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IAL Viadana, a scuola da Giovanni
Impastato in ricordo di Peppino

Alla fine del lungo e intenso incontro è stato offerto un pranzo apprezzatissimo preparato mirabilmente dai giovanissimi allievi della scuola di cucina dello stesso Istituto coordinati dagli insegnanti Omar Torresani e Gianluigi Salvato

Una lunga lezione sulla Mafia e sulla possibilità di trasformare le proprietà mafiose in strutture a fini sociali è stata al centro della mattina di lunedi allo Ial di Viadana diretto da Elisabetta larini. Presente anche una delegazione di studenti degli Istituti Parazzi e San Felice, accompagnati da alcune docenti. Intensa la relazione di Giovanni Impastato, fratello del più noto Peppino assassinato nel 1978 all’età di trent’anni.  “Addirittura avevano cercato di farlo passare come un terrorista portandone il cadavere sui binari della ferrovia con accanto una carica di tritolo. In verità mio fratello attraverso le trasmissioni delle prime radio libere dell’epoca irrideva e si faceva beffe dei principali personaggi che dominavano il territorio. Sollevando addirittura le contrarietà del padre, evidentemente colluso con le cosche, fino ad allontanarlo da casa. Tra la nostra casa e quella del noto boss Badalementi vi erano solamente cento passi, che poi è diventato il titolo di un famoso film girato sull’argomento. Io non sono venuto qui per farvi una lezione come un maestro ma semplicemente per invitarvi ad indossare gli occhiali e osservare il territorio attorno a voi. Non basta studiare ed apprendere la filosofia, la matematica o il greco. E’ importante farvi una cultura sociale stare dalla parte giusta della legalità e andare contro, se necessario a quelle che sono le ingiustizie da parte di certe Istituzioni”. Allo stesso tavolo di Impastato c’erano don Massimo Mappelli e Elena Simetti che gestiscono la Masseria di Cisliano (MI) confiscata alla Mafia. Oltre ad un volontario della stessa struttura Nicola Dolfini e Alessio Maganucco dello Spi Cgil Pensionati di Cremona. Dalle loro testimonianze il racconto delle difficoltà nell’ottenere la concessione delle strutture confiscate per offrire ospitalità ed assistenza a persone con disagi famigliari e problemi economici. Anche per l’ostinata resistenza da parte dei componenti le stesse famiglie mafiose per certi versi viste come benefattori e brava gente nel tessuto territoriale locale. E per questo decisi a non farsi togliere i loro possedimenti. Incisive le parole di Elena Simetti per riflettere sulla evidente contraddizione di uno Stato che continua ad applicare aliquote del 5 % sui giochi d’azzardo che ingigantiscono anche i fatturati delle famiglie mafiose e il 22% sui generi alimentari necessari ogni giorno alla gente normale. Alla fine del lungo e intenso incontro è stato offerto un pranzo apprezzatissimo preparato mirabilmente dai giovanissimi allievi della scuola di cucina dello stesso Istituto coordinati dagli insegnanti Omar Torresani e Gianluigi Salvato. Durante questo spazio a Giovanni Impastato è stato fatto osservare come la mafia da circa trent’anni avesse abbandonato l’uso delle armi e della violenza affidandosi a strategie sotto traccia. “Perchè la mafia si è imborghesita e si affida ad altri mezzi di convincimento e dominio” è stata la sua risposta.

Ros Pis

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