Agricoltura

Carne e latticini, 2021 di ripresa.
Nuove opportunità per l'export

Il comparto delle carni è stato al centro del "Meat Summit” organizzato dalla rivista Mark Up. Dell'andamento del settore "dairy" nel 2021 se ne è occupata Assolatte

Foto: Formacarni

Le proteine di origine animale sono alla base di una corretta dieta alimentare e costituiscono un importante asset economico per chi si occupa professionalmente della produzione, lavorazione e distribuzione di cibo. Due appuntamenti alla fine dello scorso anno hanno contribuito a fare il punto della situazione su comparti fondamentali per la produzione di alimenti di origine zootecnica: la carne ed il dairy. I dati sono ancora parziali per il 2021 ma già ben indicativi dell’andamento della produzione e dei consumi. Aspetti tenuti sotto stretta osservazione per valutare le reazioni dei mercati in un periodo di emergenza o di post emergenza.

Il primo è stato analizzato a fondo nel corso della terza edizione del “Meat Summit” organizzato dalla rivista Mark Up in cui la società SG Marketing ha presentato i risultati di una indagine conoscitiva per capire gli orientamenti dei consumatori e gli sviluppi del mercato delle carni, con il coinvolgimento di mille tra consumatori e addetti ai lavori in ambito Gdo.

Per quanto riguarda i consumi e le attitudini del consumatore le carni ed i salumi, in valore, rappresentano rispettivamente il 10,2% ed il 6% della spesa alimentare. Entrambi i settori hanno fatto registrare performance in crescita pari, rispettivamente, al +9,8% e al + 8,3% in valore. Quindi mercati in ripresa dopo che nel 2019 i loro valori si erano sostanzialmente stabilizzati e dopo un 2020 colpito dalla pandemia.

Un’analisi più approfondita e segmentata del comparto “carne e proteine animali” ha messo in evidenza le buone prestazioni delle carni suine che hanno fatto registrare un aumento considerevole sia in volume (+8,6%) che in valore (+14,6%), arrivando a rappresentare una quota del 12% nel paniere dei prodotti proteici di origine animale.

Le carni bovine rappresentano il settore più rilevante del comparto con il 30% della quota all’interno della macrocategoria delle proteine animali. Dopo un 2019 ed un 2020 deludenti, anche per effetto lockdown, nel corso del 2021 si è assistito ad una crescita pari al +8,2% espresso in valore e al +6,1% in volume.

Particolarmente significativa la performance delle carni avicole che, da sempre, rappresentano nel nostro paese uno degli asset più importanti per l’approvvigionamento di proteine animali. Anche in un anno difficile come il 2020 hanno generato un trend positivo sia in termini di valore (+9,6%) che di volume (+7,8%). A contribuire a questi risultati sono stati certamente anche alcuni percorsi votati all’innovazione ed al valore aggiunto, oltre che, da parte del consumatore, una grande affezione verso le carni avicole. Tendenza che è stata confermata dall’indagine al punto che, da qui a tre anni, la carne avicola sarà sempre più consumata, dato allineato con la percezione della Gdo e dai dati di mercato: l’avicolo sarà il principale segmento di sostegno al comparto.

In generale l’indagine ha messo in luce l’attenzione sempre crescente del consumatore, e di conseguenza di tutte le filiere produttive, verso i temi di carattere ambientale, quali la sostenibilità, il benessere animale, la riduzione dell’utilizzo degli antibiotici nelle fasi dell’allevamento. Ma anche i legami con il territorio, la tipicità delle produzioni, ed i diritti dei lavoratori. Dato quest’ultimo che, per certi versi, rappresenta una novità sostanziale. Nel complesso tutto ciò evidenzia aspetti evolutivi della nostra società che si stanno affermando sempre di più: non più solo attenzione al prodotto in sé e alle sue qualità intrinseche ma anche al suo contesto produttivo e sociale.

Del comparto latte e dairy se n’è invece parlato in contesto Assolatte, ponendo soprattutto l’accento sugli aspetti economici generati dal nostro export, basandosi sui dati dei primi nove mesi dell’anno. Sul fronte produttivo interno la produzione di latte si avvia ad un incremento importante, tra il 2 ed il 3%, per un totale di quasi 13 milioni di tonnellate, il che significa quasi l’autosufficienza, vale a dire una diminuzione delle importazioni di latte sfuso del 30%. Per i consumi interni il saldo è ancora negativo a seconda dei prodotti, si segnala un recupero del latte Uht ed una continua diminuzione del latte fresco.

Ma è l’export che, secondo Assolatte, rappresenta la chiave del successo dei formaggi italiani. Se sarà confermato l’andamento dei primi nove mesi, l’export 2021 vedrà per la prima volta superare le 500mila tonnellate di prodotto e i 3,5 miliardi di euro, con un più 11% in volume rispetto al 2020. La crescita principale dell’export caseario sta riguardando soprattutto il mercato domestico dell’Unione europea con alcuni paesi come Polonia, Belgio e Francia con incrementi a due cifre, rispettivamente + 22%, + 18% e + 13. Ma è importante segnalare la forte ripresa delle esportazioni verso gli Usa, con incremento del 25% grazie anche al superamento dei blocchi commerciali che erano stati imposti durante la presidenza Trump. I prodotti più esportati sono stati Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola, mozzarella, provolone, pecorino ed il mascarpone che sembra riscuotere un crescente successo. Dunque se il mercato nazionale appare come maturo e saturo, su quelli esteri vi è molto lavoro da sviluppare.

© Riproduzione riservata

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...