Pianura Padana, Po in crisi
seria: non s'attenua la siccità
Su tutto il Distretto persiste dunque una situazione di severa siccità idrologica attestata da valori che registrano una carenza fino al 40% di portata in meno nelle sezioni esaminate del Grande Fiume e fino al 60% degli affluenti. Nel mese di Febbraio le piogge previste sono cadute in modo scarso e disomogeneo e non hanno apportato ristoro e miglioramenti sostanziali
Se tre indizi fanno una prova l’Osservatorio Permanente sulle crisi idriche – riunitosi oggi tra tutte le istituzioni e i portatori di interesse del bacino del fiume Po in seno all’Autorità Distrettuale del Fiume Po-Ministero Transizione Ecologica – ha individuato molteplici indicatori, provenienti dalla quasi totalità degli areali considerati, che disegnano i tratti di un generale contesto in avanzato stato di allerta idrica a causa della perdurante mancanza di precipitazioni nevose e piovose omogenee, della grave aridità dei suoli, unitamente all’impoverimento progressivo delle falde sotterranee.
Su tutto il Distretto persiste dunque una situazione di severa siccità idrologica attestata da valori che registrano una carenza fino al 40% di portata in meno nelle sezioni esaminate del Grande Fiume e fino al 60% degli affluenti. Nel mese di Febbraio le piogge previste sono cadute in modo scarso e disomogeneo e non hanno apportato ristoro e miglioramenti sostanziali, mentre le temperature medie hanno altresì confermato il trend fino a +3° C che caratterizza questo anomalo inverno come il secondo più caldo degli ultimi 40 anni. Oltre al 60% in meno di precipitazioni piovose (85 giorni senza piogge in Piemonte e assenza di piogge previste per le prossime settimane. Inverno più secco degli ultimi 9 anni per l’Emilia-Romagna con alta assenza di piogge in particolare nel Bolognese, Ferrarese e parte dell’Emilia occidentale) anche il contributo generalmente offerto dalla neve si è dimostrato assai risicato su tutti i rilievi Alpini azzerando o quasi tutte le scorte disponibili. In passato una stagione invernale mite e asciutta come quella che si sta per concludere non era mai stata registrata, la causa è da attribuire principalmente a due fattori: condizioni anticicloniche persistenti caratterizzate da aria molto mite in quota – che ha contribuito a generare temperature miti soprattutto in montagna – e frequenti giornate con vento favonio, tipico del periodo primaverile, che hanno innalzato le temperature anche alle quote più basse. Le serie di misure che consentono di analizzare l’andamento climatico di tutti gli inverni a partire dal 1961 permettono già̀ di trarre le prime conclusioni sulla stagione che sta per concludersi e inquadrarla anche dal punto di vista climatologico: tutti gli indicatori presi in esame infatti risultano in prossimità dei minimi rispetto le serie dal 1961 ad oggi rendendo particolarmente anomalo questo “straordinario” inverno meteorologico (che comprende i mesi di Dicembre, Gennaio e Febbraio).
PORTATE: su tutta l’asta del fiume Po persiste quindi la condizione di marcata siccità idrologica invernale, dall’inizio dell’anno le portate (per tutte le stazioni di misurazione) sono sempre rimaste sotto le medie; in particolare, nell’ultimo periodo considerato di Febbraio si evidenzia maggiormente la sezione di Piacenza, dove l’indice SFI (deficit di portata) identifica infatti una condizione di “estrema siccità idrologica”, causata dalla mancanza dei contributi lacuali di valle che, seppur minimi, hanno sostentato il Grande Fiume in assenza delle precipitazioni. Condizione di siccità che sta traslando e colpendo anche le altre stazioni lungo il corso del Po. La sezione di chiusa a Pontelagoscuro misura oggi 683 m3/s, prossima alla prima soglia di allerta, con una portata ridotta del -40%. Situazione endemica anche dei corsi di acqua minori cosiddetti tributari del Po che, in molti casi, a causa del regime torrentizio sempre più esasperato e prolungato nella durata, segnano scarti di portata superiori al -60%, con valori prossimi ai minimi storici in molte stazioni di misura.
PRECIPITAZIONI: In un mese solitamente caratterizzato dalla forte instabilità, quello di Febbraio è stato altresì molto particolarmente avaro di precipitazioni significative, con la sola eccezione di qualche pioggia disomogenea tra il 14-15 Febbraio, che tuttavia non è riuscita a colmare il gap che si protrae ormai da diversi mesi. Le cumulate di pioggia sono abbondantemente sotto la media del periodo 2006-2020 e prossima ai valori minimi: solo febbraio 2012 e 2020 hanno fatto registrare cumulate inferiori nel periodo di riferimento, rendendo questo inverno il terzo più secco degli ultimi 65 anni. Si stima che il contenuto idrico dei suoli si sia ridotto, situazione molto anomala in questo periodo dell’anno, rendendo non solo le pianure aride, ma anche le aree di montagna a potenziale rischio di incendi e ad oggi già moltissimi episodi si sono verificati in zona pianeggiante.
TEMPERATURE: Nel mese di febbraio si è osservata un’anomalia di temperatura positiva (fino a +1/+3°C) su tutto il territorio padano, rendendo questo mite inverno il secondo più caldo degli ultimi 40 anni.
NEVE: l’indice SWE (Snow Water Equivalent, cioè l’entità del manto nevoso) su tutto l’arco Alpino è prossimo ai minimi. L’assenza di precipitazioni e le temperature sopra la media hanno determinato il perdurare della situazione di scarsità di neve sulle aree montane, nonostante qualche accumulo intorno al 14/02. Il totale dell’acqua immagazzinata sotto forma di SWE si attesta circa a -70% sotto la media stagionale e questo dato è destinato a peggiorare in quanto l’avanzare della stagione primaverile impedisce una ricarica importante della risorsa. Unico effetto positivo: la fusione del manto nivale, a differenza degli altri anni, genererà piene “mordide”, poco marcate e con una durata piuttosto ridotta.
LAGHI E INVASI ARTIFICIALI: Continua lo stato di sofferenza dei Grandi laghi e dei serbatoi alpini ed appenninici, ancora scarichi in attesa delle piogge. La situazione è caratterizzata da afflussi minimi e dalle prima parzializzazioni dei rilasci. Il lago Maggiore è di poco superiore allo zero idrometrico, con un riempimento al 30% in continua diminuzione; anche il lago di Como e il lago d’Iseo con valori al di sotto dello zero idrometrico, rispettivamente -26cm e -20cm, hanno una riserva d’acqua disponibile attorno al 10%. I livelli bassi dei laghi rappresentano un problema sia per la navigazione, ma anche per l’habitat. E nei bacini montani, seppur con differenziazioni più marcate, la riserva dall’inizio dell’anno è in diminuzione con un riempimento attuale attorno al 45%.
FALDE: l’assenza di neve e la siccità endemica in estese zone del Distretto, che si perpetua da 12 mesi, rende in stato di progressivo stress anche la ricarica della falda che si palesa come più lenta e difficoltosa; seppur ad oggi non si segnalino ancora anomalie marcate, l’assenza di acqua dei fiumi potrebbe generare sicuramente il ricorso maggiore all’acqua di falda andando in tal caso ad intaccare questo delicato equilibrio di ricarica.
CUNEO SALINO: La scarsa piovosità del periodo e l’innalzamento del livello del mare contribuiscono in modo marcato anche all’avanzamento del cuneo salino e all’intrusione delle acque salate nelle acque dolci. Fenomeno che in questo momento interessa un largo tratto di costa Adriatica in prossimità del Delta del fiume Po, in particolare nelle province di Rovigo e di Ferrara, raggiungendo una intrusione nei comprensori irrigui tra i 10 e i 15 km.
CONCLUSIONI: La conclamata aridità pare quindi seguire il corso stesso del fiume verso valle con andamento progressivo da ovest verso est, dal Piemonte via via verso l’Emilia-Romagna e già questo fenomeno si può riscontrare analizzando le portate di Piacenza ed in movimento verso il Delta. Seppur molti indici sfiorino i record più negativi, la concomitanza del manifestarsi degli stessi in modalità contestuale rende questo inverno particolarmente anomalo ed in assenza di piogge imminenti a rischio per i prossimi mesi, in cui in modo corposo prenderà il via anche il consueto prelievo irriguo a beneficio delle colture tipiche del territorio. Tutti i modelli previsionali convergono su una stabilità climatica con scarse piogge e temperature piuttosto elevate, che fanno presagire che la disponibilità d’acqua attuale non potrà colmare i fabbisogni della prima parte dell’estate e potrebbe generare una situazione di forte stress per l’habitat fluviale e di mancanza o calendarizzazione degli approvvigionamenti per l’universo produttivo.
“Chi è chiamato a svolgere un ruolo di pianificatore come questa Autorità – evidenzia il Segretario Generale di ADBPO-Mite Meuccio Berselli – non si limita a fotografare la situazione di costante peggioramento nel corso del tempo ma, parallelamente, deve sollecitare le istituzioni a trovare soluzioni che possano compensare i fabbisogni dei territori. Occorre accorciare i tempi degli interventi e concertare programmi di adattamento al clima con una serie di azioni che considerino tutto il bacino nella sua estensione, ambiente ed economia nei suoi innumerevoli punti di interdipendenza senza preclusioni ideologiche ed in tempi più consoni alle necessità umane/produttive e degli habitat”. Importante è dunque individuare le soluzioni praticabili, ma anche, per essere sufficientemente resilienti soprattutto nelle aree meno dotate di infrastrutture idonee, concertare tempi ragionevoli. “Invasi dove serve – continua il Segretario Berselli – riuso delle acque depurate, maggiore disponibilità nell’attuare il principio di sussidiarietà tra territori (vedi caso del Lago Maggiore) superando intelligentemente i localismi e i confini amministrativi e attuazione delle migliori tecniche dell’agricoltura di precisione. Queste non sono proposte, ma step progressivi di una comune tabella di marcia senza la quale la situazione è destinata a peggiorare notevolmente procurando ripercussioni ambientali ed economiche”.
Oltre a ciò, in un momento di evidente preoccupazione collettiva per le forniture energetiche del paese, anche la scarsità di acqua presente per la produzione di energia pulita idroelettrica potrebbe diventare un’ulteriore aggravante in un contesto che già paventa, con potenziali effetti negativi sulle emissioni di carbonio, un ritorno all’utilizzo del carbon fossile.
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