pochi mesi – conclude Cortesi – rischiamo di non avere più mangimi per il nostro bestiame, ma se la situazione non si risolverà anche la stessa alimentazione umana sarà in pericolo, e verranno a mancare prodotti che oggi sono la base della nostra dieta. Occorre che l’Europa ripensi totalmente la Pac“.

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