Infermiere in carcere, il sindacato:
"No obbligo, meglio incentivi"
Peraltro, dall’ospedale fanno sapere che “ad oggi non sono previsti trasferimenti obbligatori di nostri dipendenti in carcere”.
Permane la situazione di disagio degli infermieri ospedalieri, che dal 2022 potrebbero obbligati a prestare servizio in carcere, a causa della carenza di professionisti esterni che si prestino a questo lavoro. Una situazione denunciata anche dal mondo sindacale, che sta cercando di mediare tra le esigenze aziendali di gestire quello che è, a tutti gli effetti, un reparto ospedaliero, ossia il penitenziario, e le esigenze dei lavoratori, e soprattutto delle lavoratrici, che raccontano di essere stati più volte minacciate e insultate dai carcerati che si sono trovati ricoverati in ospedale per alcuni periodi.
“L’ospedale ha l’obbligo di coprire i turni infermieristici alla casa circondariale, e ha il potere di decidere in quale reparto far lavorare i propri dipendenti” spiega Angelo Bonvissuto, segretario provinciale della Flp Uil. “Ma se è vero che esiste un potere organizzativo e gestionale dell’azienda, è anche comprensibile la difficoltà di chi viene individuato per lavorare in una situazione di quel tipo”.
Peraltro, dall’ospedale fanno sapere che “ad oggi non sono previsti trasferimenti obbligatori di nostri dipendenti in carcere”.
Esiste però, secondo Bonvissuto, un “Progetto che prevede una rotazione, per un certo lasso si tempo, di una certa quantità di personale. Una decisione unilaterale dell’amministrazione ospedaliera, mai condivisa con le organizzazioni sindacali”. Dunque i provvedimenti di trasferimento potrebbero arrivare da un momento all’altro. “Comprendiamo le necessità dell’ospedale” continua il sindacalista, “ma crediamo che forzare la mano su queste partite possa essere controproducente per tutti e portare a una fuga degli infermieri”. Cosa che, a fronte delle grande richiesta di personale di questo tipo nelle strutture del territorio, potrebbe essere un rischio reale.
“La nostra richiesta è di realizzare un progetto duraturo nel tempo che vada a valorizzare il disagio, dal punto di vista economico, in modo da incentivare una partecipazione volontaria. Credo che obbligare sia controproducente per tutti. Soprattutto ora che, mentre andiamo verso una recrudescenza dell’epidemia, tutto il territorio chiede personale infermieristico” conclude Bonvissuto.
La difficoltà degli infermieri, come emerge in una lettera che sta circolando in questi giorni, dipende dal fatto che “nella Casa Circondariale di Cremona sono rinchiusi più di 400 detenuti, (attuale stato di sovraffollamento), con una percentuale di stranieri di circa il 70%”. Molti di questi di religione islamica, che quindi “non vogliono essere curati da loro in quanto donne, donne libere, che lavorano, che non portano il capo coperto, che osano toccarli senza il loro permesso”. Da questo, nascono situazioni molto spiacevoli, con insulti e minacce nei confronti delle infermiere stesse, che ora hanno paura di finire in un ambiente così ostile.
Laura Bosio