Flash mob per la pace in piazza
Garibaldi, una testimonianza
Tutto questo non basterà a fermare la guerra, non servirà la freschezza, la voglia di esserci, di dire, di sorridere, di vivere - e senza guerre - di tanta gente in tante piazze d'Italia e del mondo. La voglia di vivere senza tensioni, senza pensare che non vi siano soluzioni plausibili al di là di un colpo di fucile o di cannone, al di là dell'odio. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1 E I VIDEO
Giocano i bambini in piazza. Per loro è Carnevale. E sono colori, sono maschere e giochi. La bandiera, con i colori della pace è un tappeto sul quale correre, trascinando un piccolo modellino di trattore o con lo skateboard. Quel tappeto ha una storia, c’era in altri tempi e in altre guerre, c’era quando c’era da dire no ai missili, alle bombe, alla morte, ai fucili, ai pochi che ordinano la guerra per tanti che la subiscono. C’era con la ex Yugoslavia in disgregazione, c’era per il Kosovo, c’era per l’Iraq, per l’Afghanistan e c’è pure adesso.
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Ci sono altre facce rispetto a quelle di allora, e alcune sono le stesse. Lucio Vangi si tiene appena in piedi con i bastoni, fa un paio di passi e poi si siede. C’è Damiano Chiarini. C’era Umberto, suo padre a dire no a tutte le altre guerre. E il suo spirito c’è ancora in tutti quei volti giovani e freschi, sorridenti nonostante tutto, disposti a scendere in piazza autorganizzati, senza le sovrastrutture degli adulti, il cerimoniale, l’organizzazione, cosa fare, come muoversi. Si muovono così, senza un canovaccio, uniti da un pensiero e da un sorriso. Ci sono tanti altri volti conosciuti, ed altri nuovi. Per un’iniziativa nata in pochi giorni e senza particolare pubblicità, è importante rimarcare la testimonianza. E quella c’è tutta. C’è anche don Claudio Rubagotti in piazza. “Sono anche io un testimone di pace” ci dice prima di disperdersi a spargere un poco della sua allegria, della sua socialità e del suo sorriso tra la gente.
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Tutto questo non basterà a fermare la guerra, non servirà la freschezza, la voglia di esserci, di dire, di sorridere, di vivere – e senza guerre – di tanta gente in tante piazze d’Italia e del mondo. La voglia di vivere senza tensioni, senza pensare che non vi siano soluzioni plausibili al di là di un colpo di fucile o di cannone, al di là dell’odio. Della guerra. A Casalmaggiore dicono no alla guerra, sono 150 (tra ragazzi, adulti e vecchia guardia), mentre i bambini giocano, guardano forse un po’ stupiti a tutta quella gente ma poi tornano a guardare ai colori dell’enorme tappeto sul quale correre, e correre, verso il limite e poi ancora verso le mamme e i papà che non li perdono d’occhio un istante.
C’è anche una piccola rappresentanza ucraina in piazza. Sono badanti, ma sono anche giovani ragazze e ragazzi ormai integrati. Inutile chiedere loro qualcosa. Due parole, poi subentra l’angoscia, la preoccupazione e il dolore. I loro familiari sono lì, i loro amici sono lì. La loro terra è lì. Uno di loro parla del popolo russo, dice che nel cuore dei russi probabilmente non c’è quell’odio tale da sfociare in conflitto, ma che poi chi decide non è mai chi sta alla base. Dice che ogni cosa da conquistare richiede un sacrificio, anche se si augura che il sacrificio non sia troppo pesante. Ci dice che quando è un uomo solo a comandare, o sono pochi uomini sulle moltitudini, c’è sempre il rischio che poi s’inneschi una spirale difficile da fermare. La guerra è sempre uno sporco affare, da qualunque parte la si guardi, chiunque siano i contendenti in conflitto. E a pagare è sempre la gente. Sono gli affetti spezzati, sono le mani sporche di terra e di fango, sono quelle di chi bada agli anziani di casa nostra.
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Oltre un’ora e mezza di flash mob. Di un flash mob che servirà a poco, o servirà a nulla. Ma che serve comunque a dire no alla logica della guerra. Provando, quantomeno, a seguire la speranza. Che è tutta nella corsa di quei bambini e nei colori di tutte le bandiere – nessuna esclusa – raccolte in una sola.
N.C. (Foto: Vincenzo Raeli, Alessandro Osti e N.C.; Video: Alessandro Osti)